Lo smog 'fatto in casa' con legna e riscaldamenti? Di certo non in città
Un articolo de La Repubblica si aggiunge al dibattito su inquinamento atmosferico e provvedimenti anti-smog, ma sembra emergere anche in questo caso la volontà di portare "acqua al mulino" di chi critica i blocchi del traffico, che rimane la sorgente principale dello smog nei centri urbani
15 January, 2020
"Lo smog fatto in casa". Si intitola così un articolo de La Repubblica che si aggiunge al dibattito su inquinamento atmosferico e provvedimenti anti-smog. Tuttavia sembra emergere anche in questo caso la volontà di portare "acqua al mulino" di chi critica i blocchi del traffico. Secondo il quotidiano, che cita uno studio del progetto Life PrepAir, "non è il traffico automobilistico la prima causa dell'invasione delle polveri sottili nel Centro-Nord del Paese. È, piuttosto, il riscaldamento residenziale". Di conseguenza "lo stop alle auto non è solo un provvedimento tampone, che finisce per togliere attenzione politica e risorse economiche a soluzioni di ampio respiro, ma anche le priorità sui pericoli - sostiene il progetto - sono mal scandite e affrontate".
Nell'articolo si legge anche: "L'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale - Ispra - conferma che anche il 64 per cento delle emissioni di Pm2.5, possiamo chiamarle polveri sottilissime, deriva proprio dal settore residenziale ed è riconducibile in buona parte alla legna". Sull'argomento abbiamo interpellato Ispra. Ecco la risposta:
E’ vero che le emissioni nazionali di pm 2.5 sono per più del 60% attribuibili alla combustione della legna per riscaldamento. Bisogna però considerare che: le emissioni di Pm 2.5 sono solo una componente (detta primaria) delle concentrazione in atmosfera della stessa sostanza poiché le emissioni di altre sostanze inquinanti come ossidi di azoto, ossidi di zolfo e ammoniaca si aggregano con processi chimici in atmosfera creando particelle di pm2.5 (componente secondarie).
Inoltre le fonti emissive importanti a livello nazionale possono non esserlo a livello locale urbano (ad esempio la combustione della legna per riscaldamento nell’aggregato urbano di una città come Roma). In aggiunta le concentrazione delle sostanze inquinanti in atmosfera sono favorite da condizioni particolari atmosferiche (temperature, mancanza di ventosità e piovosità) che favoriscono il ristagno degli inquinanti in atmosfera. In conclusione si può dire che nei centri urbani le principali fonti emissive responsabili dei livelli elevati di pm2.5 sono il traffico, il riscaldamento ma anche le emissioni in agricoltura di ammoniaca possono avere un ruolo in certe zone con particolari condizioni geomorfologiche come il bacino padano.
Aggiungiamo una riflessione: ha senso mettere in competizione traffico e riscaldamento residenziale sul tema smog? Come ricorda Andrea Poggio, Responsabile mobilità sostenibile e stili di vita di Legambiente: “Dobbiamo arrivare all'obiettivo emissioni zero in tutta la nostra vita, soprattutto nelle aree di pianura superando questa ridicola 'gara' tra riscaldamento residenziale e traffico. Tutto deve diventare a emissioni zero. Anche in casa”.
Infine, segnaliamo due contributi focalizzando l'attenzione sulle aree urbane:
QUALI FONTI FORNISCONO IL PRINCIPALE CONTRIBUTO ALLE CONCENTRAZIONI DI INQUINANTI ATMOSFERICI A TORINO? Dal vademecum della Città di Torino:Le emissioni rappresentano la quantità di sostanza inquinante introdotta in atmosfera dalle fonti interne ed esterne al territorio di Torino, la concentrazione invece è la quantità di sostanza inquinante presente in atmosfera per unità di volume ed è data dalla sommatoria del contributo endogeno ed esogeno degli inquinanti immessi direttamente nell'aria (componente primaria) e degli inquinanti che si formano nell'atmosfera a seguito di fenomeni fisicochimici a partire dalla componente primaria (componente secondaria).
PM10 e PM2.5: sia nella città di Torino sia nell’agglomerato di Torino le sorgenti che impattano in maggior misura sono il traffico e il riscaldamento. In termini emissivi (cioè quanto emesso direttamente da una o più fonti presenti all’interno della città), la componente torinese associata ai trasporti è prevalente e rappresenta l’85% del PM10 primario totale (cioè emesso direttamente da una o più fonti presenti all’interno della città). Invece, in termini di concentrazione totale di PM10 (primario + secondario) rilevata all’interno della città di Torino, circa il 38% e il 49% derivano rispettivamente dal traffico e dal riscaldamento; quest’ultimo apporto proviene però essenzialmente, attraverso fenomeni di trasporto e diffusione, da fonti esterne alla città, la quale di per sé fornisce un contributo minimo grazie alla diffusione del teleriscaldamento.
Biossido di azoto (NO2): il maggior responsabile è il traffico veicolare, in primis i veicoli diesel che sono i maggiori responsabili degli ossidi di azoto totali (NOx) emessi sul territorio cittadino durante tutto il corso dell’anno in funzione dell’intensità del traffico: il 12% delle emissioni proviene dalle automobili diesel, il 27% dai veicoli pesanti (esclusivamente diesel), quota parte del 16% dai veicoli leggeri (< 35q, prevalentemente diesel). In termini di concentrazioni di biossido di azoto (NO2), rilevate presso le stazioni di monitoraggio della qualità dell’aria cittadine, il traffico diesel contribuisce in maniera determinante (per circa il 70%, di cui il 16% è attribuibile alle automobili diesel, il 34% ai veicoli pesanti e circa il 19% ai veicoli leggeri); altre fonti importanti sono i processi di combustione industriale e gli impianti di riscaldamento.
BAMBINI IN CITTÀ: ESPOSIZIONE ED EFFETTI DELL’INQUINAMENTO ATMOSFERICO Estratto di un articolo a cura di Luca Boniardi, volontario di Massa Marmocchi, dottorando in Scienze Ambientali dell’Università degli Studi di Milano e borsista di ricerca della Fondazione IRCCS Cà Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano:
"L’inquinamento da traffico veicolare consiste in un mix complesso di diversi agenti chimici - prosegue Boniardi - come il gas NO2, polveri o particolato grossolano (PM10), quello fine (PM2.5 tra cui il Black Carbon) e quello ultrafine (UFP), il benzene, gli Idrocarburi Policiclici Aromatici (IPA) come il benzo(a)pirene, i metalli pesanti etc. Questi derivano direttamente dalla combustione delle benzine fossili (benzina verde, diesel etc.) e molti sono classificati come cancerogeni per l’uomo. Proprio per questo motivo e per le evidenze riportate da tantissime ricerche scientifiche condotte negli ultimi decenni, le così dette polveri sottili e le emissioni derivanti dai motori diesel sono classificati entrambi come agenti cancerogeni certi per l’uomo dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) (IARC, 2008, 2014 e 2016b).