Dissociazione molecolare?
"La dissociazione molecolare dei rifiuti trasforma gli scarti in gas. In Islanda la usano in piccoli impianti e funziona. I Verdi chiedono di usarla anche in Italia. I paletti degli esperti: difficilmente può essere elevata a sistema nelle metropoli" da EcosportelloNews
17 October, 2006
di Francesco Nicoletti
Gli inceneritori sono ormai al tramonto. Ne è convinto il responsabile per l'innovazione e l'energia dei Verdi Fabio Roggiolani, consigliere regionale in Toscana, da quando insieme a una delegazione di esperti, tecnici, imprenditori e giornalisti ha visitato in Islanda, e precisamente a Husavik, un piccolo impianto che smaltisce i rifiuti di una comunità di poche migliaia di abitanti trasformandoli in gas, che a sua volta può essere utilizzato come combustibile per produrre energia.
Secondo Roggiolani è una tecnologia inedita. L'ha ribattezzata "dissociazione molecolare", e la considera la soluzione del futuro perché è "meno invasiva sul territorio, più economica e, soprattutto, meno inquinante". Anzi: "Non inquina affatto".
Com'è possibile? Il segreto sarebbe la bassa temperatura dell'impianto e la quasi totale assenza di ossigeno. "In questo modo le ceneri diminuiscono dal 30 al 3 per cento della massa trattata, - ha spiegato Roggiolani - poiché l'impianto in realtà non incenerisce i rifiuti". Ed è questa la novità. "Rispetto ai normali inceneritori, l'emissione di polveri sottili e nanopolveri è ridotta di oltre 100 volte, mentre quella delle sostanze inquinanti è ridotta a meno della metà se non di un terzo, i metalli pesanti di 20/50 volte, e la produzione di diossine e furani è inferiore ai livelli misurabili". Ma non basta: il recupero di energia sarebbe pari "a oltre il 30 per cento in più rispetto ai vecchi impianti", e il gas ottenuto "può essere utilizzato anche per produrre idrogeno".
Una scoperta entusiasmante, tanto che appena tornato dal viaggio Roggiolani ha presentato in Senato per il partito dei Verdi una proposta che metta all'ordine del giorno l'introduzione della "dissociazione molecolare" nel nostro Paese. E nel frattempo lo stop ad altri progetti di inceneritori e un'accelerazione sulla raccolta differenziata "porta a porta".
Pregi e difetti del dissociatore
Ma la "dissociazione molecolare" che dovrebbe mandare in soffitta i vecchi inceneritori è davvero così rivoluzionaria? Sul sito www.greenreport.it c'è stato un articolato dibattito, con interventi a favore e precisazioni di esperti. Ecosportello News con questo speciale ha cercato di riepilogare sentendo altre voci.
A Pasquale De Stefanis, esperto di termovalorizzatori in forza all'Enea, "sembra un po' azzardato presentare la dissociazione molecolare come una rivoluzione".Cos'è allora? "In pratica, è un processo di gassificazione, condotta nel caso dell'impianto di Husavik in condizioni molto blande e in carenza d'ossigeno. Ma si tratta di una tecnologia ormai nota da decenni, e presentarla addirittura come la fine dell'"età del fuoco", mi sembra un po' una forzatura".
"Dissociazione molecolare", in effetti, si ha quando molecole complesse si scompongono in molecole più semplici come ossido di carbonio, idrogeno e metano, che possono essere scisse a loro volta attraverso un processo di ossidazione che libera l'energia imprigionata nei legami e produce Co2 e H2O (anidride carbonica e acqua) e altri composti. Può avvenire, ad esempio, tramite la digestione anaerobica dei batteri per trattare le biomasse, per via chimica oppure per via termochimica (combustione, gassificazione, pirolisi). A quest'ultima categoria appartiene il processo utilizzato nell'impianto visitato in Islanda. Può essere per questo considerato un'alternativa all'incenerimento?
"È un trattamento termico a tutti gli effetti - spiega De Stefanis - con produzione di gas di sintesi ed emissione di fumi, in questo caso se vogliamo un po' meno carichi di polveri e di metalli, che poi dovranno comunque essere depurati o portati in discarica".
Dov'è allora la novità? "Ripeto - insiste De Stefanis - non mi sembra sia stato detto niente di eclatante. Si parla di una tecnologia vecchia di anni. Il gas prodotto, o syngas, prima di essere utilizzato per produrre energia deve essere separato da polveri e particelle metalliche che si formano durante il processo. La loro concentrazione varia dal tipo di rifiuti che vengono utilizzati. Ma è importante anche la quantità. Quello della gassificazione è un processo che funziona solo per impianti di piccola taglia, proprio come quello islandese".
Il sistema può essere importato in Italia? "Certo, non è detto che il trattamento sia da scartare a priori. Presso il Centro Enea di Rotondella (Matera) stiamo sviluppando una tecnologia basata su un processo simile, la pirolisi. Ma dubito che anche questo possa funzionare senza un sistema integrato di gestione di rifiuti che preveda anche altri strumenti".
Anche Stefano Ciafani, Responsabile scientifico di Legambiente è dello stesso avviso: "Sostenere che una tecnologia del genere può sostituire da subito quella dell'incenerimento sembra francamente velleitario. - spiega - Stiamo parlando di un impianto dalle dimensioni piuttosto limitate, che gassifica alcune decine di tonnellate di rifiuti al giorno, l'equivalente del quantitativo trasportato da pochi autocompattatori, una quantità risibile rispetto ai quantitativi prodotti nelle nostre città, a meno che non si vogliano localizzare un numero consistente di impianti sul territorio". E aggiunge: "Va poi valutato con che tipo di rifiuti (urbani tal quali o pretrattati, speciali, pericolosi o non) questi impianti funzionano al meglio e con quali emissioni".
Sulla portata rivoluzionaria della dissociazione molecolare frena anche Walter Ganapini, membro onorario del Comitato Scientifico dell'Agenzia europea per l'ambiente ed ex presidente dell'ANPA, oggi presidente di Greenpeace Italia: "Il tema dell'incenerimento dei rifiuti è troppo delicato per essere trattato con proclami sensazionalistici. Mai come in questo momento, all'annuncio di una presunta novità deve corrispondere un processo reale e verificato, per evitare bufale clamorose".
Ben vengano le tecnologie utili ma...
Su questo punto Ciafani è categorico: "Ne abbiamo sentiti fin troppi. C'è chi propone la torcia al plasma, chi i gassificatori, chi gli impianti di pirolisi. Ce n'è per tutti i gusti. Ognuno ha la sua ricetta per recuperare energia dai rifiuti, snocciolando i tanti pregi delle nuove tecnologie rispetto a quella definita obsoleta e inquinante dell'incenerimento". Ben venga, dunque, la dissociazione molecolare, come le altre tecnologie, "ma non deve essere propagandata come la soluzione di tutti i mali".
Per Ciafani resta intanto prioritario "puntare sulla riduzione dei rifiuti" e potenziare "le raccolte differenziate domiciliari" prendendo a modello le sinergie nate tra amministratori, imprese e cittadini nei Comuni ricicloni, premiati ogni anno da Legambiente, "che sottraggono materia prima ai forni".
Non solo: "Occorre convincere il Parlamento italiano a modificare una volta per tutte a ripensare il sistema di incentivi che favorisce l'incenerimento dei rifiuti non biodegradabili, gli stessi che la direttiva europea sulle rinnovabili prevede solo per le fonti pulite". Una svolta che potrebbe presto concretizzarsi se sarà approvata al Senato la Comunitaria 2006 (la commissione ambiente di Palazzo Madama ha già dato il suo ok, vedi En 110) con le modifiche alla normativa italiana su questo punto richieste da Bruxelles.
Tornando alla dissociazione molecolare, "va sperimentata senza ideologie preconcette, - sottolinea il responsabile scientifico di Legambiente - al pari, del resto, delle altre tecnologie, per capire se questi sistemi di smaltimento, non ancora maturi a livello industriale, potranno avere tra qualche anno un mercato e per quali tipologie di rifiuto".
"A volte non è nemmeno necessario andarli a cercare all'estero. All'Italia non mancano casi d'eccellenza in questo settore", dice Ganapini.
Ad esempio? "Basti pensare a cosa sta facendo l'Itea Spa di Bologna a Gioia del Colle (Bari), che sta sviluppando un tipo di dissociazione molecolare applicata ai rifiuti speciali, ma che al contrario dell'impianto islandese utilizza l'irraggiamento dei rifiuti a una temperatura elevata ed uniforme in un reattore saturo di ossigeno".
La società che lo sta sperimentando fa parte del gruppo Sofinter, ed è un progetto avviato con l'Enea nel 2002. "Le condizioni all'interno del reattore - spiega Grazia Di Salvia dell'Itea - sviluppano una combustione omogenea, "senza fiamma", che ostacola la formazione delle polveri sottili, mentre le scorie (metalli e ceneri pesanti) vengono trasformate in perle vetrificate a matrice silicea".
Il piccolo impianto, grande quanto un'area di rigore, "è ancora in fase sperimentale, ma ha già ottenuto un risultato molto importante: le analisi sulle emissioni condotte dall'Università Federico II e del Cnr di Napoli hanno riscontrato una quantità minima di particolato".
Un'altra variante della gassificazione, detta a letto fluido, vede invece coinvolti il Conai (Consorzio Nazionale Imballaggi) e l'Amra Scarl e prevede l'avvio di un'unità-pilota a Caserta per un progetto triennale. L'impianto lavorerà la parte secca dei rifiuti, come le plastiche e gli scarti della raccolta differenziata, cioè quelle che non possono essere avviate a riciclo, per produrre gas di sintesi da utilizzare come combustibile nelle centrali elettriche o negli impianti di teleriscaldamento.