Dobbiamo continuare a detassare la CO2 ?
Meno tasse sul lavoro, più tasse sull’inquinamento: regolare l’ambiente con strumenti di mercato (intervento di Duccio Bianchi)
22 February, 2008
<font size="1"><b><i>Duccio Bianchi</b>
direttore di Ambiente Italia</i></font>
Il tema della detassazione dei redditi da lavoro e da impresa sarà centrale in questa campagna elettorale e nella prossima azione di governo. Uno degli strumenti per reperire risorse idonee a sovvenzionare una forte detassazione è lo spostamento del carico fiscale dai redditi all’inquinamento. Ottenendo un doppio dividendo, come diceva Delors: meno tasse sul lavoro e meno inquinamento.
In Italia c’è lo spazio per farlo, come mostrano anche i dati presentati nel nuovo rapporto Ambiente Italia (edizioni ambiente, 2008). Basta vedere i numeri. Tra il 1997 e il 2006 il prelievo fiscale ambientale (energia, auto, rifiuti, acqua) di tutte le amministrazioni pubbliche è diminuito a prezzi costanti di oltre 6 miliardi di euro. Tra il 1995 e il 2005, sempre a prezzi costanti, la tassazione energetica su ogni tonnellata equivalente di petrolio consumata in Italia è diminuita del 24%. Mentre nel 1995 l’Italia era il paese europeo con la più alta tassazione energetica (come rapporto tra introti fiscali e tep di consumo finale), nel 2005 l’Italia ha una tassazione più leggera non solo della Danimarca, ma anche della Germania o della Gran Bretagna.
O, detto in altri termini, tra il 1995 e il 2005, per ogni tonnellata di CO2 emessa (dalla combustione di fonti energetiche) la tassazione (derivante dall’insieme dei tributi statali e locali sui consumi energetici) è passata da 78 € a 56 €. Ad ogni tonnellata di CO2 si è fatto uno sconto di più di 20 euro. Inconsapevolmente, mentre si varavano programmi di riduzione delle emissioni di gas serra, si è di fatto applicata una poderosa detassazione proprio su queste emissioni inquinanti.
E, contemporaneamente, si è affievolita anche la tassazione sugli autoveicoli che, sempre sull’arco del decennio, è passata in valori costanti da 136 a 121 euro per veicolo circolante.
Ricondurre l’entità del prelievo fiscale “ambientale” all’incidenza sul Pil di dieci anni fa, significherebbe generare oggi una entrata aggiuntiva pari a circa 12 miliardi di euro. 12 miliardi che valgono circa il 5,5% delle attuali imposte dirette e che potrebbero essere detratti dalla fiscalità sul lavoro e sulle imprese.
Al tempo stesso, una nuova tassazione ambientale implica anche una revisione in senso ambientale dell’attuale struttura della tassazione energetica, della motorizzazione e dei rifiuti. Non è difficile da fare.
Per quanto attiene alla tassazione energetica è importante correlare almeno una quota dei tributi al contenuto di carbonio delle risorse combustibili, discriminando tra carbone, gas, olio combustibile.
Ancora più radicale dovrebbe essere la revisione nella tassazione sulla mobilità, sia a livello centrale che locale. Il criterio dovrebbe essere quello che ormai si imponendo a livello europeo: in funzione dei consumi energetici e quindi delle emissioni di CO2. Una tassazione più leggera (anche rispetto all’attuale) per i modelli con basse emissioni (diciamo fino a 120 g/km CO2), una tassazione poco più pesante dell’attuale per i modelli con medie emissioni (circa 160 g/km CO2) e una tassazione molto più elevata sui modelli con più alte emissioni. Non importa che siano SUV o BMW: il criterio è quello delle emissioni inquinanti e oggi i fattori discriminanti non sono gli euro 3 o euro 5, ma le emissioni di CO2 e, solo per i diesel, l’efficienza dei filtri antiparticolato.
Infine la tassazione sulla discarica dei rifiuti. Oggi è un tributo regionale ed è solo una fonte di entrate aggiuntive, con nessun effetto deterrente. Poiché la regione è anche l’ente pianificatore e autorizzatore forse sarebbe più ragionevole un prelievo statale. Qui, il modello di riferimento potrebbe essere quello britannico: quantitativi provinciali massimi di rifiuti (trattati o non trattati) a discarica, possibilità di scambio di “titoli di discarica” e tasse (multe) elevate per chi smaltisce oltre i limiti progressivamenti decrescenti (applicando i criteri britannici dovremmo avere una tassa di ca. 200 euro/t, dieci volte il valore attuale).
In questa direzione, su scala europea, vanno sia governi di centro-sinistra che governi conservatori. In Italia su questo tema si è aperta una discussione nei Forum del Partito Democratico (vedi http://svilupposostenibile.gruppi.ilcannocchiale.it/). Porre al centro del dibattito politico la questione ambientale sembra una pretesa eccessiva, stante la cultura dominante nel nostro ceto politico. Ma almeno nella discussione sulla fiscalità è quasi paradossale che non entrino questi temi. O vogliamo solo declamare la necessità di combattere l’effetto serra e poi continuare a detassare le emissioni di CO2 ?
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