Ue, dal primo gennaio in vigore il divieto di buttare in mare il pesce indesiderato. Ma l'Italia è pronta?
Se da una parte la nuova norma può ridurre le conseguenze negative di una pratica scorretta, dall'altra potrebbe creare non pochi problemi alla gestione dei rifiuti urbani
16 December, 2018
Ogni anno nel mondo si buttano in mare oltre 7 milioni di tonnellate di pesce catturato ma indesiderato, perché inferiori alla taglia minima o fuori quota. Dal primo gennaio 2019 i pescatori dell'UE non potranno più gettarlo in mare ma saranno obbligati a sbarcarlo. Si è discusso anche di questo durante il Fish Forum organizzato dalla FAO a Roma.
Il primo forum sulla pesca e l'ambiente marino nel Mediterraneo e nel Mar Nero ha riunito esperti e scienziati con lo scopo di informare, discutere e confrontare ricerche e conoscenze durante 4 giornate di lavoro. Tra gli argomenti trattati anche quello che riguarda lo spreco del pescato. Le 7 milioni di tonnellate di pesce catturato e rigettato in mare rappresentano una pratica decisamente poco sostenibile, che comporta uno spreco di risorse e minaccia la salute e la stabilità degli ecosistemi marini con possibili ripercussioni anche nell’ambiente urbano.
L’Unione Europea è corsa ai ripari e dal primo gennai 2019 entrerà in vigore l’obbligo di sbarco previsto dal Regolamento n. 1380/2013 “per tutte le catture di specie soggette a limiti di cattura e, nel Mediterraneo, anche per le catture soggette a taglie minime effettuate nell'ambito di attività di pesca nelle acque unionali o da parte di pescherecci unionali al di fuori delle acque unionali in acque non soggette alla sovranità o alla giurisdizione di paesi terzi…”. Il pescato indesiderato dovrà essere sbarcato ma non potrà essere destinato al consumo umano e il Regolamento individua alcune possibili soluzioni per il suo utilizzo e soprattutto affida agli Stati membri il compito di “adoperarsi al massimo per ridurre le catture accidentali. A tal fine, occorre accordare un'elevata priorità al miglioramento delle tecniche di pesca selettive per evitare e ridurre, nella misura del possibile, le catture accidentali”.
Il pesce scartato potrà essere utilizzato per produrre farina e olio di pesce, alimenti per animali, additivi alimentari, prodotti farmaceutici e cosmetici.
Ma le città e i porti italiani sono attrezzati per gestire questi sbarchi? E il mercato è già pronto ad accogliere e trasformare queste risorse?A queste domande ha cercato di rispondere il progetto di ricerca europeo Minouw, i cui risultati sono stati presentati durante il Fish Forum.
Considerato che in Italia ci sono circa 7mila chilometri di costa, l’entrata in vigore dell’obbligo di sbarco avrà un impatto non indifferente sul nostro territorio sia dal punto di vista ambientale che economico e logistico. Come si legge nel report del progetto, l’industria della pesca non sembra essere preparata ad affrontare questa nuova sfida. Non tutti i pescherecci unionali sarebbero dotati di attrezzature per selezionare il pesce e i pescatori potrebbero essere chiamati a sostenere nuove spese dovendo pagare una tassa per smaltire il pescato indesiderato come rifiuto speciale. Costi che se associati alle difficoltà economiche del settore della pesca e alla mancanza di controlli potrebbero favorire la vendita illegale del pesce indesiderato o l’abbandono, gravando in questo modo sulla raccolta rifiuti urbana.
La soluzione al problema del pescato indesiderato è certamente da ricercare alla fonte, ovvero evitare la pesca di taglia inferiore alla minima di riferimento o il superamento del limite quantitativo stabilito dalle norme per alcune specie. Tra le soluzioni proposte dal WWF, che ha partecipato al progetto Minouw, ci sono le reti dotate di luci colorate o le griglie speciali che scartano i gamberetti più piccoli lasciandoli in mare più a lungo possibile. Tecniche che sono state sperimentate anche in Italia, dalle flotte pescherecce dell'Argentario e da quelle di Mazara del Vallo, in collaborazione con il CNR. "Nell'Argentario - si legge nel comunicato del WWF - la rete illuminata per la pesca ai gamberi ha ridotto del 75% il pesce sotto-taglia, mentre le griglie testate nella pesca a strascico siciliana hanno permesso di ridurre i gamberi e i naselli sotto-taglia rispettivamente del 31% e del 20%".
Si tratta di studi e ricerche che se supportati da campagne informative e strumenti finanziari per incoraggiare i pescatori a dotarsi di attrezzature da pesca selettive potrebbero evitare gli sprechi e salvaguardare l’ambiente marino. È andata così con i pescherecci norvegesi e del Mar di Barents che a seguito dell’introduzione del divieto di rigetto in mare del merluzzo e di altre specie – secondo quanto riportato dal progetto Minouw che cita una ricerca dell’università di York – hanno installato attrezzi da pesca più selettivi.
L’impegno della ricerca, delle istituzioni e dei pescatori, stando alle valutazioni del WWF, sarà fondamentale per l’attuazione dell’obbligo di sbarcare il pescato indesiderato, che contribuirà all’attuazione della Politica Comune della Pesca rispetto alla quale gli Stati membri sono in ritardo.