Cibo e Sostenibilità: la vera sfida si gioca nelle città. New York, Rio de Janeiro, Milano, Ouagadougou, Tel Aviv-Yafo e Sydney esempi di eccellenza nel mondo
Presentato al Forum della Fondazione Barilla lo studio “Cibo e Città – Il ruolo delle città nel raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile” realizzato insieme al MUFPP (Milan Urban Food Policy Pact). 7 città analizzate per capire le azioni concrete messe in atto per rispondere all’insicurezza alimentare che sta colpendo anche chi vive nei centri urbani
29 November, 2018
La fame, che nel mondo colpisce 821 milioni di persone (+4,6% rispetto al 2017, fonte FAO), è un problema che sta “contagiando” ormai anche le grandi città, dove oggi vive il 50% della popolazione e dove - si stima – entro il 2050 si arriverà a contarne l’80%. I grandi centri abitati già oggi si trovano a fronteggiare una vera e propria crisi alimentare, legata all’accesso al cibo e al suo spreco. Insieme alla crescita della popolazione, quindi, si considera che crescerà anche la richiesta di cibo. Purtroppo, però, con gli attuali sistemi alimentari si rischia di non poter soddisfare questa richiesta. Intanto a Sydney ci sono, già oggi, 17 mila persone (l’8,5% dell’intera popolazione) che non possono permettersi di acquistare cibo. Ma cosa stanno facendo le grandi città per rispondere a questa emergenza? A Seoul sono stati investiti oltre 2 miliardi e mezzo di dollari per garantire alle fasce più povere della popolazione pasti sani e bilanciati nelle mense delle scuole dell’obbligo. A Milano, invece, è lotta aperta allo spreco alimentare visto che abitudini di acquisto e consumo sbagliate delle famiglie contribuiscono per oltre il 40% alle eccedenze alimentari. Sono alcune delle evidenze emerse dallo studio “Cibo e Città – Il ruolo delle città nel raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile”, realizzato da Fondazione Barilla Center for Food & Nutrition (BCFN) con il Comune di Milano tramite l’Ufficio della Food Policy e il Segretariato MUFPP (Milan Urban Food Policy Pact) e presentato al 9° Forum Internazionale su Alimentazione e Nutrizione che si è tenuto oggi presso il Pirelli HangarBicocca.
Lo studio è stato realizzato con la collaborazione di esperti internazionali e responsabili delle varie municipalità. Fotografa lo stato dell’arte di alcune delle maggiori città, suggerendo possibili soluzioni da applicare a livello globale per il raggiungimento dei 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile promossi dall’ONU nell’Agenda 2030. Le città prese in esame sono New York, Rio de Janeiro, Milano, Ouagadougou, Tel Aviv, Seul e Sydney, centri strategici che stanno guardando al cibo in un’ottica sostenibile, cercando di intervenire su alcuni dei problemi più comuni per risolverli. “Il cibo e il modo in cui lo produciamo e consumiamo hanno un impatto diretto sui cambiamenti climatici e oggi urge più che mai un nuovo approccio al suo consumo e alla sua produzione sostenibile. Lo studio “Cibo e Città” è nato per fornire a leader e responsabili politici, ma anche a professionisti delle imprese, della società civile e delle organizzazioni internazionali, raccomandazioni utili ad attuare il cambiamento necessario per trasformare il sistema alimentare. Le città devono assumere un ruolo centrale nell’orientare le abitudini di tutti: scambiandosi informazioni e best practice; coinvolgendo i cittadini nei processi decisionali; sviluppando benchmark per monitorare i progressi; creando e implementando soluzioni concrete per ridurre le emissioni di carbonio e aumentare la resilienza della comunità. È proprio questo scambio a livello globale che abbiamo voluto favorire con questo studio”, ha dichiarato Marta Antonelli, Responsabile del Programma di Ricerca della Fondazione Barilla.
Il Comune di Milano sta promuovendo dal 2014 una politica alimentare della città “abbiamo elaborato un percorso di ricerca per studiare il Sistema Alimentare di Milano ed attivato una consultazione pubblica con la cittadinanza, le imprese e società pubbliche, i centri di ricerca e le associazioni per capire quali obiettivi fossero più adatti a Milano”, aggiunge Anna Scavuzzo, Vicesindaco di Milano delegata per la Food Policy. “Con questo approccio abbiamo definito 5 priorità votate dal Consiglio Comunale che dal 2016 stiamo implementando con un ufficio dedicato e con il supporto metodologico della Fondazione Cariplo.” Milano ha inoltre guidato la costituzione di un patto tra sindaci di tutto il mondo. “Sono ad oggi 179 le città che hanno aderito al Milan Urban Food Policy Pact, il patto che abbiamo promosso sui sistemi alimentari sostenibili, suggerendo 37 azioni per guidare l’azione delle città aderenti. A 3 anni da Expo ne rappresenta una delle più dinamiche eredità” conclude Anna Scavuzzo.
Milano: ridurre lo spreco alimentare del 50% entro il 2030
A Milano è lotta allo spreco alimentare. La città punta a un suo abbattimento del 50% entro il 2030, visto che abitudini sbagliate di acquisto di cibo (e il relativo consumo) da parte delle famiglie contribuiscono per oltre il 40% alle eccedenze alimentari. Eccedenze che, se eliminate, permetterebbero a ciascuna famiglia di risparmiare circa 450 euro l’anno. Comune di Milano e Food Policy Office hanno, per questo, dato vita ad azioni in grado di coinvolgere tutti gli attori del cambiamento. Si è puntato ai privati, riducendo del 20% la tassazione per chi dona il cibo a enti benefici (anziché gettarlo via) e sono state recuperate, in appena sei mesi, 840 tonnellate di cibo. Se questo progetto dovesse continuare anche nel 2019, si stima che si arriverebbe a coinvolgere oltre 10mila aziende private con un impatto sulla cassa comunale di circa 1.8 milioni di euro. Si è puntato anche alle mense scolastiche, dove in 106 casi (su 418) è stato avviato un programma per ridistribuire oltre 140 tonnellate di frutta e pane durante la merenda. Il programma, dove attivo, ha coinvolto 17mila ragazzi in 779 classi e ha permesso di ridurre del 17% lo spreco alimentare nelle scuole. Un risultato eccezionale considerando che Milano fornisce circa 85 mila pasti al giorno per un totale di 17 milioni di pasti l’anno.
Tel Aviv – Yafo: una città che vuole essere 100% sostenibile
Tel Aviv è una perla rara nel campo della sostenibilità ambientale. Nel 2016 ha avviato il programma Bon Appetite, per trovare soluzioni utili a migliorare la salute dei suoi abitanti e promuovere la sostenibilità ambientale. Il progetto ha dato vita a una serie di best practices attuabili a livello globale, come l’iniziativa di agricoltura urbana realizzata sui tetti dei più grandi centri commerciali della città. A oggi sono 38 i tetti usati per creare veri e propri “orti”, coltivati sulla base della tecnologia idroponica, e dove erbe aromatiche e ortaggi sono a disposizione per i ristoranti che si trovano all’interno degli stabili interessati. Il Comune di Tel Aviv – Yafo ha anche istituito la “Green Label”, riconoscimento per le aziende green che hanno adottato soluzioni per migliorare la qualità dell’ambiente. Il riconoscimento è stato ottenuto già da 50 aziende che ogni anno permettono alla città di: risparmiare oltre 250mila dollari di corrente elettrica e di consumo di acqua, eliminare circa 2,5 milioni di prodotti monouso, limitare oltre 3700 consegne nelle ore più trafficate, ridurre di 25 tonnellate lo spreco alimentare e di 650 tonnellate le emissioni di gas serra.
Seoul: la città che guarda al futuro investendo sull’alimentazione dei giovani
Dal 2011 al 2016, la città di Seoul ha investito oltre 2,5 miliardi di dollari per il progetto Eco School, con lo scopo di fornire a tutti i 705mila studenti delle 940 scuole dell’obbligo della città – tra elementari e medie - cibo salutare e di qualità. Il progetto include oggi anche 115 licei. La città di Seoul è stata la prima a guardare alla salute e alla qualità della vita di tutta la popolazione intervenendo sulle mense scolastiche per abbattere le differenze economiche. Una azione rivolta alle famiglie a basso reddito che spesso non possono permettersi di accedere a cibo sano.
SYDNEY: QUALE SOLUZIONE PER LE 17 MILA PERSONE NON HANNO ACCESSO AL CIBO
L'insicurezza alimentare nelle principali città australiane è in aumento e Sydney stima che l'8,5% dei suoi residenti (circa 17 mila persone) non può permettersi di acquistare cibo. Il Comune sta cercando di intervenire grazie a FoodLab Sydney, incubatore di imprese alimentari che mira a combattere proprio questo fenomeno. Sviluppato dall'Università di Sydney - Sydney Environment Institute (SEI) e dall'Università del New South Wales Canberra, il progetto è il primo del suo genere a muovere i passi nella città australiana e punta a: promuovere lo sviluppo di attività imprenditoriali basate sull'alimentazione; educare allo sviluppo di imprese sociali sostenibili; sviluppare una rete di imprese che favoriscano l’accesso a cibo sano e conveniente a tutti.
New York: la campagna di sensibilizzazione per la salute dei cittadini
Negli ultimi anni, la Grande Mela ha dato vita a un processo che ha portato a politiche alimentari innovative per migliorare la salute dei suoi abitanti, ridurre l'insicurezza alimentare, aumentare l'accesso a cibo sano a prezzi accessibili e proteggere l'ambiente. L’intervento più significativo è stato fatto guardando ai ristoranti come punto principale del cambiamento. Per tutelare la salute dei Newyorkesi sono stati vietati gli acidi grassi trans e sono stati studiati menù che mostrassero le calorie di ciascuna portata, per permettere di effettuare la scelta più in linea con la propria salute. Più in generale, sono state previste etichette di avvertimento obbligatorie nei prodotti che hanno elevati livelli di sodio e sono stati adottati standard nutrizionali alimentari bilanciati per i cibi acquistati nei luoghi pubblici.
Rio de Janeiro: la città dalla doppia anima
La città carioca dovrà affrontare una grandissima sfida: gestire la crescita economica e demografica guardando alla sostenibilità e alla tutela del proprio territorio. Rio infatti è una città incredibilmente attiva che è riuscita a integrare il paesaggio naturale che la circonda con il settore agricolo. Tuttavia la città sta ancora muovendo i primi passi in questa direzione, come dimostra il fatto che solo il 33% di tutti gli agricoltori sia effettivamente in possesso dell’autorizzazione necessaria per coltivare, rilasciata proprio dalle istituzioni. In quest’ottica, la città dovrà lavorare sulle strutture di governance per incoraggiare l’economia e la crescita di una vera e propria cultura di cibo sostenibile, sano e inclusivo in grado di coinvolgere tutti i cittadini.
Ouagadougou: 71 bacini acquiferi per sfamare la popolazione
Ouagadougou, capitale del Burkina Faso, ha incrementato negli ultimi anni la produzione delle verdure locali per sfamare la sempre più crescente popolazione (passata da 1.13 milioni nel 2000 ai 2.55 milioni nel 2015). La richiesta di questi alimenti è aumentata, rendendo necessaria l’ideazione di uno spazio agricolo all’interno della città e dei suoi sobborghi. Non a caso, sono stati creati 71 bacini acquiferi per un equivalente di 3700 ettari. Di questi, il più virtuoso è quello del distretto di Loumbila in cui i contadini locali si sono auto organizzati in gruppi per ottimizzare gli investimenti e avere visibilità davanti agli stakeholders interessati a supportare iniziative agricole internazionali. In questo modo, il progetto ortofrutticolo del dipartimento di Loumbila è diventato parte di alcuni programmi di cooperazione internazionali che hanno coinvolto anche diverse organizzazioni no profit italiane finanziate dall’Associazione di Fondazioni e di Casse di Risparmio (ACRI).