Nel 2018 sono tornati a crescere i rifiuti urbani: 500 kg a testa, +2,2% rispetto al 2017
Pubblicato il Rapporto Ispra: dopo sei anni di decrescita, sotto 30 milioni di tonnellate, nel 2018 la produzione complessiva dei rifiuti urbani in Italia torna a superare tale cifra e si attesta a quasi 30,2 con un aumento del 2% rispetto al 2017. La crescita è ancora maggiore se si guarda al dato pro capite: +2,2%
10 December, 2019
PRODUZIONE DEI RIFIUTI
Dopo sei anni di decrescita, sotto 30 milioni di tonnellate, nel 2018 la produzione nazionale dei
rifiuti urbani torna a superare tale cifra e si attesta a quasi 30,2 con un aumento del 2% rispetto
al 2017. La crescita è ancora maggiore se si guarda al dato pro capite: +2,2%, che in termini di
quantità è pari a poco meno di 500 chilogrammi per abitante.
I valori più alti di produzione pro capite si osservano per il Centro, con 548 chilogrammi per
abitante, con un aumento di oltre 10 kg per abitante rispetto al 2017. Il valore medio del nord
Italia si attesta a circa ai 517 chilogrammi per abitante, in crescita di 14 kg per abitante rispetto
al 2017, mentre il dato del Sud si attesta a 449 chilogrammi per abitante, con un aumento di 7
kg. La produzione pro capite di questa macroarea risulta inferiore di quasi 51 chilogrammi per
abitante rispetto al dato nazionale e di quasi 100 chilogrammi in raffronto al valore medio del
Centro.
Ad eccezione di Marche, Molise e Sicilia, tutte le regioni italiane fanno rilevare, tra il 2017 e il
2018, una crescita della produzione dei rifiuti urbani. I maggiori incrementi si osservano per il
Piemonte (+5,1%), il Trentino Alto Adige (+4,5%) e la Sardegna (+3,7%).
Analogamente ai precedenti anni, la produzione pro capite più elevata, con 660 chilogrammi per
abitante per anno, si rileva per l’Emilia Romagna, il cui dato risulta in crescita del 2,8% rispetto
al 2017. Segue la Toscana, il cui pro capite si attesta a 612 chilogrammi per abitante, che fa
rilevare una crescita dell’1,8%. In tali contesti il valore è influenzato dalla tendenza
all’assimilazione, che porta a computare nei rifiuti urbani anche quelli da attività artigianali,
commerciali e di servizio.
Guardando al dato provinciale, sono in Emilia Romagna le province che producono più rifiuti:
Reggio Emilia (761 kg), Rimini (754), Ravenna (735) e Forlì-Cesena (726).
Si osserva che nel 2018 l’andamento dei rifiuti è andato di pari passo con quello degli indicatori
socio-economici. Tutti in crescita, quindi, i valori del PIL, della spesa per consumi finali delle
famiglie residenti e non residenti, e della produzione di rifiuti. Cosa che non era accaduta nel 2017,
quando si era verificato un disallineamento tra gli indicatori.
RACCOLTA DIFFERENZIATA
Si conferma il trend di crescita anche nel 2018 con un +2,6 punti percentuali a livello nazionale
rispetto all’anno precedente, raggiungendo così il 58,1%. Nell’ultimo decennio la percentuale è
aumentata di quasi 25 punti percentuali, passando dal 35,3% al 58,1%. In termini quantitativi da
circa 9,9 milioni di tonnellate a 17,5 milioni di tonnellate.
Un salto significativo si rileva al Sud con un aumento della percentuale di raccolta di 4,2 punti
nel 2018, in particolare in Sicilia (+7,8 punti) e in Molise (+7,7 punti), seguite dalla Calabria (+
5,6) e dalla Puglia (+5). Un miglioramento importante, anche se non fa spostare le quattro regioni
dalle ultime posizioni a livello nazionale.
Sono 7 le regioni italiane che superano l’obiettivo del 65% di differenziata fissato, al 2012, dalla
normativa: Veneto (73,8%), Trentino Alto Adige (72,5%), Lombardia (70,7%), Marche (68,6%),
Emilia Romagna (67,3%), Sardegna (67%) e Friuli Venezia Giulia (66,6%). Tra queste regioni,
quelle che fanno registrare i maggiori incrementi delle percentuali di raccolta sono, nell’ordine le
Marche, la Sardegna e l’Emilia Romagna.
Percentuali ancora più alte di differenziata si registrano a livello provinciale: a Treviso, che si
attesta all’87,3%, seguita da Mantova (87,2%), Belluno (83,4%) e Pordenone (81,6%).
Significativa la crescita in Sicilia di Siracusa: quasi 11 punti in più di differenziata (dal 15,3%
del 2017 al 26,2% del 2018) e Messina (dal 20,8% del 2017 al 28,7%). In Calabria cresce Crotone
(27,3%, a fronte del 22,9% del 2017).
COSA SI DIFFERENZIA
Tra i rifiuti differenziati, l’organico si conferma la frazione più raccolta in Italia. Rappresenta il
40,4% del totale e nel 2018 registra un’ulteriore impennata con un + 6,9% rispetto al 2017. Tra
2016 e 2017 era stato solo +1,6%. Da dove viene questa tipologia di rifiuto: soprattutto da cucine e
mense (67,6%) e da rifiuti biodegradabili provenienti dalla manutenzione di giardini e parchi
(28,2%).
Al secondo posto per quantità, carta e cartone (19,5% del totale), con 3,4 milioni di tonnellate e
una crescita del 4,3% rispetto al 2017. Segue il vetro con oltre 2,1 milioni di tonnellate.
La plastica fa registrare una crescita della raccolta del 7,4%, con un quantitativo
complessivamente intercettato pari a quasi 1,4 milioni di tonnellate. Di tale quantitativo, 747
mila tonnellate sono raccolte nelle regioni settentrionali, con un valore pro capite di circa 27
chilogrammi per abitante, circa 247 mila in quelle del Centro (21 chilogrammi per abitante) e 374
mila in quelle del Sud (18 chilogrammi). Il 94% dei rifiuti plastici raccolti in modo differenziato è
costituito da imballaggi. La raccolta differenziata comunale, infatti, si concentra sugli imballaggi
per i quali è previsto un corrispettivo economico nell’ambito dell’accordo ANCI –CONAI. Uno
studio effettuato da ISPRA ha evidenziato che circa il 15% dei rifiuti indifferenziati è costituito da
rifiuti plastici, in gran parte non di imballaggio, che non vengono adeguatamente recuperati.
Nel 2018 l’Italia ricicla il 50,8% delle seguenti tipologie dei rifiuti urbani: organico, carta e
cartone, vetro, metallo, plastica e legno. Il nuovo pacchetto sull’economia circolare ha alzato
l’asticella sul riciclaggio. Se la direttiva 2008/98 aveva fissato un target del 50% entro il 2020 per
quella che si definisce “preparazione per il riutilizzo e il riciclaggio dei rifiuti urbani”, le nuove
direttive hanno innalzato il target al 55% nel 2025, al 60% nel 2030, al 65% nel 2035.
GESTIONE E IMPIANTI Quale strada prendono i rifiuti urbani raccolti
Il recupero di materia rappresenta la maggior porzione di gestione dei rifiuti (28%), segue il
conferimento in discarica (22%, quasi 6,5 milioni di tonnellate), il trattamento biologico della
frazione organica e l’incenerimento.
Sono 646 gli impianti di gestione dei rifiuti urbani attivi nel 2018, in particolare 353 al Nord,
119 al Centro e 174 al Sud. Oltre la metà di questi è dedicata al trattamento dell’organico (339
impianti). In generale, l’aumento della raccolta differenziata ha determinato negli anni una
crescente richiesta di nuovi impianti di trattamento, soprattutto per la frazione organica, e non tutte
le regioni dispongono di strutture sufficienti a trattare i quantitativi prodotti.
I rifiuti urbani smaltiti in discarica, nel 2018, ammontano a quasi 6,5 milioni di tonnellate,
facendo registrare, rispetto alla rilevazione del 2017, una riduzione nazionale del 6,4%. Solo nel
Centro Italia si è registrato un incremento (+4,3%), mentre sono scesi di oltre il 10% il Nord e
del 9% il Sud. Nell’ultimo decennio il ricorso alla discarica si è ridotto del 60%, passando da
15,5 milioni di tonnellate a circa 6,5. Sono 127 le discariche che sul territorio nazionale hanno
ricevuto rifiuti provenienti dal circuito urbano: 56 al Nord, 25 al Centro e 46 al Sud.
Il 18% dei rifiuti urbani prodotti è incenerito (5,6 milioni di tonnellate), il dato è in aumento
del 5,8% rispetto al 2017. Su 38 impianti operativi, il 68% si trova al Nord, in particolare in
Lombardia e in Emilia Romagna.
Analizzando i flussi di rifiuti organici avviati fuori regione, i maggiori quantitativi derivano
dalla Campania (circa 487 mila tonnellate) e dal Lazio (oltre 270 mila tonnellate), entrambe
caratterizzate da una dotazione impiantistica non adeguata a quanto prodotto.
Nel caso della Campania è il Veneto a ricevere la quota più considerevole dell’organico
(49,7% del totale). Per quanto riguarda il Lazio, è invece il Friuli Venezia Giulia la regione cui
sono conferiti i quantitativi maggiori (pari al 48,7%), a seguire il Veneto (23,4%).
IMPORT/EXPORT DEI RIFIUTI
L’esportazione dei rifiuti interessa l’1,5% dei rifiuti urbani prodotti e aumentata del 31%
rispetto al 2017, mentre calano dell’8% le importazioni.
Abbiamo portato fuori dai confini nazionali soprattutto combustibile solido secondario (45%) e
rifiuti prodotti dal trattamento meccanico dei rifiuti (18%). Austria e Portogallo i Paesi cui
vengono destinate le maggiori quantità di rifiuti urbani. A inviarle sono soprattutto due regioni:
il Friuli Venezia Giulia e la Campania, rispettivamente 27% e 22% del totale esportato.
Abbiamo, invece, importato plastica (29%), vetro (25%) e abbigliamento (22%). Soprattutto
dalla Svizzera, con il 33% del totale importato: si tratta soprattutto di rifiuti di imballaggio in
vetro, destinati ad impianti di recupero e lavorazione situati perlopiù in Lombardia.
L’abbigliamento, invece, è destinato in massima parte alla Campania, presso aziende che ne
effettuano il recupero.
IMBALLAGGI E RIFIUTI DI IMBALLAGGIO
Tra i flussi prioritari monitorati dall’Unione Europea rientrano i rifiuti di imballaggio, per i
quali il “pacchetto economia circolare” ha definito obiettivi di riciclaggio più ambizioni al 2025 e al
2030, rispetto a quelli ad oggi vigenti.
Aumenta del 3% rispetto al 2017 il recupero complessivo dei rifiuti di imballaggio (80,6%)
dell’immesso al consumo e la plastica resta il materiale che mostra l’aumento più elevato,
seguita dal vetro, dal legno e dalla carta. Tutte le frazioni di imballaggi hanno già raggiunto gli
obiettivi di riciclaggio previsti per il 2025 ad eccezione della plastica. Tale frazione, costituita da
diverse tipologie di polimeri, richiede l’implementazione di nuove tecnologie di trattamento tra cui
anche il riciclo chimico.
COSTI DI GESTIONE
Cresce il costo della differenziata: + 3,46 euro l’anno per abitante e al Centro si paga di più (208,05). Nel
2018, il costo medio nazionale annuo pro capite è pari a 174,65 euro/ab per anno (nel 2017 era
171,19). La cifra è la somma di varie componenti: 56,17 euro/abitante anno per la raccolta
indifferenziata, 53,60 per la differenziata, 21,41 per spazzamento e lavaggio delle strade, 35,57 per
i costi comuni e, infine, 7,89 euro/abitante anno per i costi di remunerazione del capitale.
Al Centro i costi più elevati (208,05 euro/ab*anno), segue il Sud con 186,26 euro/ab*anno. Al
Nord il costo è pari a 154,47 euro/ab*anno.
Confermato anche per il 2018 quanto Ispra va osservando da alcuni anni sul “Pay-As-YouThrow”, il sistema di tariffazione puntuale applicato dai diversi comuni italiani. Grazie ad uno
studio condotto su un campione di 593 comuni, con una popolazione di 4 milioni di abitanti, si
osserva che il costo totale medio pro-capite a carico del cittadino è inferiore rispetto ai comuni a
Tari normalizzata. Il dato medio nazionale del Pay-As-You-Throw si attesta a 157,79
euro/abitante per anno. A Trento, unica città capoluogo di regione del campione ad adottare il
sistema di tariffazione puntuale fa registrare, per l’anno 2018, uno dei costi pro capite più bassi,
attestandosi a 153,67 €/abitante per anno, con un livello di raccolta differenziata pari al 81,5%,
Rapporto Rifiuti Urbani - Edizione 2019
Rapporto Rifiuti Urbani - Edizione 2019 - Dati di sintesi