LETTI PER VOI - "L´era del petrolio sta finendo così l´idrogeno ci darà la libertà"
Jeremy Rifkin: siamo all´inizio di un salto tecnologico che premierà solo chi sa guardare avanti - da La Repubblica del 15.11.2005
15 November, 2005
<B>Vicino il momento in cui metà delle attuali riserve dei pozzi saranno consumate
Primo, migliorare l´efficienza: dopo il risparmio, incentivare le fonti rinnovabili
Antonio Cianciullo</B>
ROMA - Dieci anni fa aveva intravisto il futuro del secolo biotech, dipingendo lo scenario della nuova economia, leggera, veloce e innovativa. Oggi sarà all´Università Roma Tre per una lezione e poi sarà al tavolo dell´Unione, per spiegare che il greggio alle stelle rappresenta per l´Europa, e per l´Italia in particolare, una straordinaria opportunità: l´occasione per entrare nel gruppo di testa dei paesi che guideranno la terza rivoluzione industriale, quella spinta dall´idrogeno, come la prima fu animata dal carbone e la seconda dal petrolio. Jeremy Rifkin, presidente della Foundation on Economic Trends, ragiona così, in grande, con una capacità di proiettarsi in avanti che spiazza e, talvolta, sconcerta. Non correrà troppo veloce per un´Italia che, sul fronte energetico, sembra più interessata al passato che al futuro?
«Siamo di fronte a un salto tecnologico radicale che premierà solo chi saprà guardare in avanti», risponde Rifkin. «Il picco del petrolio, cioè il momento in cui la metà delle riserve è stata già bruciata e i prezzi diventano incontrollabili, è vicino: i più ottimisti indicano la data del 2037, mentre 12 tra i maggiori geologi americani e riviste come Science e Scientific America prevedono che arriverà tra il 2010 e il 2020. In ogni caso il dato di fondo non cambia: siamo alla fine dell´era del petrolio. E, visto che quasi tutto quello che ci circonda, dai fertilizzanti ai prodotti farmaceutici, dalla plastica all´abbigliamento, è legato al petrolio, questo vuol dire che ci attende una svolta epocale».
Nell´immediato, però, si rischiano ripercussioni drammatiche sull´economia.
«Solo se ci si irrigidirà sulla difesa di un modello energetico che non ha futuro. In quel caso si andrà verso una depressione dei consumi generalizzata e le 90 economie più povere del mondo verranno destabilizzate. I problemi geopolitici aumenteranno perché, nel momento del picco, due terzi del petrolio restante si troveranno in Medio Oriente. E le conseguenze sulla stabilità del clima saranno devastanti. In realtà c´è un´unica via percorribile: governare la fuoriuscita dall´era del petrolio».
Eppure le alternative appaiono più onerose e insufficienti.
«Siamo di fronte a un processo epocale, non si può pensare a piccoli aggiustamenti: la rivoluzione dell´idrogeno che ci sta di fronte ha bisogno di 20-25 anni per decollare e di altri 20-25 per assestarsi. Ma ci sono iniziative che si possono prendere subito ottenendo vantaggi immediati sia dal punto di vista ambientale che economico. E in questo scenario l´Italia può giocare il ruolo di leader».
Da cosa conviene partire?
«Dall´efficienza. Secondo l´ultimo libro verde dell´Ue sull´efficienza energetica, gli europei potrebbero ridurre di un quinto i consumi entro il 2020 risparmiando 60 miliardi di euro l´anno. E l´Italia, che ha standard di efficienza inferiori a quelli tedeschi e scandinavi, può andare al di là di questo obiettivo medio».
Ma, una volta cancellati gli sprechi, bisognerà pure produrre in qualche modo l´energia.
«Questo è il secondo passo, il rilancio delle fonti rinnovabili: sole, vento, geotermia, biomasse. Anche in questo campo l´Italia ha grandi chance: creare una rete diffusa di piccoli impianti solari, eolici e a biomassa apre prospettive economiche interessanti. Significa diventare un polo d´attrazione per i capitali che vanno dove gli investimenti sono più convenienti. Sul piano occupazionale, una politica del genere si traduce in un milione di posti di lavoro qualificati in Europa».
E all´idrogeno come si arriva?
«L´idrogeno è un vettore energetico. Consente cioè di immagazzinare l´energia pulita ottenuta dalle rinnovabili e di arrivare al decentramento energetico. Come la stampa è stata legata alla civiltà del carbone e il telefono a quella del petrolio, la terza rivoluzione industriale sarà caratterizzata da un modello energetico a rete che segue l´architettura del web: decentralizzato, autonomo, interattivo, democratico. Una rivoluzione che si può accelerare finanziandola con un tax-shifting, un aumento della pressione fiscale a carico delle attività inquinanti per ricavare le risorse da investire sul futuro pulito».
Lei disegna uno scenario che, in Italia, a molti appare futuribile: il dibattito politico si concentra su carbone pulito e nucleare.
«Parlare di carbone pulito è un paradosso: come il nome stesso indica, il carbone è il combustibile che contiene più carbonio, l´elemento base della minaccia climatica. Quanto al nucleare, il suo costo è proibitivo, nessuna industria privata è in grado d´affrontarlo. Inoltre non sono stati risolti i problemi legati al trasporto del materiale radioattivo né alla sicurezza dei depositi di scorie, mentre è aumentata la probabilità che le centrali atomiche diventino target dei terroristi. Non faccio un discorso direttamente legato a scelte partitiche, ma penso che un politico che parla di carbone pulito e di nucleare sia poco affidabile e poco credibile: non lo voterei».