Pm10, fermare le auto non serve
Drago: «Basta risposte emotive. Servono interventi radicali» - da L'Arena del 26.10.2006
27 October, 2006
<B>L’Arpav del Veneto divulga le rilevazioni fatte nel primo semestre e lancia un messaggio ai sindaci
di Paola Colaprisco</B>
«La situazione generale non è da allarme rosso, ma il problema delle polveri nell’aria esiste. Un problema che non va vissuto con ansia, con risposte estemporanee dettate dall’emotività che non sortiscono alcun effetto, ma con razionalità, progettando interventi strutturali e infrastrutturali radicali».
Andrea Drago, direttore generale dell’Arpav (Agenzia regionale per la prevenzione e la protezione ambientale del Veneto), ha convocato i giornalisti nell’osservatorio di Teolo, nel cuore dei colli Euganei ammantati dai colori dell’autunno, per divulgare l’analisi e la valutazione della qualità dell’aria nella nostra regione effetuate in base ai parametri rilevati nel primo semestre nelle centraline controllate dall’Arpav. Segnatamente quelli del particolato atmosferico Pm10 e Pm2,5 e gli idrocarburi policiclici aromatici in esso contenuti.
«I dati dei primi sei mesi dell’anno», riassume il direttore Drago, «confermano un andamento consolidato che pone tutti noi - e i politici in particolare - di fronte alla necessità di adottare misure costose e permanenti. L’inquinamento atmosferico riguarda il Veneto, ma in generale l’intera pianura Padana. Solo salendo oltre i 300 metri di altitudine, dove l’azione dei venti si fa sentire, le polveri diminuiscono e l’aria è più respirabile. A nostro sfavore, poi, gioca il fatto che le normative europee sull’inquinamento atmosferico hanno come punto di riferimento le vaste e ventilate pianure del nord Europa, per cui la nostra regione, poco ventosa, risulta sempre fuori legge».
«La provincia veronese più di altre», chiarisce Alessandro Benassi, responsabile dell’Osservatorio Aria dell’Arpav, «paga condizioni meteoclimatiche che favoriscono la permanenza nell’aria delle polveri. La causa? I monti che l’abbracciano a nord e la mancanza di venti significativi: l’aria ristagna e con essa le polveri».
«I nuovi limiti proposti dalla Commissione Europea», incalza Drago, «che abbassano ulteriormente il livello delle Pm10 e introducono parametri di rispetto anche per le polveri più sottili, quelle Pm2,5 di cui Arpav fa il monitoraggio da due anni, ci metteranno ancor più in difficoltà. L’inquinamento dell’aria è destinato al peggioramento nel prossimo futuro, in assenza di provvedimenti incisivi e tempestivi».
Molti sindaci, in questo senso, hanno già messo in cantiere una serie di provvedimenti restrittivi, con l’obiettivo di ridurre la concentrazione di polveri. Il direttore dell’Arpav è perentorio: «Come dimostra la recente esperienza di Vicenza, chiudere la città per quattro giorni consecutivi non serve. Si abbassa il valore del benzene, ma quello delle polveri sottili - che più ci preoccupa - non subisce variazioni».
Quindi, cosa occorre mettere in campo? «Come prevede il Piano regionale di risanamento dell’atmosfera», risponde Drago, «servono interventi strutturali, ma sono inevitabili cambiamenti del comportamento individuale. Suggerimenti? Rottamare lo scooter a due tempi, in primis, che inquina più di un diesel. Acquistare veicoli alimentati a metano, riscaldare la casa con i pannelli solari e perseguire con ogni strumento il risparmio energetico. I Comuni, da parte loro, devono proibire l’accesso in città ai mezzi diesel, riconvertire tutti i mezzi pubblici a metano e fermare le automobili non catalizzate. Ma agire a livello comunale non serve, se nella città accanto tutto è permesso. Bisogna cominciare a ragionare in termini di area più vasta».
Legambiente che riferisce di «città assediate da traffico e smog». Una ricerca dell’Oms (Organizzazione mondiale della Sanità) che attribuisce il 9% della mortalità in Italia a cause dirette e indirette dell’inquinamento atmosferico. Gli esperti dell’Arpav che non vogliono sentir parlare di allarme. A chi credere? Andrea Drago, direttore generale dell’Arpav, chiarisce: «Nessun intento polemico con Legambiente, con cui peraltro c ollaboriamo da tempo, ma personalmente nutro qualche perplessità su come è stata elaborata la classifica ambientale. La posizione delle centraline è diversa in ogni città, è come si si fossero confrontate le mele con le pere».
Condivide appieno Attilio Tacconi, responsabile Arpav di Verona: «Legambiente ha assemblato dati che vanno interpretati, i dati sono estremamenti sensibili e legati a molti fattori».
Per Verona quali sono allora i dati più attendibili? Quelli rilevati dalla centralina di Cason e da quella di corso Milano? Risponde Tacconi: «Il problema èsiste, tanto è vero che stiamo considerando l’ipotesi di spostare le centraline. Per fare un tentativo, ne abbiamo posizionata una nel quartiere Saval: ebbene, i valori di Pm10 sono simili a quelli di Cason. Mi sento comunque di rassicurare i veronesi: qui non si sta peggio che in altre città. E il fatto che nel Veneto siamo i più longevi vorrà pur dire qualcosa».