L'invettiva dell'assessore alla Mobilità di Roma contro chi auspica un 'ritorno all'auto privata' a causa del Coronavirus
Pietro Calabrese su facebook: "Qualcuno avrà letto le dichiarazioni degli ultimi giorni da parte dei rappresentanti delle case automobilistiche. Li stavamo aspettando... eccoli qua, pronti per ripartire con un delirio ancora più devastante rispetto agli ultimi cinquant’anni"
14 April, 2020
Riportiamo per intero il lungo post dell'assessore alla Mobilità del Comune di Roma, Pietro Calabrese, relativo ad alcuni articoli apparsi su diversi giornali italiani che prevedono un ritorno massiccio ritorno dell'utilizzo dell'auto privata tra la popolazione italiana come effetto del Coronavirus, utilizzando argomenti di questo tenore: "L’auto è una sorta di bolla pedonale, un habitat comodo, sano e sicuro. E non soltanto come delle barriere fisica o dei filtro verso l’esterno dal rischio di ulteriori contagi in futuro, ma anche per l’enorme progresso tecnologico su cui vogliamo contare per aumentare la nostra sicurezza sia attiva che passiva".
Ecco l'intervento di Calabrese:
L’invenzione della bolla, pedonale
Qualcuno avrà letto le dichiarazioni degli ultimi giorni da parte dei rappresentanti delle case automobilistiche. Non so quanti ne saranno felici. Di certo non noi.
Li stavamo aspettando. Ad essere sinceri, eravamo preoccupati dei loro silenzi. Alcuni temevano di averli persi. Altri pensavano che si fossero riuniti nel buon senso, magari perché il contraccolpo legato alla pandemia li avesse convinti ad aprirsi verso una riconversione industriale sostenibile, con conseguenze meno auto centriche sul trasporto. Finalmente consapevoli degli impatti sulla socialità, ambiente, spazi urbani, economia, salute, educazione. Altri, seppur una quota infinitesimale, erano certi di un loro favore all’esigenza al momento più evidente nel rivedere modelli e stili di vita, almeno nel lasciare un po’ di credito verso chi li ha sempre contestati sulla base di dati incontrovertibili, rispetto alle loro responsabilità. E invece eccoli qua, pronti per ripartire con un delirio ancora più devastante rispetto agli ultimi cinquant’anni.
Mi ha colpito un articolo in particolare, del Sole24Ore. L’ho dovuto rileggere più volte, non potevo credere ai miei occhi. Il bello viene alla fine. La premessa però è già di livello, non lascia alcun dubbio sul loro sciacallaggio rispetto a questo periodo, in pieno conflitto d’interesse: “Superata l’emergenza di questi giorni, l’auto tornerà ad essere il sistema di trasporto più sicuro.” E’ lo stesso approccio di quelle pubblicità dove le scatole a 4 ruote sfrecciano in mezzo a montagne idilliache o in panorami urbani fintamente desertificati dalle altre autovetture. Inganno a mille, pagato pure dal compratore, non è che il prezzo alla vendita è esentato dai costi del marketing eh. Ma è la combinazione fra le due parole “tornerà” e “sicuro” ad essere pericolosa. Molto pericolosa. Non vorranno mica far credere che i morti in strada, anche e soprattutto pedoni, per colpa di automobilisti alla guida dei loro abitacoli, in percentuali drammaticamente superiori ai feriti e deceduti per incidenti dei mezzi di trasporto collettivi, prima del covid-19 erano solo un ‘danno collaterale’, magari compreso nel prezzo, tipo roulette russa?
Forse il problema sono le persone come me, sempre maliziose. Però loro i morti in strada non li citano mai. Non sarebbe funzionale alle vendite. E’ una legge di mercato elementare. Infatti parlano di ‘vita’, ma non in termini di vitalità, ne parlano proprio nel senso contrapposto alla morte: “La priorità è arrivare vivi alla riapertura…”. Confortante. Peccato che sia un artificio emotivamente penetrante solo per far digerire l’obiettivo dell’articolo, svelato subito dopo: “…e disporre degli incentivi per ripartire”. Un cambiamento radicale rispetto al passato, un’idea evolutiva davvero originale, praticamente come l’invenzione della ruota. Per essere molto chiari, specificano meglio: “La tendenza sarà di tenersi magari ancora un anno in più la propria vettura. Ecco perché avremmo bisogno di incentivi per l’acquisto”. Incentivi pubblici, per le loro casse, private. Tipo quelli elargiti negli ultimi decenni prima che portassero cassa e pagamento tasse in un posto diverso da quello in cui li avevano ottenuti. In genere questi grandi industriali utilizzano dei luoghi vietati ai comuni mortali, ‘al sicuro’ dalla fiscalità generale, talmente protetti che li chiamano pure paradisi, fiscali.
Sono fatti così. Però si rendono conto, di quanto siano sfacciate le loro richieste. Ma chi pensa che siano degli sfruttatori sbaglia di grosso. La loro soluzione per il futuro in realtà è mascherata dal miglior capolavoro di falsa lungimiranza, magnanimità, e ovviamente offerta di emancipazione totale da quei brutti e cattivi legami che ci obbligano a vivere costretti nel contatto fisico, ammassati nel terribile rischio di una pestilenza permanente: “l’uso dell’auto avrà una valenza anche simbolica. Perché diventerà uno strumento per recuperare la nostra autonomia e per portarci in totale sicurezza verso la ripresa della nostra libertà sociale”. Hanno scritto proprio così. Anzi, questa nuova ‘libertà sociale’ sarà la panacea di tutti i mali, “anche a costo di cambiare abitudini o di introdurne di altre impensabili fino a qualche mese fà. Soltanto così il coronavirus non sarà passato invano, ma forse sarà servito ad aprire scenari più solidali o più virtuosi, ma sempre con al centro un’automobile.” Spettacolari.
Noi al centro stiamo progressivamente mettendo le persone, non le automobili. Anche e soprattutto nei trasporti. Non è tanto per una ragione politica. E’ logica: le persone occupano meno spazio. Lo spazio per una o più autovetture per ogni persona semplicemente non esiste, non c’è proprio. E se anche esistesse, al di la dell’aumento della mortalità che ne conseguirebbe, non sarebbe un gran vivere. Ma per i venditori delle lamiere a 4 ruote non c’è né logica, né ragione. C’è solo ripristino dei guadagni rispetto ad un calo delle vendite epocale. Anzi, siccome “dopo il virus assisteremo ad una variazione delle abitudini sino a ieri consolidate e da un maggiore propensione ad usare la propria macchina anche rispetto ai mezzi pubblici”, sarà l’auto nella sua riproposizione miracolosa che ci porterà verso la liberazione (!!!!!), perché è “una sorta di bolla pedonale, un habitat comodo, sano e”, ripetono, “sicuro.” Ora però la questione diventa pesante. La ‘bolla pedonale’ no. E’ davvero troppo, oltre ogni inganno.
Mai sentita una roba del genere. Sono due universi paralleli, non si può invocare la parola pedonale per edulcorare il suo peggior contrario. Un autoveicolo non potrà mai essere sinonimo di pedone. Non sei credibile nemmeno se usi il prefisso bolla. E’ chiaro che se arrivi a cotanta presa per i fondelli devi essere realmente disperato. Lo comprendo. Ma così no. Decadi nel ridicolo più avvilente. E’ un’appropriazione indebita di un principio sacro, profanato nella sua natura umanamente insostituibile con qualsiasi alternativa alla mobilità personale, neanche con i mezzi di trasporto più sostenibili come le biciclette o i monopattini, figuriamoci con le macchine. E’ un affronto alla necessità di sviluppare opzioni capaci di cambiare la peggiore abitudine di spostarsi con la propria autovettura sempre e comunque, tramite non solo la ciclabilità, in grado di soddisfare nelle città l’esigenza principale costituita dagli spostamenti brevi, complementare e sinergica con l’urgenza di realizzare reti integrate di trasporto rapido di massa quanto più funzionali possibili agli spostamenti più lunghi.
“Habitat comodo, sano, sicuro”, era già una narrativa oltre ogni decenza. Ma ora hanno oltrepassato il limite. Nessuno contesta l’Uso delle autovetture. Vi sono persone e attività che non possono farne a meno, per carità. Si è sempre contrastato l’Abuso. Quell’insaziabile voracità e prePotenza delle lobbies che schiacciano l’interesse comune sobillando le masse con le felicità più illusorie. Una roba così è una minaccia per qualsiasi Pubblico, senza un minimo di vergogna. A meno che per bolla pedonale non intendano la congestione totale in cui vorrebbero incatenarci da qui all’eternità. Distese infinite di automobili ferme nel traffico perenne, dove ogni spazio pedonale sia sostituito da parcheggi fin sopra agli alberi, con l’impossibilità di muoversi se non in mezzo alle automobili. O peggio, visto che sono così comode, passando dall’interno di una scatola a 4 ruote all’altra, semplicemente perché non esisterebbero più spazi liberi per transitare nemmeno all’esterno. Un mondo in cui ogni metro di strada sia sequestrato per passare dal diritto all’abitare al diritto all’abitacolo, un diritto di occupazione col proprio guscio a motore, tutti ammucchiati uno sopra all’altro. Una rinnovata spinta verso il declino della nostra società.
Dare maggiore impulso alla rigenerazione delle nostre comunità, migliore capacità di resilienza, questa è la strada.
Una strada con sempre meno spazio per qualsiasi degenerazione.
Loro non si arrenderanno mai. Noi neppure.
(foto adnkronos)