Tra le biciclette e i pedoni un´inutile guerra dei poveri
da La Repubblica del 23.05.2007
23 May, 2007
<B>Paolo Garimberti</b>
Nella guerra dei poveri tra pedoni e ciclisti in una città che non è a misura d´uomo - dunque né per gli uni, né per gli altri - adesso dovrebbero arrivare i caschi blu del Comune, cioè i vigili. Per difendere i più deboli, o i più vistosamente indifesi, cioè i pedoni. Anche se in realtà - dal punto di vista della biomeccanica - il ciclista è molto più vulnerabile proprio perché non si regge sui propri piedi, ma su due ruote, assai meno controllabili. Ma queste sono sottigliezze che non apportano granché a un dibattito già avvelenato, come mi capitava di constatare proprio venerdì scorso rispondendo a una lettrice. D´altra parte, quando si ha poco da mangiare ci si strappa il pane di bocca l´un l´altro, ci si calpesta per prendere le razioni che piovono giù dagli elicotteri. Tanto per restare nella metafora della guerra. Pedoni e ciclisti sono in questa situazione: si strappano quel poco che hanno, cioè il marciapiede. Che come dice la parola stessa è destinato ai piedi, non alle ruote. Lo ha scritto Eugenio Galli, presidente di Ciclobby, nella sua nota piena di buonsenso a commento della circolare del vice comandante dei vigili che sanziona con 36 euro di multa chi va in bici sul marciapiede. Io non mi straccio le vesti per l´indignazione, come fanno alcuni duri e puri della sacralità delle due ruote. I ciclisti non hanno alcun diritto all´impunità, neppure le mamme con bambino su apposito seggiolino, che però sfrecciano sui marciapiede come se stessero correndo il Giro d´Italia (quindi non difendono se stesse e i loro pupi dalle insidie del traffico, sono soltanto maleducate e/o arroganti, come ho già scritto troppe volte). Dal mio punto di vista, ben vengano dunque i caschi blu non per mantenere la pace che non c´è, ma per imporla (la non piccola differenza tra peace keeping e peace enforcement, che spesso viene trascurata). Anche con mezzi autoritari e pesanti, come i 36 euro di multa. Però chi ha creato questa situazione di esasperazione dei pedoni contro i ciclisti non può fare il Ponzio Pilato in questa squallida maniera.
Dovrebbe fare un bell´esame di coscienza, possibilmente pubblico, e riconoscere di aver mentito sulla rete delle ciclabili: sulla quantità e sulla qualità. Un altro bell´esame di coscienza per non aver mai, ripeto mai, fatto un progetto di recupero urbanistico (ce ne siamo occupati in queste pagine proprio di recente) che contempli piste dedicate o condivisione degli spazi pedonali per i ciclisti, come accade nelle capitali più civili d´Europa e come è previsto perfino dal codice stradale. Insomma, per aver reso invivibile una città che avrebbe tutto per essere molto vivibile: per pedoni, ciclisti e anche motoristi. Se non lo è, la colpa è di chi la amministra male. Per fortuna i vigili sembrano più saggi e meno muscolari di coloro che, risalendo per i rami gerarchici, li comandano, cioè gli amministratori: hanno detto che ci vuole buonsenso e così si comporteranno per le multe ai ciclisti. Giù il cappello, anzi il casco (da ciclista) ai buoni, vecchi ghisa.
Mi permetto, da vecchio maratoneta, di dedicare un post scriptum al parlamentare di Forza Italia Maurizio Lupi, il quale ha dichiarato che quando si allena per la maratona deve fare 30 chilometri al giorno e allenarsi sul marciapiede è pericoloso per il rischio di collisione con i ciclisti (si allena più di Stefano Baldini, complimenti onorevole: che tempo pensa di fare a Pechino?). Per dargli un suggerimento: siccome trenta chilometri è esattamente la lunghezza della rete di piste ciclabili milanesi, a differenza di quello che sosteneva l´assessore Croci, perché l´onorevole Lupi non va ad allenarsi sulle ciclabili? Avrebbe perfino un percorso misurato: 29,1 chilometri per l´esattezza.