Spreco alimentare e Food bag: il cibo per mettere in relazione profit e non profit, ristoratori e clienti
La lotta contro gli sprechi nel fuoricasa inizia dall’approvvigionamento, continua nei menu, preferibilmente stagionali, e si realizza nell’unione tra ristoratore e cliente, nel togliere l’imbarazzo per portare a casa il cibo pagato e avanzato
21 February, 2020
La sostenibilità si mette in atto con i piccoli comportamenti e la “Food Bag”, il contenitore in cui mettere il cibo ordinato al ristorante e non consumato, è un oggetto tanto semplice quanto utile. Se utilizzata da ogni cliente, la Food Bag permetterebbe infatti di ridurre notevolmente gli sprechi alimentari che si verificano nei consumi fuori casa.
Per questo motivo gli organizzatori del Festival del Giornalismo Alimentare, in scena a Torino dal 20 al 22 febbraio, durante l’edizione 2020 hanno proposto l’obbligatorietà della Food Bag attraverso una petizione lanciata su Change.org che, ad oggi, ha raccolto oltre 13.300 firme.
"Questa iniziativa dimostra che molti italiani sono sensibili al tema degli sprechi alimentari e che accolgono con favore la proposta dell'introduzione di una Food Bag obbligatoria. – commenta Stephanie Brancaforte, Direttrice di Change.org in Italia. - Gli utenti di Change.org si sono mobilitati in più occasioni a sostegno di campagne per la valorizzazione del cibo e la riduzione degli sprechi, atteggiamenti che contribuiscono anche a combattere i cambiamenti climatici. L'uso della Food Bag è un piccolo gesto, un'azione di singoli che insieme possono realizzare cambiamenti importanti - molti cittadini stanno iniziando a capire che la cultura è una responsabilità collettiva e che può garantirci la sopravvivenza."
Il tema è stato al centro del Festival questa mattina a Torino nel panel “Da doggy bag a Food bag: il diritto agli avanzi senza vergogna.”, moderato da Anna Scafuri, della redazione economica del Tg1 Rai, con gli interventi di Maria Chiara Gadda, della Commissione Agricoltura alla Camera dei Deputati, prima firmataria della Legge antisprechi, Susanna Cenni, Vicepresidente della Commissione Agricoltura alla Camera dei Deputati, Ugo Alciati per l’Associazione Ambasciatori del Gusto, e Milvia Panico, Head of Corporate Communication and Public Relations Metro Italia.
Con l’introduzione della Legge "Disposizioni concernenti la donazione e la distribuzione di prodotti alimentari e farmaceutici a fini di solidarietà sociale e per la limitazione degli sprechi" è iniziato un percorso che ha portato a dati positivi sulla riduzione dello spreco alimentare. “La legge è nata con l’intento di far dialogare chi produce con chi consuma. - ha detto l’On. Gadda – Proviamo a dare valore ai prodotti: quando hanno perso il loro valore commerciale, possono ancora dare soddisfazione ad una necessità. In questo modo facciamo dialogare il profit con il non profit. Spesso, la difficoltà consiste proprio nell’innescare e sostenere progetti in grado di far dialogare i vari soggetti. In questo, il cibo diventa elemento fondamentale per mettere in relazione mondi separati. Il salto di qualità, oggi, è riuscire a intervenire sullo spreco dei prodotti più difficili, come il fresco, e nei luoghi più complessi, come la ristorazione.”
E proprio sul ruolo che la ristorazione può avere nell’arginare gli sprechi è intervenuta l’On. Cenni, che ha parlato di un provvedimento in fase di preparazione, incentivante e non coercitivo, affinché si arrivi ad un sistema concreto per recuperare il cibo non consumato nei ristoranti. “Dobbiamo intervenire ad un livello culturale e fare in modo che il consumatore non abbia più l’imbarazzo nel chiedere di portare a casa il cibo avanzato e possa preferire i luoghi in cui sa di poterlo fare.” Ma come si possono favorire processi di economia circolare nella ristorazione? “Proponiamo – ha spiegato Cenni – che su richiesta del cliente il ristoratore sia tenuto a consegnare il cibo non consumato. Che il costo del contenitore sia a carico delle aziende che si occupano di smaltimento e un sistema di incentivi e sgravi per chi adotta questa buona pratica.”
Lo chef Ugo Alciati ha evidenziato che “è compito di noi ristoratori togliere dall’imbarazzo il cliente nel chiedere di portare a casa il cibo avanzato, soprattutto nei ristoranti da un certo livello in su. Stiamo pensando ad un progetto di promozione culturale che parta dalle scuole, perché innescare buone pratiche a partire dai bambini può essere più semplice che intervenire sugli adulti e spesso i bambini sono in grado di spostare i comportamenti sbagliati degli adulti. Ho imparato dai miei genitori a non sprecare il cibo. Negli anni Sessanta avevano un ristorante nel Monferrato, dove proponevano un menu degustazione, usando prodotti stagionali, e il cliente veniva apposta per provarlo, si fidava. Tornare oggi ai menu stagionali richiede fiducia da parte del cliente.”
Affrontando il tema in ottica circolare, “La lotta contro gli sprechi lungo la filiera distributiva dell’agroalimentare – ha sottolineato Milvia Panico – si articola in tante fasi, dal corretto approvvigionamento delle materie prime passando attraverso la donazione delle eccedenze alimentari per poi giungere alle buone pratiche da mettere in atto e da comunicare al cliente nel settore della ristorazione.” E la lotta allo spreco si realizza anche intervenendo in modo mirato nelle emergenze date dall’attualità: “proprio oggi – ha concluso Panico – lanciamo la campagna #iomangioconlebacchette che ha l’obiettivo di sostenere la ristorazione asiatica, in questo momento in cui le buone pratiche di approvvigionamento della cucina si scontrano con il drastico crollo delle presenze, che sta generando molti sprechi.”
Guardando i
dati, lo spreco di cibo al ristorante deriva dai comportamenti dei
ristoratori come dei clienti. La petizione
change.org/foodbag
lanciata dal Festival del Giornalismo Alimentare vuole essere dunque
una iniziativa forte per sensibilizzare contemporaneamente entrambi
gli attori e chiedere una presa di posizione concreta.