La norma blocca riciclo introdotta nello sblocca cantieri
A parole in Italia sono tutti favorevoli al riciclo dei rifiuti. Una recente norma, tuttavia, sta ostacolando seriamente il riciclo dei rifiuti non consentendo il riconoscimento della qualifica di prodotto facendo cessare quella di rifiuto per molti materiali
16 July, 2019
Può sembrare paradossale perché, a parole, in Italia sono tutti favorevoli al riciclo dei rifiuti, per tante ragioni: fa bene all’ambiente e contribuisce a tenere pulite le città, i territori e i mari; consente di recuperare materiali da reimpiegare risparmiando materie prime ed energia e quindi anche emissioni di gas serra; ha creato numerose imprese e molti posti di lavoro; riduce il ricorso alle discariche e agli inceneritori.
Una recente norma, tuttavia, sta ostacolando seriamente il riciclo dei rifiuti non consentendo i riconoscimento della qualifica di prodotto – facendo cessare quella di rifiuto -per molti materiali generabili con processi di trattamento dei rifiuti. È ovvio che se si blocca tale riconoscimento, si blocca il riciclo perché non si fanno trattamenti di riciclo di rifiuti per generare solo altri rifiuti da smaltire.
Con la modifica il comma 3 dell’art.184 ter del DLgvs 152/2006, introdotta nella legge n. 55 del 14 giugno 2019 di conversione del decreto “Sblocca cantieri”, in materia di cessazione della qualifica di rifiuto (End of Waste), sono state, infatti, congelate le attività di riciclo a tipologie di rifiuti, tecnologie di trattamento e tipi di prodotto, previste e regolate oltre 20 anni fa, bloccando le numerose attività e possibilità di riciclo che nel frattempo sono cresciute, con grave ostacolo allo sviluppo dell’economia circolare e alla gestione ambientalmente corretta di molti rifiuti .
L’elenco è lungo e comprende diverse tipologie di rifiuti, tecniche di riciclo e prodotti: dai rifiuti inerti da costruzione e demolizione per realizzare aggregati riciclati ad alcune attività di riciclo degli pneumatici, da alcuni trattamenti dei rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche fino ai rifiuti da spazzamento stradale, da alcuni trattamenti di rifiuti di imballaggio fino ad alcuni materiali ottenuti da trattamenti intermedi. L’allarme è esteso e la critica delle organizzazioni delle imprese del riciclo a tale disposizione è unanime.
Si attende un nuovo intervento urgente del Parlamento per rimediare a tale grave incidente normativo. La soluzione del problema, aperto da una sentenza del Consiglio di Stato del febbraio dello scorso anno, è abbastanza semplice e a portata di mano.
Basterebbe recepire l’art.6 della nuova Direttiva europea 2018/851 che prevede la possibilità di affidare alle Regioni, in assenza di decreti nazionali – nel pieno rispetto sia delle condizioni, sia dei criteri dettagliati, comuni per tutte le Regioni e non derogabili, precisamente scritti in tale articolo – di integrare le autorizzazioni caso per caso, relative alle attività di gestione dei rifiuti delle quali sono titolari nel nostro ordinamento, anche della competenza in materia di cessazione della qualifica di rifiuto.
Con un nuovo provvedimento urgente si potrebbe sostituire la norma citata con il testo dell’art.6 della nuova Direttiva e con l’istituzione di un registro nazionale, accessibile e controllabile, dove siano raccolte tutte le autorizzazioni regionali End of Waste.
Nell’elaborazione di una nuova norma ambientale sarebbe bene consultare anche chi la deve applicare: principio sempre valido, ma in questo caso imprescindibile per evitare il rischio di nuovi errori.