Ingorgo Italia
Troppe auto, pochi mezzi pubblici. L´Eurobarometro fotografa il nostro traffico in tilt. Con l´aria che diventa irrespirabile - da LaRepubblica del 03.12.2007
03 December, 2007
<b>Ettore Livini</b>
Le micidiali polveri sottili, i centri urbani chiusi e i cartellini rossi esposti in molte città per fermare i mezzi più inquinanti non sono riusciti ancora nel miracolo di cambiare le abitudini degli italiani: il Belpaese infatti ha conquistato nell´ultima edizione dell´Eurobarometro (la summa annuale delle statistiche Ue) il poco invidiabile primato di paradiso delle quattroruote. Le cifre parlano chiaro: tra i big del Vecchio continente, siamo i più compulsivi utilizzatori dell´auto. Ogni cittadino italiano macina in media al volante 12.282 chilometro l´anno, un migliaio di meno dei lussemburghesi ma molto di più degli inglesi (11.672) e dei tedeschi (10.349). Un amore viscerale - quello per i motori - che sommato ai guai di bus, tram e metro di casa nostra ci ha regalato pure l´Oscar continentale per la diffidenza verso il mezzo pubblico: il 72% dei nostri connazionali - secondo il ponderosissimo studio statistico di Bruxelles - sosteneva nel 2005 «di non essere incoraggiato a utilizzare meno la sua auto dall´offerta di servizi alternativi». Un valore che ci colloca lontanissimi dalla media Ue (58%) e a distanza siderale da paesi come Germania, Spagna, Danimarca e Austria dove più della metà delle persone ammette di avere buone ragioni - leggi mezzi pubblici adeguati - per lasciare la macchina in garage durante la settimana.
L´Italia insomma - e forse non servivano i dati dell´Eurobarometro per dimostrarlo - è ancora una Repubblica a misura auto. Rinunciarci è difficile. La media dei nostri tragitti singoli è bassissima anche rispetto al livello europea, circa 4 chilometri. Segno che la utilizziamo anche quando forse non è necessario. Magari per andare a comprare il pane dietro l´angolo o per portare i bambini a scuola a poche centinaia di metri da casa.
Ma se la penisola è uno stivale dove le quattroruote (ce ne sono 670 ogni mille abitanti, una cifra inferiore a livello mondiale solo agli 800 degli Usa) spadroneggiano indisturbate dalle Alpi alla Sicilia è più per demeriti altrui che per convenienza effettiva.
Sul fronte delle infrastrutture viarie, ad esempio, non siamo messi molto meglio del resto del Vecchio continente. Ogni italiano "dispone" statisticamente di 110 metri di autostrada. Gli spagnoli ne hanno 240 metri a testa, i francesi 170. E solo in Gran Bretagna, in proporzione, stanno peggio di noi e non arrivano nemmeno all´ettometro. La nostra cronica idiosincrasia per i mezzi pubblici non è nemmeno una questione di soldi. Anzi, su questo fronte ci riteniamo a torto o a ragione tra i più fortunati del Vecchio continente: il livello di gradimento delle tariffe di tram, metro, treno e bus nel nostro paese è (su base 100) di un bel 82, voto che ci mette sopra a quasi tutte le altre nazioni.
Qual è allora la palla al piede dei mezzi pubblici, proprio nella settimana in cui gli scioperi hanno lasciato a piedi milioni di italiani? I numeri di Bruxelles aiutano a dare una chiave di lettura: il vero problema di tram e bus tricolori è quello della scarsa accessibilità. I cittadini del Belpaese (magari c´entra un po´ la nostra tradizionale pigrizia) ritengono inadeguata la struttura della rete. I mezzi sono pochi, le fermate troppo lontane da casa. Nella speciale classifica relativa a questa voce, non a caso, indossiamo una disonorevolissima maglia nera. Solo 69 italiani su 100 considerano i trasporti statali un network «di facile accesso», cifra che ci colloca in ultima posizione di una graduatoria guidata dalla Grecia (95), dove quasi tutti i nostri vicini continentali viaggiano ben sopra quota 80.
Le cose non vanno meglio se dal dato nazionale si passa a quello locale. Bruxelles ha provato a chiedere ai cittadini delle grandi capitali Ue quale fosse il grado di soddisfazione, in termini generali, del servizio di trasporto pubblico. E Roma - anche al netto del caos taxi degli ultimi giorni - non ne esce proprio benissimo, conquistando un disonorevole ultimo posto con solo 40 abitanti su 100 contenti della rete dei mezzi alternativi. A Vienna, Berlino, Parigi e Atene sono quasi il doppio.
L´Italia però si conferma anche nei dati della Ue un paese difficile da catalogare in gabbie socio-numeriche troppo strette. L´impopolarità dei mezzi di trasporto pubblici tricolori sancita senza possibilità d´appello dall´Eurobarometro non significa che vengano utilizzati. Anzi. È vero il contrario. Ci lamentiamo, borbottiamo, imprechiamo contro il disservizio. Ma alla fine riempiamo più dei nostri concittadini europei tram, bus e metropolitane. Per l´esattezza li usiamo per 6,4 chilometri al giorno a testa - calcola con precisione millimetrica la statistica comunitaria - distanza che ci mette di un pezzo sopra la media di 5,4 km. del Vecchio continente. Dato di per sé ugualmente buono visto che nel 1970 nella Ue eravamo fermi a 4,2 e solo una quindicina di anni fa abbiamo rotto la barriera dei cinque chilometri.
Sommando tutti i dati relativi ai trasporti via terra, gli italiani sono in assoluto i maggiori viaggiatori del vecchio continente con 41 km al giorno (di cui 34,2 in macchina) dopo il piccolo Lussemburgo (44) ma ben davanti a Gran Bretagna (36), Germania (33) e Spagna (27). Merito anche della scarsa popolarità in Italia dell´aereo. I guai della nostra compagnia di bandiera - in questo caso - c´entrano poco. Il Belpaese, più semplicemente, sta imparando a volare solo oggi. Nel 2006 oltre 120 milioni di italiani hanno superato il check in per imbarcarsi a bordo di un jet. Più del doppio di quelli che volavano dieci anni prima. Ma ancora molti meno delle altre nazioni più mature dal punto di vista aeronautico come la Gran Bretagna (230 milioni) e persino la Spagna (180) dove gli aeroporti di Londra e Madrid rischiano addirittura un collasso nei prossimi anni per l´eccessivo carico della domanda, troppo alta in diverse ore della giornata rispetto alla disponibilità di slot per i decolli e gli atterraggi.
L´ultima fotografia scattata dall´eurobarometro ai mezzi di trasporto pubblici europei è quella dei prezzi. Su questo fronte la deregulation, il balzo dei costi per i carburanti, le privatizzazioni e l´austerity di bilancio di molti paesi stanno gonfiando la spesa. L´aumento dal 2001 al 2005 è stato in media del 15%, qualche punto in più dell´inflazione. L´Italia, almeno in questo, brilla in positivo con un incremento percentuale dell´11,1%, generato da un +4,2% delle tariffe ferroviarie (valore balzato all´insù negli ultimi due anni), un +11% di tram, bus e metro e un +6% per i traghetti via mare.
Aumenti comunque elevati soprattutto a confronto di stipendi che - in particolare nel caso dei lavoratori dipendenti - tendono a muoversi verso l´alto con molte più difficoltà. Proprio una banale questione di soldi però - più del senso civico e della voglia di un mondo più pulito - potrebbe alla fine raffreddare l´antica passione degli italiani per le loro quattroruote. Il costo del pieno negli ultimi quattro anni è aumentato quasi del 60%. I nostri 12.282 chilometri l´anno costavano nel 2000 circa 785 euro. Oggi per fare la stessa distanza se ne spendono 1.325. E questo, forse, più che la paura delle polveri sottili o degli Ecopass vari, rischia di essere il vero asso nella manica per convincere gli italiani a lasciare la loro macchina in garage e salire, magari lamentandosi per la qualità del servizio e i ritardi, a bordo di tram, autobus e metropolitane.