Un programma circolare per la plastica: riprogettazione e riuso
02 March, 2017
Il nuovo piano d’azione “The New Plastics Economy: Catalysing action” ha l’ambizioso obiettivo di arrivare a riusare o riciclare il 70% degli imballaggi in plastica e a trovare, attraverso una riprogettazione radicale del packaging, soluzioni più sostenibile per il restante 30% che non può essere riciclato.
La scomoda verità che l’industria della plastica ha preferito ignorare
per decenni è che la gestione tipicamente lineare delle materie
plastiche, basata su produzione-consumo-smaltimento, si è rivelata un
totale fallimento ambientale ed economico. Il consumo di plastica è aumentato di venti volte negli ultimi 50 anni
e continuerà a crescere in virtù delle sue ineguagliabili proprietà
funzionali associate ad un basso costo. Se non corriamo però ai ripari,
impedendo con tutti i mezzi che la plastica venga dispersa
nell’ambiente, rischiamo di avere al 2050 più plastica che pesce (in peso) negli oceani.
Ogni anno l’economia del packaging di plastica perde (dopo un singolo utilizzo), dagli 80 ai 120 miliardi di dollari di valore del materiale, mentre solamente il 14% degli imballaggi in plastica
viene raccolto per essere riciclato a livello globale. Questi e altri
numeri sono contenuti nel rapporto uscito nel 2016 dal titolo: The New Plastics Economy – Rethinking the Future of Plastics,
il più corposo rapporto mai prodotto sull’economia delle materie
plastiche, frutto di un lavoro collaborativo di tutti i soggetti che
formano la catena del valore del comparto (produttori e trasformatori di
materie plastiche e imballaggi, operatori della raccolta e riciclo,
autorità e organizzazioni non governative, ecc).
Abbiamo già in precedenza parlato dei principali dati di fatto emersi dal rapporto nell’articolo dal titolo Plastica unita contro il marine litter ma anche contro le sue soluzioni e anche delle soluzioni inizialmente prospettate in un secondo approfondimento: Plastica: anche per gli imballaggi la sostenibilità non può attendere. Dal lavoro compiuto nella redazione del report è nato un progetto omonimo della durata di tre anni al quale hanno aderito oltre 40 soggetti che ha prodotto un piano di intervento correlato dall’eloquente titolo: Catalysing Action.
Il piano di azione, al quale dedichiamo questo primo approfondimento, identifica tre strategie di intervento basate su: riprogettazione, riuso e riciclo. Mentre rimandiamo ad un successivo approfondimento per la strategia incentrata sul riciclo, vediamo a grandi linee in cosa consistono le azioni proposte nel campo della riprogettazione e del riuso.
Le strategie, ciascuna mirata ad uno specifico segmento del mercato del
packaging, prevedono una serie di possibili azioni che il piano illustra
nel dettaglio accompagnate da casi studio e stime sui vantaggi
economici che ne possono conseguire. Le tre strategie sono complementari
e sovrapponibili anche come soluzioni. Dalla riprogettazione del
packaging e/o dei modelli distributivi si possono ottenere più soluzioni
che interessano una stessa tipologia di imballaggio. Ad esempio un
imballaggio originariamente non riciclabile può venire dematerializzato
(detergenti contenuti in cartucce che si dissolvono in acqua), essere
sostituito da una versione riutilizzabile, oppure da una riciclabile.
RIPROGETTAZIONE PER IL 30% DEL PACKAGING
La prima strategia consiste nella riprogettazione di un segmento che seppur costituendo la metà dell’immesso al consumo (come unità) e il 30% in peso, non può essere riutilizzato o riciclato a seguito delle sue caratteristiche progettuali. Si tratta di imballaggi di più tipologie che includono: i piccoli formati in genere (involucri, pellicole per snack e merendine, tear-off, tappi, botticini); imballaggi realizzati in poli-accoppiati (composti da una sovrapposizione di materiali eterogenei); imballaggi contaminati da residui di cibo, come ad esempio i contenitori per fast-food; imballaggi in PVC, polistirene (PS) e polistirene espanso (EPS) che rappresentano plastiche poco utilizzate nel mercato degli imballaggi e dal basso valore post-consumo.
Il packaging di dimensioni inferiori ai 400-700 millimetri, quando non disperso nell’ambiente, finisce nello scarto prodotto dagli impianti di selezione e viene generalmente incenerito. Nello studio si stima che dimezzando le perdite di materiale per questa tipologia, che rappresenta circa il 10% in peso dell’immesso al consumo come packaging in plastica, si potrebbe recuperare un valore economico di 50-70 dollari per ogni tonnellata gestita. Gli imballaggi in plastiche poco usate per il packaging rappresentano un altro 10% in peso dell’immesso al consumo di cui l’85% è costituito da PVC, PS e EPS.
Anche se tecnicamente queste plastiche potrebbero essere riciclate, non sussistendo le quantità necessarie per permettere economie di scala, una loro gestione separata non risulta economicamente sostenibile . Senza contare che i contenitori in EPS usati nel settore alimentare sono spesso contaminati dal cibo e pertanto difficilmente riciclabili. Inoltre queste plastiche possono contaminare altri flussi e causare danni economici all’economia del riciclo. Ad esempio il PVC, oltre a contenere sostanze pericolose per la salute, se finisce nel flusso del PET può minare la qualità del riciclo anche quando presente in quantità minime (0.005% in peso), e gli imballaggi in EPS creano a loro volta problemi al riciclo delle poliolefine ( polipropilene PP, polielilene PE, ecc).
Gli imballaggi in poliaccoppiato rappresentano un mercato in ascesa come abbiamo raccontato in questo post un po’ in tutto il mondo. Sia nella versione “stand up poach” che come sachet, bustine monouso
usate soprattutto nei mercati emergenti per commercializzare piccole
porzioni di creme e detergenti per la casa e la cura della persona.
Questi imballaggi, che non sono riciclabili poiché composti
in genere da materiali eterogenei come plastica e alluminio,
rappresentano uno spreco di risorse e fonte di rifiuto importante nei
paesi emergenti.
Alcune delle azioni suggerite per questo segmento che maggiormente
necessita di una riprogettazione sono: l’eliminazione dei piccoli
formati, l’utilizzo di monomateriali riciclabili, di materiali
separabili, oppure di materiali compostabili, sempre tenendo conto della
necessità di avere sistemi di raccolta dedicati e l’esistenza di
impianti di compostaggio per gestirli a fine vita. Ogni azione di
cambiamento deve essere infatti valutata in modo sistemico visto che non
esiste un’unica soluzione “vincente” di packaging commercializzabile in
tutto il mondo perché i sistemi di gestione dei rifiuti e del packaging
post consumo variano da paese a paese.
In aggiunta a queste azioni servirebbe per i poliaccoppiati effettuare
ulteriore ricerca circa i limiti e potenzialità di altre soluzioni
tecniche ai fini di un recupero del materiale per nuovi cicli produttivi
come il riciclo chimico o la pirolisi. Tuttavia -si legge nello
studio- va considerato che queste tecnologie al momento sono altamente
energivore, non possono raggiungere le performance di mantenimento del
valore dei materiali proprie del riuso o del riciclo meccanico, e che ci
sono ancora alcuni punti interrogativi circa una loro complessiva
efficacia sul piano tecnico.
Gli sviluppi tecnologici correnti si stanno invece per lo più limitando ad esplorare l’opzione del recupero del materiale come combustibile (non rinnovabile). Un’opzione che, secondo lo studio, si traduce in una perdita definitiva del materiale e nel perpetuarsi del modello lineare di estrazione-produzione-smaltimento. (1)
RIUSO PER IL 20% DEL PACKAGING
Secondo il piano di azione alcune recenti innovazioni nei modelli
distributivi e un’evoluzione nei modelli di consumo aprono la strada a
opportunità di riutilizzo per almeno il 20% in peso
degli imballaggi sul mercato. Pratiche di riutilizzo in corso hanno
dimostrato non solamente di poter mantenere le funzionalità
dell’imballaggio ma di poterle anche migliorarle con un minore impatto
ambientale ed economico.
Come prima accennato ridisegnare i
modelli distributivi, e non solamente riprogettare l’imballaggio, può
offrire una risposta per gestire diversi imballaggi problematici.
Un’opportunità di sostituzione per imballaggi di piccolo formato o non
riciclabili può essere offerta da modalità di erogazione di prodotto che
prevedono l’uso di contenitori riutilizzabili da riempire, o a rendere,
in cambio di un contenitore pieno. Nel settore della detergenza e
della cura della persona la commercializzazione di prodotti alla spina
ha dimostrato di poter effettivamente sostituire gli imballaggi monouso
con l’evidente vantaggio di poter trasportare solamente gli ingredienti attivi
che sono una minima percentuale rispetto al principale ingrediente che è
l’acqua. Queste modelli innovativi di commercializzazione dei prodotti
possono portare ad un risparmio di plastica per il packaging nell’ordine del 80-90% e a un risparmio sui costi del packaging pari al 25%-50%.
Leggi il seguito dell'articolo qui.