Più consumi di famiglie e centrali mandano in tilt l´azienda Italia
Cosa ha innescato l´ennesima crisi energetica del nostro Paese. La ricetta dei rigassificatori
20 January, 2006
<b>Si cercano soluzioni che svincolino il Paese dalla dipendenza dai gasdotti che arrivano da Russia e Algeria
Nelle case riscaldamento al massimo e gli operatori elettrici esportano energia prodotta con il metano
LUCIO CILLIS </b>
ROMA - L´emergenza-gas italiana non nasce solo da Est. Le motivazioni di questa crisi, come per una ricetta equilibrata, sono racchiuse nei quattro ingredienti che la compongono.
C´è una dose di freddo record che sta mettendo in ginocchio la Russia ed ha il suo forte peso anche in Italia, dove in queste settimane i riscaldamenti stanno andando al massimo per contrastare le basse temperature; c´è un sistema nazionale dell´energia che stenta a crescere al livello di altri Paesi europei proprio per il suo disperato bisogno di nuovi approvvigionamenti, svincolati dai percorsi tradizionali e alla ricerca di nuove opportunità, soprattutto via mare. C´è, poi, un fenomeno inedito per il nostro Paese: da circa tre mesi l´Italia è diventata un esportatore di energia elettrica prodotta a buon mercato, grazie al migliore rendimento delle nostre centrali a gas. Per non parlare dell´ultimo ingrediente, ovvero la disponibilità delle riserve (strategiche e non) di gas che cominciano ad assottigliarsi sotto i colpi di acceleratore di produzione e distribuzione dovuti, appunto, al forte export di energia elettrica generata con il metano e al freddo pungente di queste ultime settimane che potrebbe aumentare ulteriormente fino a febbraio.
Sullo sfondo, il confronto che vede i due colossi energetici Eni ed Enel controllarsi a vista, così come è accaduto ieri nella riunione che si è tenuta al ministero delle Attività produttive. Per il cane a sei zampe è infatti in gioco il mantenimento della propria leadership nel settore o quanto meno il contenimento di eventuali concorrenti pronti ad entrare nel ghiotto mercato italiano, linea più volte entrata nel mirino dell´Antitrust e dell´Authority per l´Energia. Per Enel e gli altri produttori di elettricità si aprono invece orizzonti (ed affari) nuovi oltralpe, ai quali è duro rinunciare dopo anni di dipendenza da Francia e Svizzera.
Questo, dunque, il quadro più aggiornato dell´emergenza gas del nostro Paese, da sempre vincolato a quei due soli tubi che fanno arrivare il metano da Russia e Algeria. Una dipendenza esposta a pesanti rischi ambientali e geopolitici. Ecco così che torna il pressing per trovare fonti di approvvigionamento alternative. In primis, attraverso la costruzione di rigassificatori, ovvero terminali indipendenti dove far confluire e trattare - per poi immetterlo nella rete di trasporto nazionale - metano liquido trasportato via mare. «Un sistema che soprattutto sulle le grandi distanze presenta diversi vantaggi- spiega Davide Tabarelli, analista del Rie -. In tempi di caro-petrolio il trasporto del gas via mare è certamente più a buon mercato rispetto al passato, almeno per i percorsi superiori ai 3mila chilometri». A frenare questa soluzione, però, ci sono le resistenze di comunità e autorità locali, preoccupate per i rischi ambientali e per la sicurezza.
Altra ricetta strutturale, l´annunciato ampliamento della capacità di trasporto dei due gasdotti che arrivano da Russia e Algeria (in gergo, "sbottigliamento"): l´Eni ha garantito che lo realizzerà nel 2009 (l´ad Scaroni si è anche detto pronto a investire nei rigassificatori) e l´Antitrust, che chiedeva da tempo questo intervento, ha apprezzato. Ma il Garante resta all´erta per capire se si passerà dalle parole ai fatti.