Le recensioni di CinemAmbiente: Population Boom
04 June, 2014
di Angela Conversano
Sala gremita per la proiezione di Population Boom. Un pubblico che, probabilmente, si aspettava altro dal film ed era pronto ad ascoltare per 93 minuti informazioni e dati ben presenti nell'immaginario comune: le risorse del pianeta stanno terminando, il riscaldamento globale causerà distruzioni, epidemie e carestie e l'elevato numero di abitanti sulla Terra ne è uno dei fattori determinanti.
Con stupore, invece, il film non parla di questo. O meglio, il regista non solo non appoggia la teoria del sovrappopolamento del mondo, ma lo fa presentando le voci delle istituzioni e non, i pareri di esperti e andando a conoscere i veri protagonisti: il popolo.
Dalle Nazioni Unite e dalla Banca Mondiale arrivano dati allarmanti: il Pianeta ha raggiunto i sette miliardi di abitanti. Un numero questo, che la Terra non può sostenere senza che ci siano carestie e povertà. E anche il grande monumento, la Georgia Guidestones, definita la Stonehenge americana per il suo lato misterioso, lancia un messaggio simile in ben otto lingue: “mantieni l'Umanità sotto i 500 milioni in perenne equilibrio con la natura” e “guida saggiamente la riproduzione migliorando la salute e la diversità”. Già nel 1974 veniva redatto il “National Security Memorandum 200”, un documento che stigmatizza la necessità di un piano di controllo delle nascite per assicurare il benessere alla popolazione mondiale, partendo da paesi sottosviluppati come il Messico, l'India, il Bangladesh, il Pakistan, le Filippine e la Thailandia, solo per citarne alcuni.
Da questi luoghi parte il viaggio del regista Warner Boote per comprendere fino a quale punto la popolazione condivida l'idea che sia qualcun altro a controllare, per meri interessi economici o per il “benessere del mondo”, il numero dei membri di una famiglia. Si fa il caso della Cina. Con la politica del figlio unico il governo garantisce che le ricchezze siano maggiori all'interno di un nucleo familiare e che questo possiederà più potere in termini di possibilità di consumo: ma tra cinquanta anni, quanti giovani ci saranno ad aiutare i più anziani? È una società condannata a diventare più vecchia della sua storia. Oppure si passa in Africa: si parla di controllo delle nascite e di sovrappopolamento, ma le immagini di distese chilometriche di terre disabitate fa pensare a tutt'altro. Se c'è un'alta concentrazione demografica in pochi luoghi, è perché in quelli restanti gli abitanti non hanno diritto di accesso alla terra.
Quanto può valere, dunque, il discorso della pianificazione familiare? Si tratta di eugenetica mascherata da una nuova terminologia? Una pianificazione non andrebbe forse direzionata verso l'uso moderato dei beni di consumo? È la combustione fossile, l'inquinamento dei paesi più ricchi, tra le altre cause, a danneggiare il Pianeta e contribuire al cambiamento climatico. Non il numero della popolazione mondiale.
Con le parole di Jhon Lennon durante un'intervista si potrebbe riassumere il senso finale dell'interessante documentario a cui ieri molta gente ha assistito: «Io non credo al sovrappopolamento. C'è posto per tutti su questo pianeta».