Coronavirus, ambiente e precauzioni realistiche o irrazionali
Quello che sta accadendo potrebbe essere visto non solo come una forma di paura poco razionale, di principio di precauzione spinto fino al punto di rendere difficili e penose le condizioni di vita, ma come il segno della disponibilità della popolazione a cambiare abitudini per fronteggiare emergenze sulla base di semplici notizie e dati
22 February, 2020
di Paolo Hutter
"I find the contrast between the global concern and rapid response to the coronavirus and the near-total lack of response to global climate change interesting and disconcerting. That’s not to say the response to the coronavirus is wrong, but which is having and will have the greatest and longest-lasting adverse effect on human health and safety, the economy and the environment?
Isn’t human behavior interesting?"
— Jon R. Nickles
Trovo interessante e sconcertante il contrasto tra la preoccupazione globale e la rapida risposta al coronavirus e la quasi totale mancanza di risposta ai cambiamenti climatici globali. Questo non vuol dire che la risposta al coronavirus sia sbagliata, ma quale sta avendo e avrà il più grande e duraturo effetto negativo sulla salute e sicurezza umana, sull'economia e sull'ambiente?
Il comportamento umano non è interessante?
Il direttore dell'Anchorage Daily News ha scelto questa lettera di un lettore come editoriale per commentare la situazione.
Può essere utile - o comunque è una tentazione - paragonare le cifre dei morti per questo virus con quelli provocati da altri virus e con le cifre delle vittime dell'inquinamento e delle vittime dei disastri ambientali provocati dai cambiamenti climatici.
Varie voci sui social media hanno sottolineato in questi ultimissimi giorni la sproporzione tra l' inedito stato di emergenza messo in atto per quelli che finora ( mentre scriviamo) sono tre morti in Italia, per coronavirus ma inteso non come fattore unico bensì come concausa di altre patologie e altre casistiche.
Per rimanere nel campo dei virus, in Italia ci sono migliaia di vittime ogni anno per varie forme di influenza, undicimila per polmonite.
Recentemente il professor Pregliasco per quanto riguarda le vittime della influenza stagionale ha parlato di circa 3/400 morti causati direttamente, ma di un numero tra i 4 mila e i 10 mila morti all'anno che hanno come concausa fondamentale l'influenza. Dato però che a prendere l'influenza sono milioni di persone ( almeno 5 milioni) si potrebbe dire che la cosiddetta letalità sarebbe inferiore al 2 per mille. Per il nuovo coronavirus si è parlato finora, sulla base dei casi cinesi, del 2,5% di letalità, quasi tutti nelle province dove è cominciata l'epidemia. Ma dato che il numero dei contagiati in quelle province è stato con ogni probabilità assai superiore ai 78 mila dichiarati, e che nei monitoraggi nelle altre province la letalità è crollata sotto il 2 per mille è presto per dare un giudizio fondato.
Il paragone tra le misure immediate drastiche e persino simbolico-provocatorie adottate contro il nuovo coronavirus ( chiusura di Musei e del Duomo, ad esempio) e le lente e incerte riforme contro l'uso dei combustibili fossili e lo sperpero di energia in tutti i campi, questo paragone dicevamo è ovviamente una suggestione di tipo culturale. Il contagio di virus tra esseri umani è cosa profondamente diversa dal rischio climatico e dalla nocività ambientale.
Tuttavia quello che sta accadendo potrebbe essere visto non solo come una forma di paura poco razionale, di principio di precauzione spinto fino al punto di rendere difficili e penose le condizioni di vita ( chiudersi in casa) ma come il segno della disponibilità della popolazione a cambiare abitudini per fronteggiare emergenze sulla base di semplici notizie e dati.
Nel frattempo esce la notizia che nelle prime due settimane di febbraio la Cina ha ridotto di almeno un quarto le sue emissioni di CO2 come conseguenze delle misure adottate di quarantene varie e isolamento per contrastare il virus.
Questo elemente potrebbe contribuire a discorsi di tipo nuovo anche sulla gestione della "emergenza" in Italia.
Se è vero che le morti premature per inquinamento atmosferico in Italia si avvicinano alle 50 mila unità - anche su questo ci sono ovviamente stime diverse - forse alcune misure drastiche di riduzioni contribuirebbero a salvare le vite dei soggetti deboli influenzati ( da virus conosciuti o dal nuovo coronavirus) più della chiusura di scuole chiese università.