“Svezia e Danimarca: due potenziali campioni dell'economia circolare ancorati all'incenerimento”
In esclusiva per Eco dalle Città, una riflessione del presidente della Commissione ecomafie Stefano Vignaroli dopo un viaggio in Svezia e Danimarca per approfondire i loro sistemi di gestione rifiuti. «Alla fine di questo viaggio la mia sensazione principale è di rammarico: questi paesi avrebbero molte condizioni per diventare campioni di economia circolare, ma sono ancorati all’incenerimento»
26 June, 2019
Approfondire
la gestione dei rifiuti in Svezia e Danimarca è stato molto
interessante. Alla fine di questo viaggio la mia sensazione
principale è di rammarico. Ho sempre invidiato a questi Paesi il
senso del bene comune, il rispetto delle regole, il loro modo di
vivere e spostarsi in città. Sono anche fortunati perché hanno una
densità abitativa nettamente inferiore alla nostra e una buona base
economica e culturale. Ci sarebbero dunque tutte le condizioni perché
nei prossimi anni possano raggiungere per primi gli ambiziosi
traguardi europei sull’economia circolare. Svezia
e Danimarca nei
decenni passati hanno deciso di abbattere l’utilizzo delle
discariche come nessun altro Paese: il problema è che
hanno scelto l’utilizzo dell’incenerimento come pilastro della
gestione dei rifiuti.
In pratica bruciano più del 55% dei loro rifiuti ed essendo Paesi
freddi (la Svezia tocca temperature minime di 40 gradi sotto lo zero)
vedono storicamente il rifiuto come una possibile fonte di calore,
impostando così tutto il loro ciclo di gestione finalizzato a
questo.
Le priorità europee di gestione del rifiuto e i nuovi
obiettivi di economia circolare vedono la riduzione a monte dei
rifiuti e il recupero spinto di materia come pilastri e solo in
ultimo il recupero di energia e la discarica. Bisogna sempre
ricordare che gli impianti di incenerimento per essere economicamente
vantaggiosi hanno bisogno di grosse quantità di rifiuti da bruciare
e devono essere mantenuti in vita molti decenni. Impongono dunque al
sistema di gestione dei rifiuti una grande rigidità, soprattutto se
sovradimensionati.
La
Danimarca ha un tasso di recupero materia pari alla metà dei futuri
obiettivi europei (65%
di riciclo al 2035). Uniformarsi ai target europei
significherebbe dover a breve almeno dimezzare le quantità di
rifiuti da incenerire. E come verranno mandati avanti gli
inceneritori, che già oggi hanno bisogno di essere alimentati per un
20%-30% importando rifiuti da fuori? Come si potranno raggiungere gli
obiettivi europei di riduzione rifiuti e riciclo se poi si è così
vincolati? Negli
incontri ho ricevuto risposte per me insoddisfacenti.
Anche l’Unione europea sta ponendo ai Paesi nordici le stesse
domande. Il recupero materia è stabile ormai da tempo non andando
oltre certi limiti che toglierebbero linfa ai tanti inceneritori. La
prevenzione della produzione dei rifiuti, invece, è solo teoria in
quasi tutti i Paesi sviluppati. Paradossalmente producendo tanti
rifiuti inutili il Pil cresce e, secondo le regole del capitalismo,
siamo più ricchi. Di fronte a questa contraddizione, servono azioni
condivise e più incisive, ma in questo i singoli Stati non possono
imporre tante soluzioni se non si fanno serie politiche industriali
comuni. Discorso simile per il riuso, anche se la Svezia ha un timido
ma interessante e coraggioso impegno, che abbiamo testato visitando
un bel parco del
riciclo e riuso a Göteborg, con perfino un laboratorio di
riparazioni. Il
Comune ha inoltre messo in atto molte iniziative arrivando a
impostare 36 misure che hanno portato nei centri anziani, nelle
scuole e nelle feste comunali ad abbattere i rifiuti del 23%. Chi si
porta da casa il contenitore per comprare il cibo venduto nelle feste
ha forti sconti. Da noi questo non è possibile visti i tanti ed
esagerati cavilli di leggi sanitarie. Il bicchiere a rendere e il
vuoto a rendere sono ormai pratiche intrinseche nella loro cultura,
mentre nel nostro Paese questi sistemi non si riescono a realizzare.
Sono riuscito a
trasformare il vuoto a rendere in legge con tanto impegno, ma è
stato boicottato da quasi tutte le imprese e gli addetti alla filiera
italiana, e non è ancora stato
realizzato.
Certo,
molti vedono gli inceneritori come una gestione intelligente, moderna
e non inquinante. In quei Paesi ho visto impianti di incenerimento
perlopiù vecchi anche rispetto a quelli italiani. Fa eccezione
quello di Copenaghen, tanto enfatizzato per via della pista da sci.
In realtà, la pista da sci non è mai entrata in funzione pur
essendo ormai passati diversi anni. A
me però interessa poco se si potrà prima o poi sciare. È
un’operazione di marketing che lascia il tempo che trova:
si può costruire una pista da sci anche sulla discarica romana di
Malagrotta o sopra un deposito di rifiuti radioattivi, ma cambia
poco. Anche il fatto che sia costruito nel centro della città non è
di per sé una garanzia di non inquinamento. La stessa discarica di
Malagrotta è vicino alle case. Anche le macchine girano in centro e
di esempi di stupidità o superficialità ce ne sono molti nella
storia dell’umanità e altri ce ne saranno senz’altro in
futuro.
Molti si compiacciono che gli inceneritori moderni
(presto diventeranno antichi) emettano poca diossina, che nel passato
era tollerata vista la scarsa conoscenza dei suoi effetti dannosi. È
vero, ma alzando
negli impianti moderni la temperatura di fusione si creano comunque
nanoparticelle seppur
più piccole della diossina. Sulle nanoparticelle, come le diossine
all’epoca, non c’è molta conoscenza essendo per di più poco
misurabili e poco filtrabili, oltre che inodori e invisibili, al
contrario delle fumate nere: non fanno dunque paura. Eppure si
propagano a grandi distanze e penetrano nei tessuti umani con molta
più facilità e in profondità.
Di certo avendo città a misura d’uomo e con condizioni
atmosferiche diverse dalle nostre (non è certo la pianura Padana:
qui ci sono venti molto forti che spazzano via tutto) difficilmente
Svezia e Danimarca avranno problemi sanitari tangibili e
localizzati.
Le mie domande sul principio di conservazione
della massa e sulle nanoparticelle sono rimaste inevase. Un’altra
perplessità che ho avuto, ma che devo approfondire meglio, riguarda
la qualità dei controlli che non sono certo di alto livello come nel
nostro Paese. Noi siamo culturalmente abituati alla violazione delle
regole, per danesi e svedesi invece è impensabile, dunque non sono
particolarmente strutturati per i controlli. Anche la procura locale
ce lo ha fatto intendere, in generale. Utilissima è stata anche la
visita all’Agenzia europea per l’ambiente che ha sede a
Copenaghen. L’Italia era sempre poco e male rappresentata negli
anni passati. Con Ispra stiamo cercando ora di far pesare di più il
nostro Paese. L’integrazione dei dati ambientali e un’azione
comune sull’economia circolare sono fondamentali.
Incenerire
tutto, un po’ come mandare tutto in discarica, è sicuramente una
scorciatoia. Per fare un esempio, la stessa Copenaghen che ha sempre
puntato molto sull’incenerimento, ha avviato la raccolta
differenziata dei rifiuti organici solo da poco tempo. Chi
vuol puntare alla riduzione dei rifiuti e al riciclo ha invece
davanti a sé obiettivi molto difficili e ambiziosi.
Chi vuole limitare l’utilizzo delle discariche e degli inceneritori
ha il difficile compito di mettere in piedi una rivoluzione lenta e
strutturata. Deve mettere in piedi azioni concrete, filiere e
impianti per non lasciar spazio a chi dice “vabbè, ma nell’attesa
servono tanti nuovi inceneritori”. Se prevale la logica
dell’incenerimento rischiamo di ritardare il raggiungimento degli
obiettivi europei di recupero di materia e riduzione dei rifiuti.
Possiamo permetterci di continuare ad andare con questa lentezza?
Stefano Vignaroli, Presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati
Foto: Stefano Vignaroli presso il centro di riciclaggio e riuso Alelyckan Recycle Park a Göteborg in Svezia