Il traffico fa male al cuore
Comunicato stampa Anmco (Associazione Nazionale Medici Cardiologi Ospedalieri)
31 May, 2006
<b>Presentati al Congresso Nazionale dell’ANMCO i primi risultati di uno studio che indaga gli effetti dell’inquinamento atmosferico sull’incidenza di infarto
L’inquinamento urbano mette a rischio il cuore: nei giorni di traffico intenso la probabilità di infarto aumenta fino al 5 %. Abbassare i livelli delle polveri sottili potrebbe evitare ogni anno almeno 900 decessi per cause cardiovascolari.</b>
Roma, sabato 27 maggio 2006 - Anche il cuore soffre dell’aria sporca delle nostre città. Quando le centraline misura-smog segnalano un allarme rosso per il troppo inquinamento, il cuore va in tilt e diventa più probabile un infarto. Lo rivelano i cardiologi riuniti a Firenze dal 31 maggio al 4 giugno per il XXXVII Congresso dell’Associazione Nazionale Medici Cardiologi Ospedalieri (ANMCO), presentando i risultati di uno studio italiano che dimostra come nei giorni di traffico intenso il rischio di un attacco cardiaco aumenti anche fino al 5 %. Per ogni incremento di 10 microgrammi al metro cubo del PM10, cioè le polveri sottili di diametro inferiore a 10 micron di cui lo smog cittadino è ricco, si ha un aumento del 2% del rischio di una recidiva di infarto. E quando il traffico impazzisce, non è raro che le polveri sottili aumentino di 20 o 30 microgrammi al metro cubo sopra i livelli medi, accrescendo in proporzione il rischio di eventi cardiovascolari.
Una nuova ricerca ancora in corso è stata condotta dall’Unità di Cardiologia dell’Ospedale Maggiore di Bologna, in collaborazione con l’area di Epidemiologia del Dipartimento di Sanità Pubblica dell’Azienda USL del capoluogo emiliano, su 5861 pazienti con età media di a 73 anni ricoverati per infarto negli Ospedali della Provincia, nel periodo compreso fra il gennaio 2002 e dicembre 2004. I medici hanno valutato l’esposizione a PM10 in occasione dell’attacco cardiaco, servendosi delle misurazioni effettuate quotidianamente dall’Osservatorio Epidemiologico dell’ARPA della Provincia di Bologna attraverso quattro centraline disposte in diversi punti del territorio. Ogni paziente è stato seguito nei mesi successivi all’evento fino al giugno del 2005, ripetendo le valutazioni relative all’esposizione agli inquinanti nei casi in cui si è avuto un secondo ricovero per infarto. “I risultati preliminari del nostro studio confermano chiaramente che il rischio di infarto aumenta nei giorni di traffico intenso”, spiega Giuseppe Di Pasquale, Presidente ANMCO, Direttore dell’Unità di Cardiologia dell’Ospedale Maggiore di Bologna e coordinatore dello studio, “ogni volta che le polveri sottili sono in eccesso si aggravano le condizioni di chi ha subito di recente un infarto: per ogni aumento di 10 microgrammi per metro cubo della concentrazione di PM10 rispetto alla media si ha una crescita del 2 % della probabilità di un secondo evento cardiovascolare. I picchi di inquinamento sono stati registrati soprattutto nei mesi autunnali e invernali, mentre soltanto di domenica l’aria è risultata un po’ più pulita. L’inquinamento però ha effetti negativi anche su chi non è mai stato colpito da infarto, accrescendo dell’1 % il rischio di un attacco cardiaco per ogni aumento di 10 microgrammi per metro cubo della concentrazione di PM10 rispetto alla media. Lo smog, inoltre, si rivela particolarmente deleterio in sottogruppi di pazienti come gli anziani, i diabetici o coloro che soffrono di patologie polmonari”.
Si stima che in Italia l’inquinamento urbano provochi almeno 900 decessi in più all’anno, soprattutto per colpa delle polveri sottili come il PM10 e il PM2,5: non si tratta però di una semplice “anticipazione” di pochi giorni della morte di pazienti compromessi, bensì della comparsa di patologie cardiovascolari nella popolazione generale, con un aumento della mortalità e dei ricoveri per infarto e scompenso cardiaco. L’effetto deleterio sulla salute del cuore si fa sentire soprattutto nei quattro giorni immediatamente successivi a un picco di smog, ma si protrae in modo meno evidente anche fino a dieci giorni dopo. Purtroppo nelle nostre città i livelli di PM10 non sono mai troppo bassi: le normative italiane hanno stabilito per il 2005 un limite di 50 microgrammi per metro cubo come media annuale dei valori di PM10 con l’obiettivo di raggiungere il valore limite di 20 microgrammi per metro cubo secondo le direttive europee entro il 2010. Nelle grandi città italiane, come Bologna, Genova, Milano e Torino le registrazioni superano spesso i 50 microgrammi per metro cubo. L’impatto sulla salute dei cittadini è variabile ma è sempre molto consistente dove è più intenso il traffico delle auto, soprattutto se si tratta di veicoli diesel perché questi emettono grosse quantità di polveri sottili. “Le polveri sottili presenti nell’inquinamento atmosferico sono composte da particelle minuscole e inalabili che, arrivate ai polmoni, possono passare nel circolo sanguigno e avere un effetto diretto sul sistema cardiovascolare, andando ad esempio ad alterare la stabilità delle placche aterosclerotiche e provocando l’aumento dell’incidenza di infarto nelle ore immediatamente successive ai picchi di smog”, informa Di Pasquale, “esistono però anche effetti indiretti dell’inquinamento atmosferico, che richiedono diverse ore o giorni per verificarsi e dipendono dall’infiammazione e dallo stress ossidativo polmonare: una volta respirate le polveri sottili irritano i polmoni, che reagiscono con una risposta infiammatoria che può diventare generalizzata e indurre conseguenze come l’attivazione dei fattori della coagulazione, l’aumento della viscosità del sangue, lo squilibrio della funzione vascolare, l’incremento della vasocostrizione e l’aumento della formazione di placche aterosclerotiche. Tutto ciò provoca una maggiore probabilità della formazione di trombi e quindi un maggior rischio di infarto”.
Ufficio stampa ANMCO