Taxi, ma per cosa?
Il braccio di ferro riguarda le licenze ma all'ambiente urbano interessa soprattutto capire se i taxi sono o possono diventare uno strumento di mobilità sostenibile. Che non siano inquinanti e che riducano il traffico delle auto. Nostre interviste e rassegna stampa
04 July, 2006
“I taxisti sono molto immobilisti, non hanno iniziativa e si sono finora opposti alle iniziative che abbiamo promosso nella mobilità sostenibile” dice <b>Alberto Santel dal Comune di Genova</B>. “Avevamo fatto ancora sulla base dei fondi del ministro Ronchi una sperimentazione dei possibili taxi collettivi, con
prenotazione informatica plurima per i vari passeggeri, ma finita la sperimentazione i taxisti non hanno voluto proseguire e siamo fermi.” E’ utile alla mobilità sostenibile che ci siano più corsie riservate per il taxi? “ Ma i taxi vanno già dappertutto nelle nostre città, o quasi. Il problema vero è che vengono poco usati innanzitutto perché costano troppo. All’utente dovrebbero costare poco più dell’autobus e invece costano più che usare la propria auto. E poi sarebbe meglio che circolassero a cercare i passeggeri come negli altri paesi, e invece da noi stanno fermi ad aspettarli. E’ l’esempio concreto del loro immobilismo. E’ così su tutto, anche sul servizio handicappati. Abituati ad essere pagati per corse individuali, i taxisti rifiutano l’uso multiplo collettivo del taxi e così poi risentono dei tagli dei servizi sociali.”
Chiediamo innanzitutto a <b>Guido Viale</B> se da un punto di vista ambientale l’uso del taxi individuale è meglio dell’uso dell’auto individuale, e perché.
“Beh, in linea di massima è meglio, soprattutto se sostituisce il possesso dell’auto. E’ dimostrato che se uno possiede un’auto la usa di più. Se non la possiede perché se la cava bene con vari mezzi alternativi tra cui ogni tanto anche il taxi, allora è meglio. Quindi non è il taxi di per sé a essere più sostenibile: in teoria se uno usa SEMPRE il taxi consuma e inquina di più perché il taxi lo deve venire a prendere, anche se risparmia i tragitti per cercare parcheggio. Ma questo vale solo in teoria: in pratica se il taxi diventa un elemento di un sistema di trasporto basato su car sharing e car pooling (per non parlare di bici e mezzi pubblici) è chiaro che aiuta la mobilità sostenibile.
Però deve costare di meno all’utente.. Allora sì, è probabile che uno rinunci a possedere un’auto propria.”
<b>Viale, lei è il ricercatore che ha più spinto per i taxi collettivi: perché non si fanno?</b>
“Chiarisco intanto che per taxi collettivo intendo un mezzo che faccia anche qualche spostamento di percorso. A Napoli pochi taxi detti collettivi su un percorso ultra-rigido non sono risultati un’esperienza valida. Comunque la risposta è semplice: ai taxisti le cose vanno bene così come stanno per cui sono molto conservatori. Lavorano duro per pagarsi la licenza ma da un certo momento in poi guadagnano bene anche con relativamente pochi clienti. Per loro i taxi collettivi sarebbero una complicazione nuova, e temono di guadagnare di meno.”
<b>Cosa potrebbe e dovrebbe fare il governo per fare del taxi uno strumento di mobilità sostenibile?</b>
“Questo decreto apre la strada all’aumento delle licenze e colpisce giustamente una chiusura corporativa. Ma bisogna anche fargli emettere lo scontrino col tassametro in modo che paghino le tasse e si capisca quanto guadagnano: a quel punto si tratta, mica vanno messi sul lastrico, ma ci si capisce. E poi soprattutto intervenire con tutte quelle misure anche tecnologiche che possono portare a un uso più efficiente dei taxi e al taxi collettivo.”
<b>Dario Balotta, sindacalista dei trasporti (Fit Cisl Lombardia):</b>
“Non è detto che il taxi sia positivo. Pensiamo al fatto che viaggia quasi sempre con massimo due persone a bordo e che viaggia molto spesso su percorsi “forti”, cioè che sono già ben coperti o ben copribili dal trasporto pubblico. Si potrebbe dire che anche il taxi dovrebbe pagare una congestion charging, una tariffa d’accesso se viaggia su vie molto trafficate. Invece il taxi dovrebbe avere un ruolo più importante nel coprire una capillarità periferica, quella non servibile dal trasporto collettivo forte.”
E’ positivo il decreto del governo da questo punto di vista?
“Era necessario ma non risolve il problema di cui stiamo discutendo. L’aumento delle licenze di per sé non ci da un servizio più accessibile o meglio distribuito. Adesso i taxisti non rispettano certe regole sui turni e sulle zone da coprire e si ammassano ad aeroporti e stazioni negli orari più appetibili. Se le licenze invece di essere 5mila diventano 5mila 500 questo non cambia. Ci vuole una capacità di far rispettare le regole e una programmazione su scala intercomunale, in modo che i taxi servano davvero a integrare il trasporto pubblico.”