Al nord Italia meno piogge in pianura che in montagna: l’inquinamento tra le cause
La ricerca dell'Università Milano-Bicocca ha scoperto che il pulviscolo atmosferico prodotto dalle attività umane svolge un ruolo fondamentale nella formazione delle nuvole e, offuscando il sole, provoca una diminuzione della temperatura al suolo, modificando la dinamica atmosferica
30 September, 2019
L’inquinamento può determinare dove e quanto pioverà: è questa la conclusione cui giunge lo studio condotto dal gruppo di ricerca guidato da Claudia Pasquero, professore associato di oceanografia e fisica dell’atmosfera presso l’Università di Milano-Bicocca.
La ricerca, dal titolo “Variability of orographic enhancement of precipitation in the Alpine Region”, pubblicata su “Scientific Reports” (DOI: https://doi.org/10.1038/s41598-019-49974-5), ha preso in esame i dati relativi alle piogge, raccolti presso oltre 3000 stazioni pluviometriche situate a quote diverse nella regione alpina. Per la prima volta lo studio, cofinanziato da Fondazione Cariplo, prende in esame un’area geografica così ampia e una banca dati assai consistente, ponendosi come un ulteriore passo in avanti nel dimostrare la correlazione tra inquinamento e piogge.
Normalmente i versanti montani provocano la risalita delle masse d’aria umida, favorendo la formazione di nubi e precipitazioni, generalmente maggiori nelle zone montuose rispetto a quelle pianeggianti. In diverse parti dell’arco Alpino, infatti, le precipitazioni superano i 2 metri all’anno, mentre le piogge annuali in Pianura Padana spesso non raggiungono 1 metro.
Per verificare l’impatto delle attività umane sulla ripartizione delle piogge tra le zone montuose e le zone pianeggianti, i ricercatori hanno preso in esame due distinte fasi storiche: la prima, dalla metà del secolo scorso fino agli anni ottanta, ha registrato in pianura una diminuzione delle piogge, rimaste costanti in altura. Nella seconda fase, fino ai giorni nostri, le maggiori variazioni di precipitazione sono state osservate nelle zone montane. La diminuzione della pioggia al Nord è considerata una possibile conseguenza del riscaldamento globale in atto. La diversa ripartizione, invece, tra pianura e montagna, rappresenta una novità. In particolare, il maggior divario tra piogge in quota e a valle si registra negli anni ottanta. La causa andrebbe ricercata proprio nel pulviscolo atmosferico: le polveri derivanti dalle attività antropiche hanno raggiunto il picco massimo a metà del decennio, con una successiva diminuzione associata all’introduzione dei limiti normativi. Il pulviscolo svolge un ruolo fondamentale nella formazione delle nuvole e, offuscando il sole, provoca una diminuzione della temperatura al suolo, modificando la dinamica atmosferica.
L’inquinamento può quindi determinare quanta pioggia cada in pianura e quanta alle altitudini più elevate. “Nella pianificazione e gestione delle risorse idriche - spiega la Professoressa Pasquero - le regioni del Nord Italia dovranno considerare, accanto agli effetti del riscaldamento globale, anche le emissioni locali di inquinanti. Solo in questo modo si potranno preservare le risorse idriche montane, che fino ad oggi hanno garantito il forte sviluppo della società nella Pianura Padana”.