Come possono fare i comuni a praticare agevolazioni sulla Tari a causa del Covid? Risponde l'Anci
Nota della Fondazione Anci rivolta ai comuni che scelgono di praticare agevolazioni sulla tariffa rifiuti alle utenze domestiche e a quelle non domestiche che hanno chiuso o limitato l'attività in questo periodo di emergenza Covid-19
30 April, 2020
Oltre alle misure adottate dal Governo, anche i Comuni e gli enti locali stanno cercando di dare risposte concrete ai bisogni di cittadini e commercianti provati dal "lockdown" dal punto di vista economico. Una di queste è l'opportunità di praticare le agevolazioni sulla Tari, a fronte di una riduzione dei rifiuti prodotti dalle attività commerciali che a causa del Covid-19 hanno chiuso i battenti, o hanno dovuto limitare il lavoro come i ristoranti e le pizzerie che fanno solo consegne a domicilio. In che modo le amministrazioni comunali possono predisporre misure agevolative, con efficacia immediata, evitando di aumentare la tariffa di altre utenze e senza gravare sulle casse comunali?
Per rispondere a questa domanda e ad altri quesiti posti dai Comuni, l’Istituto per la Finanza e l’Economia Locale (Fondazione Anci) il 24 aprile ha pubblicato una nota in cui propone di articolare gli interventi agevolativi in due tempi. Nella prima fase potranno essere prorogati i termini di pagamento per le categorie più colpite dalla chiusura forzata delle attività. Successivamente, con la delibera di approvazione delle tariffe, entro il 30 giugno 2020 (termine che il decreto “Cura Italia”, Dl 18/2020, ha posticipato di due mesi), potranno invece essere adottate misure agevolative sostanziali.
Quali modalità seguire per trovare le coperture adeguate a queste agevolazioni? La riduzione dei rifiuti, conseguente al Covid-19, provenienti dalle attività non domestiche non era prevedibile nè programmabile e dunque non incide sui costi di gestione del servizio che viene comunque garantito su tutto il territorio. Sostenere gli stessi costi e praticare una riduzione della tariffa diminuirebbe le entrate con il rischio di contravvenire al principio comunitario “chi inquina paga”. Il costo delle riduzioni deliberate dal Comune potrebbe ricadere infatti sugli altri utenti (domestici e non) che non usufruirebbero delle agevolazioni.
L’Istituto, che inquadra queste agevolazioni come “miste” (non potendole collocare tra le “atipiche”, in assenza di autorizzazioni di spesa, e nemmeno tra le “tipiche”, previste dalla legge con copertura a carico della generalità dei contribuenti), suggerisce di finanziare la riduzione delle tariffe con entrate proprie del bilancio dei Comuni, derivanti per esempio da eventuali maggiori entrate riscosse a seguito dell’attività di contrasto dell’evasione (su Tari o su altre fonti di entrata), o da altre risorse proprie del Comune, come l’avanzo di amministrazione e altre disponibilità, anche straordinarie, dell’ente.
Resta inteso, si legge nella nota, che – come ha ribadito l’Anci – “le riduzioni in questione trovino un sollecito sollievo in termini di partecipazione dei Comuni al sostegno che lo Stato sta via via definendo, anche attraverso un significativo aumento delle spese finanziabili mediante un –ben motivato –aumento del deficit pubblico”.