Clima, di ritorno dal Polo Nord la più grande missione scientifica sul riscaldamento globale
Diverse centinaia di scienziati provenienti da 20 Paesi hanno trascorso 389 giorni alla deriva studiando i drammatici effetti del riscaldamento globale su un'area considerata "l'epicentro del cambiamento climatico"
12 October, 2020
E' attesa per oggi (lunedì 12 ottobre, ndr) al porto di Bremerhaven, in Germania, la nave Polarstern dell'Istituto tedesco Alfred Wegener con a bordo la più grande missione scientifica inviata al Polo Nord, con il compito di raccogliere informazioni vitali sugli effetti del riscaldamento globale, prove devastanti di un Oceano Artico morente che si teme possa vedere entro pochi decenni estati totalmente prive di ghiaccio.
Diverse centinaia di scienziati provenienti da 20 Paesi hanno trascorso 389 giorni alla deriva studiando i drammatici effetti del riscaldamento globale su un'area considerata "l'epicentro del cambiamento climatico", secondo il leader della missione Markus Rex. "Abbiamo assistito all'agonia dell'oceano Artico", ha detto Rex all'AFP. "Abbiamo visto questo processo da vicino", ha aggiunto, navigando attraverso grandi estensioni di mare aperto e senza ghiaccio, "a volte prive di ostacoli fino all'orizzonte". "Allo stesso Polo Nord - ha proseguito - abbiamo trovato ghiaccio gravemente eroso, sciolto, sottile e fragile".
Le osservazioni dei ricercatori sono state supportate da immagini satellitari statunitensi che mostrano come nel 2020 il ghiaccio marino nell'Artico abbia raggiunto il secondo minimo estivo più basso mai registrato dal 2012. La spedizione, costata 140 milioni di euro, sta riportando con sè 150 terabyte di dati e oltre 1.000 campioni di ghiaccio. "La spedizione, ovviamente, produrrà risultati su molti livelli diversi", ha detto Rex. Il team ha misurato più di 100 parametri quasi ininterrottamente durante tutto l'anno e spera che le informazioni forniscano "una svolta nella comprensione dell'Artico e del sistema climatico", ha affermato. L'analisi dei dati richiederà fino a due anni, con l'obiettivo di sviluppare modelli per aiutare a prevedere ondate di caldo, nubifragi e tempeste dei prossimi 20, 50 o 100 anni.