LETTI PER VOI - Le guide di Repubblica. Energia e Ambiente
- da Repubblica del 18.07.2006
18 July, 2006
<b>Dal carbone al sole
Le nuove risorse per il futuro della Terra
Geotermica, nucleare, eolica o idroelettrica: soluzioni e problemi a confronto in Italia e nel mondo
Da giovedì, alle porte di Pisa, due giorni di incontri e dibattiti sull´energia
Jeremy Rifkin </B>
Siamo prossimi all´avvento di un nuovo regime energetico che modificherà il nostro modus vivendi in maniera radicale, così come avvenne con l´introduzione del carbone e del vapore nel XIX secolo e con la transizione all´energia prodotta dal petrolio e dal motore a combustione interna nel XX secolo. Si profila all´orizzonte l´era dell´idrogeno e tra le nazioni industrializzate più importanti della Terra quella che saprà sfruttarne tutta la potenzialità stabilirà il ritmo dello sviluppo economico per il resto del secolo. L´idrogeno è l´elemento più leggero e più abbondantemente presente nell´universo e quando lo si usa come fonte energetica ha come unici sottoprodotti acqua pulita e calore. Da oltre 30 anni alimentiamo le nostre navicelle spaziali con celle hi-tech a combustibile a idrogeno.
Con l´idrogeno sarà possibile porre fine nel mondo alla dipendenza dal petrolio importato e concorrere a eliminare la pericolosa sfida geopolitica in corso nel golfo Persico così ricco di petrolio. Con l´idrogeno sarà possibile ridurre drasticamente le emissioni di biossido di carbonio e limitare le conseguenze del riscaldamento globale. Considerato poi che di idrogeno ve ne è in grande abbondanza, ogni essere umano potrà avere più potere, e quello a idrogeno sarà il primo regime energetico davvero democratico della Storia.
Sulla Terra l´idrogeno è reperibile ovunque, ma è tuttavia raro trovarlo immediatamente disponibile in natura: deve infatti essere estratto o dagli idrocarburi o dall´acqua o dalla biomassa. Oggi il modo più redditizio dal punto di vista dei costi per produrre idrogeno a fini commerciali è quello di estrarlo dal gas naturale per mezzo di un processo di riconversione del vapore.
Le scorte di gas naturale, come del resto quelle del petrolio, non sono tuttavia illimitate e di conseguenza non costituiscono una fonte affidabile. L´idrogeno può essere altresì ricavato dal carbone e dalle sabbie petrolifere, ma continuare a produrlo in questo modo significherebbe accrescere in modo drammatico le emissioni di biossido di carbonio nell´atmosfera. Si potrebbe ricorrere anche all´energia nucleare, ma in tal modo si moltiplicherebbero le quantità di pericolose scorie radioattive, ci si esporrebbe maggiormente in quest´epoca di terrorismo a gravi minacce per la sicurezza e crescerebbero moltissimo i costi imposti a contribuenti e consumatori per pagare l´elettricità.
Esiste nondimeno un altro modo ancora per produrre l´idrogeno, un processo nel corso del quale non si impiegano i carburanti fossili, bensì fonti rinnovabili di energia - celle solari, vento, energia idro-geotermica - sempre più in uso per la produzione di elettricità. L´elettricità così ottenuta può a sua volta essere utilizzata, con un processo denominato elettrolisi, per scomporre l´acqua in idrogeno e ossigeno. Qualora non si desideri ricorrere al processo elettrolitico, si può ottenere l´idrogeno direttamente anche da scarti agricoli, scorie boschive, rifiuti organici - la cosiddetta biomassa. Una volta ricavato, l´idrogeno può essere stoccato opportunamente per essere utilizzato all´occorrenza e generare elettricità.
È molto importante tenere presente che è impossibile dar vita a una società che utilizzi energia rinnovabile se l´energia non può essere conservata sotto forma di idrogeno, per il fatto che l´energia rinnovabile è intermittente. Il sole non splende sempre. Il vento non soffia sempre. L´acqua non è sempre presente allorché ci si trova in un periodo di siccità e i raccolti agricoli variano di continuo. Quando l´energia rinnovabile non è disponibile, non è possibile generare elettricità e le attività economiche si interrompono bruscamente. Se invece per ricavare idrogeno dall´acqua - idrogeno che può essere conservato per usi successivi - si può utilizzare una parte dell´elettricità generata quando la fonte energetica rinnovabile è presente in abbondanza, la società disporrà di un approvvigionamento energetico continuo. L´idrogeno può essere ricavato anche dalla biomassa quando la produzione agricola è abbondante e conservato nello stesso modo.
La regione Toscana è la candidata ideale per promuovere in tutta Italia un´economia verde basata sull´idrogeno. Con le sue ricche risorse geotermiche, le sue centrali idriche, le sue possibili centrali solari ed eoliche e la sua produzione di biomassa, nell´arco dei prossimi decenni la Toscana potrà diventare in buona parte auto-sufficiente dal punto di vista energetico. È interessante il fatto che gli artigiani toscani da 20 anni circa utilizzano apparecchiature per l´elettrolisi con le quali producono idrogeno utilizzato nella realizzazione di gioielli in oro, e hanno dato alla regione una sorta di vantaggio nella corsa all´idrogeno del futuro. I generatori per l´elettrolisi sono prodotti localmente: in Toscana ha sede la Piel, la più importante società italiana di produzione per elettrolisi dell´idrogeno, ma la regione vanta molte altre società che producono generatori elettrolitici.
Proprio in questo periodo si stanno immettendo sul mercato celle combustibili commerciali alimentate a idrogeno per usi industriali, l´ufficio e la casa. Importanti società manifatturiere e di servizio stanno acquistando grandi celle combustibili fisse da utilizzare come soluzione di backup per generare energia in periodi di forte sovraccarico elettrico nella rete di distribuzione o in caso di ripetuti blackout o interruzione parziale della fornitura. All´aeroporto di Monaco la società Linde AG ha di recente installato un impianto energetico a celle di combustibile alimentate a idrogeno all´avanguardia, mentre Hitachi e Toshiba si ripromettono entro il 2007 di immettere sul mercato le prime celle di combustibile alimentate a idrogeno portatili. I consumatori grazie a queste ultime saranno in grado di alimentare con una singola cartuccia i loro telefoni cellulari, i loro computer laptop, le telecamere digitali, gli apparecchi Mp3 e le altre apparecchiature portatili digitali per 8-35 ore. Le più importanti case automobilistiche del mondo hanno investito miliardi di dollari per mettere a punto automobili, autobus e autocarri alimentati a idrogeno: autobus e vetture alimentate a idrogeno sono attualmente in fase di collaudo sulle strade di tutta Europa e si prevede che tra il 2010 e il 2012 possano essere esposte negli autosaloni.
L´economia dell´idrogeno rende possibile un´ampia redistribuzione del potere e implica risultati positivi e di vasta portata per la società. Diventa infatti obsoleto l´odierno sistema di erogazione centralizzata dell´energia, dall´alto verso il basso, controllato da società petrolifere globali e da società di servizi. Nella nuova era, le industrie, i comuni, i proprietari di casa potrebbero diventare tanto i produttori quanto i consumatori della loro stessa energia, la cosiddetta "generazione distribuita". Le stesse automobili sono un "impianto energetico su ruote", aventi la capacità di generare 20 kilowatt. Poiché in media un´automobile rimane per la maggior parte del tempo parcheggiata, sarebbe possibile nelle ore nelle quali non viene utilizzata collegarla con una presa alla casa, all´ufficio o alla rete elettrica interattiva, per fornire elettricità supplementare. Se soltanto il 25 per cento degli automobilisti utilizzasse il proprio autoveicolo per rivendere energia alla rete elettrica, si potrebbero eliminare tutte le centrali elettriche dell´Unione Europea.
L´imminente Conferenza di San Rossore del 2006 su "Energia: problema e soluzioni" costituisce un´utile opportunità per prospettare un futuro verde all´idrogeno, non soltanto per la Toscana, ma per tutta Italia. Un anno fa ho avuto occasione di far visita al presidente della Toscana Claudio Martini e mi sono rallegrato per il suo entusiasmo e il suo interesse nel promuovere un futuro verde all´idrogeno nella regione. La nuova grande rivoluzione energetica inizierà a livello locale, e regioni come la Toscana possono indicare la via da seguire. Spalancare le porte all´era dell´idrogeno e alla terza rivoluzione industriale è oggi la questione più improrogabile dell´agenda europea e globale. Sono impaziente di partecipare alla Conferenza di San Rossore.
<B>Vento, sole, acqua, mais... Tutte le forze del bio
In Brasile una macchina su due funziona grazie al carburante che viene dalla canna da zucchero
Elena Dusi </B>
«Prevedo che in futuro l´acqua verrà usata come carburante» scriveva Giulio Verne ne L´isola misteriosa. Profezia quasi centrata, se pensiamo alle auto alimentate a idrogeno, ricavato dalla scissione delle molecole di H2O. O comunque mancata di poco considerando il boom dei biocarburanti ricavati dall´alcool distillato da canna da zucchero o altre piantagioni. Non che le fonti alternative abbiano superato il loro ruolo di nicchia nella produzione globale di energia. Ma anno dopo anno erodono il terreno degli idrocarburi, con improvvise accelerazioni quando il prezzo del petrolio sale, le tensioni in Medio oriente si riaccendono, il clima impazzito dà qualche colpo di frusta e ci si accorge che dare spazio alle fonti alternative conviene per più di una ragione. Per frenare le emissioni di gas serra prima di tutto. Poi perché il petrolio, man mano che si esauriscono i giacimenti facili da raggiungere, costerà sempre di più e infine per cercare di sganciarsi dalla polveriera mediorientale.
Oggi l´energia ricavata dalle fonti alternative raggiunge i 1.400 Mtoe (million tons oil equivalent: l´equivalente dell´energia ottenuta da 1.400 milioni di tonnellate di petrolio). Nel 2030 secondo il World Energy Outlook dell´Agenzia internazionale per l´energia - organizzazione internazionale fondata durante la crisi petrolifera del 1973 che ha sede a Parigi - dovrebbe raggiungere i 2.200 Mtoe, con un aumento del 60 per cento. Ma questa crescita sarà parallela alla crescita della domanda di energia, e così oggi come fra 25 anni il ruolo delle fonti pulite dovrebbe mantenersi costante intorno al 14 per cento o crescere solo leggermente. Se togliamo l´energia idroelettrica, oggi il 2 per cento della produzione globale deriva da fonti alternative. Una percentuale che dovrebbe raggiungere il 6 per cento nel 2030 con due uniche fonti - si stima - a crescere prepotentemente: il vento e i biocarburanti.
L´energia eolica nel 2030 sarà la seconda fonte pulita, subito dopo quella idroelettrica. In aree isolate dell´Australia e del Sudamerica ha dato finalmente la luce a comunità isolate che fino a una manciata di anni fa vivevano con i gruppi elettrogeni perennemente accesi. Ma per imporsi come sostituta del petrolio ha ancora diversi problemi da risolvere: l´intermittenza dell´approvvigionamento, la difficoltà di collegare i "mulini" alla rete elettrica nazionale e le proteste di alcuni gruppi di ambientalisti. Così come la produzione di elettricità dal solare fotovoltaico decollerà finalmente solo quando il costo delle celle si sarà abbassato. E il World Energy Outlook prevede che il prezzo di un kilowatt/ora passerà dagli attuali 400-600 dollari ai 100-300 dollari solo nel 2030.
Per quanto riguarda i biocarburanti, la loro introduzione nei serbatoi delle automobili è recente e nel 2005 ha coperto l´1,7 per cento del mercato delle benzine. Ma l´esempio del Brasile, dove il costo di un litro di etanolo uguaglia quasi quello del gasolio e una macchina su due cammina grazie al carburante che viene dalla canna da zucchero, ha fatto rizzare le antenne a molti. L´India ha lanciato un piano di investimenti per sostituire i carburanti tradizionali con quelli a base di etanolo e negli Stati Uniti solo negli ultimi due anni sono state fondate una trentina di aziende che investono in questo settore di ricerca. La Pacific Ethanol, per esempio, alla fine del 2005 ha goduto di 84 milioni di dollari di investimenti dalla fondazione di Bill e Melinda Gates e oggi le sue quote in borsa sono più alte del 111 per cento rispetto a un anno fa. La Xethanol, società che produce "biofuel" nello Iowa, alla fine di giugno ha deciso di quotarsi in borsa guadagnando subito il 14 per cento. E VeraSun Energy, il leader del settore con 800 milioni di litri all´anno ricavati dal mais, viaggia su profitti del 10 per cento rispetto al momento della quotazione iniziale, avvenuta a metà giugno.
Negli Stati Uniti ci sono 101 impianti che producono biocarburante, capaci di distillare 15 miliardi di litri all´anno. E una serie di ricerche scientifiche cerca di capire quale rotta seguire nel mondo dei biofuel. Usare mais o canna da zucchero potrebbe infatti non essere la strategia giusta: se anche tutta la produzione agricola degli Stati Uniti fosse riservata alla conversione in etanolo, solo il 12 per cento della domanda nazionale di carburanti verrebbe soddisfatta. Meglio sarebbe - suggerisce una ricerca dell´università del Minnesota pubblicata sulla rivista Proceedings of the national academy of sciences - estrarre l´etanolo dalla cellulosa, parte non commestibile delle piante, ricavabile anche da terreni incolti e specie infestanti che crescono spontaneamente. Le tecnologie per ricavare l´alcool direttamente dalla cellulosa non sono ancora pronte. I paesi che le stanno sperimentando con più convinzione sono Spagna e Canada. Ma applicando queste strategie - secondo un rapporto del Dipartimento per l´energia americano - i biocarburanti potrebbero arrivare a coprire il 30 per cento della domanda Usa entro il 2030.
<B>Cambiare in fretta per uscire dall´era del petrolio
Antonio Cianciullo </B>
C´è fretta di cambiare. C´è fretta perché, a forza di bruciare petrolio e tagliare foreste, stiamo cambiando la temperatura del pianeta alla velocità di uno sconvolgimento climatico: è come se un ubriaco si fosse messo alla guida dell´autobus in cui siamo seduti e sterzasse per portarci fuori strada. E c´è fretta perché molti dei viaggiatori si sono accorti che l´autobus è stato dirottato e vogliono reagire: secondo l´eurobarometro, 7 europei su 10 chiedono ai decisori politici di attribuire uguale peso alle politiche ambientali, economiche e sociali.
Ma questa fretta non si è ancora tradotta in scelte coerenti. Nonostante l´accelerazione della corsa verso l´alto del prezzo del barile di greggio, imprevista nella sua velocità, le politiche di sostegno alle tecnologie energetiche a basso impatto ambientale e alla ricerca necessaria a farle progredire sono deboli. Anzi, a stare alle scelte di molte grandi potenze, quasi ferme. Mentre i ghiacciai si sciolgono con la rapidità di un picco di deglaciazione e si scopre che da almeno 900 mila anni non c´è mai stata tanta anidride carbonica in atmosfera, l´amministrazione americana, legata alla lobby del petrolio, continua a rinviare il cambiamento necessario a salvare il clima che conosciamo: si farà, continua a ripetere la Casa Bianca, ma in un futuro lontano, affidandosi a nuove e formidabili tecnologie che hanno l´unico, piccolo difetto di non essere ancora pronte. In contrapposizione al ponte di comando propenso al rinvio sta però nascendo un fronte dal basso che si batte per raggiungere gli obiettivi previsti dalla prima fase del protocollo di Kyoto contro i gas serra e per andare oltre. È un fronte composito a cui aderiscono amministrazioni locali, grandi gruppi industriali e associazioni di cittadini. Negli Stati Uniti venticinque economisti americani fra cui tre premi Nobel (George Akerlof, Kenneth J. Arrow e Joseph Stiglitz) hanno firmato un appello alla Casa Bianca perché imponga limiti alle emissioni di gas serra. La Corte suprema ha accettato di discutere il ricorso presentato da 13 Stati (tra cui la California di Schwartzenegger decisa a sbarrare il passo alle auto superinquinanti) e tre città (New York, Washington e Baltimora) contro l´Environmental Protection Agency, l´agenzia dell´ambiente federale, per non aver contingentato le emissioni di anidride carbonica, il principale gas serra. E 198 città e 20 Stati hanno aderito al protocollo di Kyoto, scegliendo politiche mirate a ridurre il cambiamento climatico.
Anche in Europa - dove Bruxelles ha indicato un primo, concreto e rapido obiettivo: 20 per cento di energia in più grazie all´efficienza energetica - la "Coalizione dei volenterosi in difesa della biosfera" ha ricevuto l´appoggio di una decina di regioni europee e di 17 Regioni italiane per sostenere un manifesto di ispirazione rifkiniana in cui si chiede "una exit strategy dall´era del petrolio". Infine, la terza grande forza a sostegno dell´impegno per un´energia più pulita è la parte più dinamica del mondo industriale, quella che vede aprirsi nuovi mercati legati alla produzione a basso impatto ambientale ed è determinata a non farsi bloccare il passo dalle lobby del vecchio sviluppo. In questo campo i segnali si moltiplicano. Dal gruppo delle "sette sorelle" del petrolio, in parte ancora impegnate a sostenere che il cambiamento climatico in corso è un fenomeno naturale, cominciano a staccarsi pezzi importanti: la Shell ha iniziato a investire nelle rinnovabili; la Bp, che ha trasformato il suo nome in Beyond Petrolem (oltre il petrolio), compra pagine di pubblicità per sostenere lo slogan «È ora che i combustibili diventino puliti». E gruppi come la General Motors, la Ford e la Daimler-Chrysler hanno concordato una riduzione delle emissioni di gas serra pari a 5,3 milioni di tonnellate entro il 2010. Anche il presidente della General Electric ha annunciato un taglio delle emissioni serra dell´1 per cento al 2012 oltre a un investimento di 1,5 miliardi di dollari l´anno per la ricerca nel campo delle tecnologie a basso impatto ambientale. Infine la Nanosolar, un´industria finanziata da Google, farà partire il prossimo anno, vicino a San Francisco, il più grande stabilimento al mondo per la produzione di celle fotovoltaiche, un colosso capace di produrre 430 megawatt l´anno: un salto destinato a triplicare la produzione statunitense, facendo recuperare posizioni al solare americano che al momento è crollato al 10 per cento della capacità produttiva mondiale.
«In Italia è arrivato il momento di accelerare il cammino verso Kyoto, che ci vede clamorosamente in ritardo, integrando le energie che vengono dal basso in un progetto nazionale», propone Gianni Silvestrini, direttore del Kyoto Club, il cartello delle imprese impegnate in campo ambientale. «È una scelta popolare e si può fare, almeno in parte, a costo zero. L´Italia si è infatti impegnata a un taglio di emissioni serra pari a 600 milioni di tonnellate in cinque anni. Questo traguardo può essere raggiunto comprando all´estero i crediti di emissioni o sviluppando l´innovazione in casa. Calcolando un costo di 15 euro a tonnellata - ma i prezzi reali potrebbero salire sensibilmente - un terzo di questo obiettivo, cioè 200 milioni di tonnellate significa 3 miliardi di euro. Invece di darli ai russi in cambio dei crediti di emissioni, si potrebbe fare un accordo con le Regioni in modo che, spendendo la stessa cifra, l´Italia arrivi allo stesso risultato. In pratica le Regioni virtuose verrebbero premiate con finanziamenti in grado di moltiplicare ulteriormente la loro capacità d´innovazione, le altre verrebbero penalizzate».
<B>L´Italia, terra di confine tra l´eccezione e la regola
Gli esempi virtuosi sono numerosi, ma quasi sempre merito delle amministrazioni locali
Valerio Gualerzi </B>
Pecore al posto dei giardinieri per brucare l´erba e tenerla bassa attorno ai pannelli solari, evitando che sterpi e ortica facciano ombra. Quella che si presenta al visitatore nella centrale Enel di Serre Persano, uno degli impianti per l´energia fotovoltaica più grandi d´Italia, è un´immagine bucolica che può far sorridere, ma è soprattutto la fotografia di come il solare nel nostro paese viva ancora in una dimensione pionieristica. Parlando di fonti alternative, il valore maggiormente utilizzato è quello del Ktep, ovvero il numero di barili di petrolio risparmiati per produrre uno stesso equivalente di energia. Nel 2004, secondo quanto certificato dall´ultimo "Rapporto energia e ambiente" dell´Enea, il solare fotovoltaico ha contributo al bilancio energetico nazionale per appena 6 Ktep e il solare termico (quello utilizzato esclusivamente per la produzione di acqua calda) per 18. Cifre che fanno arrossire se si pensa ai 3.300 Ktep della voce "legna ed assimilabili". Appena meglio vanno le cose nell´eolico, dove nello stesso anno l´Italia era ferma a una potenza di circa 1000 megawatt, pari a 406 Ktep annui.
Ragionando in termini percentuali, escludendoidroelettrico e inceneritori, Legambiente denuncia come, «sul totale dei consumi energetici nazionali la quota proveniente da rinnovabili è passata dal 4,2 per cento del 1990 al 4,5 del 2003». Incrementi risibili, ma qualcosa per fortuna si sta muovendo, soprattutto nell´eolico. Meno di un mese fa l´Enel ha inaugurato in Sardegna il più grande parco d´Italia, per una potenza complessiva di 54 megawatt e ha annunciato da qui al 2012 investimenti per duecento milioni di euro. La strada per avvicinarsi ai 16.000 megawatt della Germania, agli 8.000 della Spagna e ai 3.000 della Danimarca, resta comunque lunga.
Parlare di fonti rinnovabili in Italia molto spesso significa infatti parlare di piccoli esempi virtuosi in un panorama di generale miopia. In questo contesto si inserisce la storia dell´impianto di Serre Persano. Non distante dalla zona archeologica di Paestum, su una superficie vasta più o meno come nove campi da calcio, sorge questo impianto solare in grado di produrre circa 4 milioni di kW/h l´anno, sufficienti a coprire il fabbisogno di 1.800 famiglie. Mantenerlo in vita richiede uno sforzo enorme, anche di fantasia, per contenere i costi. Da qui la bizzarra scelta di ingaggiare le pecore per tenere il prato rasato e di affidare la manutenzione a un gruppo di pensionati Enel. Le tecnologie per trasformare i raggi di sole in energia elettrica sono effettivamente ancora troppo care per pensare a delle megacentrali, ma il discorso è diverso se si ragiona in termini di piccoli impianti. Integrare la potenza dell´impianto elettrico di un ufficio pubblico o di una scuola montando sul tetto dei pannelli è un investimento ammortizzabile in pochi anni, soprattutto se sostenuto da incentivi statali.
Purtroppo l´iniziativa in questo campo è lasciata quasi sempre alla sensibilità e alla lungimiranza delle amministrazioni locali. Così la mappa della diffusione del micro-solare in Italia rispecchia quello del flusso del denaro anziché quello dell´esposizione alla luce e in testa alla graduatoria troviamo il Trentino Alto Adige piuttosto che la Sicilia. Il comune dove il solare termico è maggiormente sfruttato, certifica l´ultimo studio di Legambiente, è Bolzano, con quasi 5 mila metri quadrati di pannelli, seguito da Trento, con 4.300.
Come per l´eolico, anche qui si intravede però qualche timido segnale di un futuro diverso. Dal settembre 2005 è entrato in vigore in Italia il finanziamento in conto energia. Si tratta di una normativa che nel recepire le indicazioni comunitarie riduce drasticamente i regolamenti burocratici per installare i pannelli solari e permette a chi dota il proprio edificio di un impianto fotovoltaico di vendere all´Enel l´energia prodotta a un prezzo di circa due volte e mezzo superiore a quello di mercato. L´esempio virtuoso del finanziamento in conto energia arriva dalla Germania, dove ha trasformato il freddo paese nordico in una nazione all´avanguardia nello sfruttamento del solare. L´altro modello che l´Italia spera di imitare con successo è invece quello della Spagna. A Barcellona, grazie all´Ordenanza Solar, che obbliga l´installazione di pannelli solari termici in tutti i nuovi edifici, nel giro di tre anni si è passati da 1.650 mq di pannelli installati a 26.181 mq., con una media di 16,39 mq ogni 1.000 abitanti. Un provvedimento che ha permesso di realizzare una innovazione energetica, edilizia e ambientale straordinaria. Il processo si è infatti esteso a tutto il paese, coinvolgendo le principali città, da Madrid a Valencia, da Siviglia a Granada.
<B>L´intervista
Il clima surriscalda il motore
Parla Giampiero Maracchi, direttore dell´Istituto di biometeorologia del Cnr di Firenze
Antonio Cianciullo </B>
«Ce la ricordiamo tutti l´estate del 2003. Come potremmo dimenticarla? È stata un incubo. Il caldo che era arrivato in primavera e non dava pace. La gente che cercava un momento di tregua e non lo trovava. I ricoveri ospedalieri aumentati del 60 per cento. Ebbene, secondo le proiezioni, un´estate del genere sarà normale nel 2040 e verrà considerata fresca nel 2060. Questo è il tipo di clima a cui stiamo andando incontro». Giampiero Maracchi, direttore dell´Ibimet (l´Istituto di biometeorologia del Cnr di Firenze) è un ricercatore abituato a misurare sul campo gli effetti dei cambiamenti climatici già in atto, usando come indicatori alcune specie di piante e di animali. E, di fronte all´ipotesi di un salto di temperatura così radicale, non nasconde la preoccupazione.
Eppure, in Italia, le estati successive a quelle del 2003 non sono state così drammatiche.
«Dice bene, in Italia. Purtroppo a livello globale la serie di record che trainano la corsa verso il caldo non si arresta. È un trend ricavato dalla somma di momenti di pausa per pochi e di una pressione crescente per molti».
Si dice spesso che la macchina del clima sta cambiando. Quali sono i meccanismi che si modificano?
«Il clima può essere descritto come un sistema alimentato da una caldaia, che si trova ai tropici, e servito da una rete di distribuzione del calore, che si regge su alcuni snodi. Ora questo meccanismo sta subendo due modifiche importanti. La prima è che il ritmo di funzionamento della caldaia cresce per via della crescita dell´effetto serra. La seconda è che alcuni incroci critici delle autostrade che distribuiscono il calore si stanno modificando».
Quali sono questi incroci a rischio?
«Un punto chiave è la cosiddetta "cella di Hadley", una delle tre grandi celle della circolazione atmosferica. Tradizionalmente influenzava il Nord Africa, nel 2003 si è estesa su buona parte dell´Europa e questo fatto ha completamente stravolto la nostra estate».
Cioè è arrivata aria carica di calore.
«Esattamente. Nel quadro che ci era familiare l´anticiclone delle Azzorre si estendeva fino all´Italia creando una situazione sostanzialmente statica, di alta pressione. Man mano che l´estate si avvicinava il calore aumentava per effetto del maggior impatto dei raggi solari. A partire dall´inizio di questo decennio il quadro comincia a cambiare: la spinta dell´aria calda sub sahariana arriva direttamente sul Mediterraneo e questo crea una seconda fonte di calore che si aggiunge alla maggiore incidenza della radiazione solare diretta».
Questa modifica della circolazione atmosferica spiega perché il peso dell´estate sta crescendo sul bacino mediterraneo. Ma contemporaneamente ci sono altri segnali allarmanti: ad esempio l´aumento di piogge estremamente violente che spezzano la calura provocando frane e alluvioni.
«È un altro aspetto dello stesso fenomeno. Abbiamo visto come l´anticiclone delle Azzorre abbia cambiato la sua conformazione tipica partendo dalla sua base atlantica per allungarsi verso l´Europa del Nord. Così le perturbazioni che nascono in Canada scivolano su questa striscia di alta pressione fino a incontrare le masse di aria calda che arrivano in Italia direttamente dal Nord Africa. Il risultato sono episodi devastanti come quello che si è verificato nelle settimane scorse in Calabria. Naturalmente fatti del genere sono sempre accaduti, ma ora la loro frequenza è sensibilmente cresciuta».
L´autunno resta però il momento in cui il rischio alluvioni è più forte.
«Anche l´autunno è una stagione che sta subendo cambiamenti consistenti. Tanto per cominciare ormai si prolunga fino a dicembre facendo coincidere l´inverno meteorologico con quello astronomico. Poi c´è più energia in circolazione perché la superficie del suolo è più calda e dunque si registrano precipitazioni tre volte più intense rispetto al passato: dai 40 millimetri che erano da considerarsi normali in qualche ora di pioggia agli 80-150 millimetri attuali. È un quadro climatico in cui tutta l´Italia si trova esposta e in particolare zone come il Piemonte, la Garfagnana, la Versilia, la Calabria, la Campania, il Friuli».
Autunni alluvionali e inverni più asciutti.
«Ed è questo che determina il problema siccità, che convive con le inondazioni. Le piogge che arrivano con il caldo evaporano presto e tra l´altro, a causa della crescente impermeabilizzazione del terreno, scivolano sempre più rapidamente in mare. Le falde idriche si ricaricano soprattutto d´inverno e se d´inverno non piove…»
Quali sono gli effetti del nuovo clima sulle piante?
«Il cambiamento è netto. Prendiamo la bouganvillee, una pianta che viene dai tropici dove fiorisce tutto l´anno. Adesso anche in Italia il suo comportamento tende a uniformarsi allo standard tropicale: fiorisce anche a novembre. E la mimosa fiorisce con quasi due mesi di anticipo, a metà gennaio. Mentre per le colture l´effetto più evidente è sui prodotti che richiedono molta acqua, come il granturco: irrigare diventa sempre più difficile e costoso».
E per quanto riguarda gli animali?
«Il calendario dei migratori è completamente sfasato: passano più tardi in autunno e alcuni si fermano in primavera senza proseguire la rotta verso Sud. Due casi per tutti. Il proverbio "San Benedetto, una rondine sotto il tetto" ci ricorda che l´arrivo classico delle rondini coincideva con la festa del santo, il 21 marzo: nel 2004 e nel 2005 sono arrivate a febbraio. E per lo storno Roma era considerata il limite nord della sua area di permanenza invernale: adesso gli storni sono stanziali sul lago di Ginevra».
<B>Martini: "L´energia è una risorsa
L´iniziativa
Simona Poli </B>
Firenze - L´inventore della formula San Rossore è il diessino Claudio Martini, da sette anni presidente della Toscana, che ogni anno organizza un incontro sui grandi temi della globalizzazione per mettere a confronto idee e riflessioni delle istituzioni e dei movimenti. Il meeting è arrivato alla sua sesta edizione: il 20 e 21 luglio nel parco dell´ex tenuta del Quirinale vicino a Pisa si parlerà di energia.
Perché un meeting sull´energia, presidente Martini?
«È un tema che sta diventando strategico a livello internazionale. Ed è una delle questioni più dibattute dalle categorie economiche, tra gli ambientalisti e nel mondo sindacale. In Toscana stiamo lavorando al nuovo piano energetico regionale che sarà presentato alla fine dell´anno e San Rossore sarà una sede preziosa per raccogliere suggerimenti e contributi. L´energia non va più intesa come un servizio ma sta diventando essa stessa una risorsa di crescita e ricchezza. Sfruttarla bene rappresenta un salto di qualità».
Ci sono molte polemiche anche in Toscana riguardo alla costruzione dei termovalorizzatori, Beppe Grillo sta girando l´Italia con la sua campagna anti inceneritori e la gente lo ascolta. Che vi direte quando verrà a San Rossore?
«Penso che tra la Regione Toscana e Grillo ci siano reciproco rispetto e volontà di dialogare. Su molti temi di energia alternativa siamo in sintonia, su altri le distanze saltano agli occhi. Contro gli inceneritori Grillo fa una battaglia di principio a cui ovviamente non possiamo partecipare. Noi diciamo sì alla riduzione dei rifiuti, alla raccolta differenziata e al riciclaggio ma diciamo no alla proliferazione delle discariche».
La Toscana ha fatto una legge che impone l´installazione dei pannelli solari in tutte le nuove costruzioni e nelle ristrutturazioni di edifici. Sta funzionando?
«La legge è recente e dobbiamo monitorarne l´andamento ma vedo che l´innovazione è stata capita e apprezzata, molte famiglie sono disponibili a utilizzare i pannelli anche se il costo rimane ancora abbastanza elevato. Sarebbe molto utile una sponda nazionale ed europea in questo settore, servirebbe a dare maggiore credibilità all´iniziativa».
Sviluppare le fonti di energia rinnovabile significa anche sganciarsi dalla dipendenza dal petrolio. Tra quanto tempo, realisticamente?
«La progressiva fuoriuscita dal petrolio è già iniziata, in Toscana puntiamo a produrre il 50 per cento di energia rinnovabile nel 2012. A San Rossore Jeremy Rifkin parlerà di idrogeno pulito e sarà interessante ascoltarlo. È un processo in corso, il futuro è già oggi».
<B>Energia Geotermica</B>
Con 500 pozzi, 31 centrali di produzione, per una potenza complessiva di circa 710 Mw, la geotermia toscana rappresenta una delle maggiori realtà produttive a livello mondiale che consente di coprire il 25 per cento del fabbisogno di energia elettrica della regione. Oltre 1.000 persone sono coinvolte nel processo di produzione che non riguarda la sola energia elettrica ma anche la fornitura di calore per usi industriali e civili tanto che oltre 285 miliardi di chilo-calorie provengono dalla geotermia. Una risorsa energetica che consente ogni anno di evitare l´emissione di circa 3 milioni e mezzo di tonnellate di anidride carbonica e l´importazione di oltre un milione di tonnellate di petrolio. La regione Toscana, i comuni che hanno pozzi nel loro territorio e il Cosvig (consorzio per lo sviluppo delle aree geotermiche) hanno stretto un accordo per la realizzazione del distretto delle energie rinnovabili. Sono previsti investimenti per circa 23 milioni di euro per incentivare la produzione e l´uso delle fonti rinnovabili: geotermia, biomasse ed eolico. Tra gli interventi previsti, la realizzazione di 2 impianti eolici a Monterotondo e Montecatini e 2 impianti di teleriscaldamento a Castelnuovo e Casole d´Elsa.
<B>Soluzioni Innovative </B>
Sarà il primo ospedale bioclimatico d´Italia
il nuovo pediatrico Meyer di Firenze, in costruzione dentro al complesso di Careggi. Il Meyer è realizzato seguendo parametri che permettono alla struttura di contenere le emissioni atmosferiche, proteggere l´interno dal surriscaldamento estivo e limitare l´uso dei condizionatori, assicurare ventilazione e qualità dell´aria, sfruttare al meglio la luce naturale. Tra le soluzioni innovative introdotte il tetto ventilato, gli infissi con ombreggiamento, le griglie per favorire la naturale ventilazione notturna in estate, l´utilizzo di sistemi tecnologici per la regolazione della luce artificiale interna. Con questo progetto è previsto un risparmio energetico del 45 per cento sui consumi totali: il 50 per cento in meno di energia per il riscaldamento, il 75 per il raffreddamento, circa l´80 per i consumi elettrici. I costi aggiuntivi saranno recuperati nell´arco di 11 anni. L´intervento bioclimatico è coordinato dal Centro interuniversitario Abita dell´Università di Firenze in collaborazione con l´Azienda Ospedaliero-Universitaria Meyer, lo studio Cspe, che ha progettato tutta l´opera e lo studio Cmz per l´impiantistica.
<B>Solare</B>
È Bolzano la città che vanta in Italia la più alta diffusione di pannelli solari termici, sia in assoluto che in rapporto alla popolazione (4.722 metri quadrati totali e una media di 50 metri quadrati ogni 1.000 abitanti). Solo nelle due province autonome di Trento e Bolzano, infatti, si trovano metà delle installazioni solari termiche presenti in tutto il parse. Ma la maggiore diffusione delle rinnovabili in Trentino Alto Adige trova una spiegazione nelle politiche di incentivazione portate avanti dalle due province autonome. In particolare, la provincia di Trento prevede contributi pari al 35 per cento del costo totale dell´impianto per il solare termico per i privati (50 per cento per i Comuni ritenuti svantaggiati, che sono circa 30 in tutta la provincia) e tra l´80 e il 90 per cento per gli enti pubblici. Per gli impianti fotovoltaici, invece, il contributo è pari al 70 per cento del costo dell´impianto. Sovvenzioni simili esistono anche in Alto Adige, dove una legge provinciale del ´93 prevede contributi a fondo perduto per il solare termico pari al 30 per cento della spesa. E se dalle città passiamo ai comuni più piccoli
è Selva di Val Gardena, sempre in provincia di Bolzano, la regina indiscussa del solare termico.