Desertec, energia solare dal Sahara?
Lanciato in Germania un ambizioso progetto per la costruzione di grandi centrali termodinamiche nel deserto del Sahara. L'energia prodotta sarà trasportata in Europa e dovrebbe soddisfare il 15% del fabbisogno continentale. Ma per qualcuno si tratta di una nuova forma di colonialismo. Le obiezioni di Giampiero Godio
20 July, 2009
Sfruttare l’energia solare nel deserto del Sahara: è l'idea alla base di Desertec, un progetto, ideato dal Club di Roma e finanziato dal governo tedesco e da alcune aziende internazionali, che prevede appunto la costruzione di impianti solari termodinamici nel Sahara, con una potenza complessiva di circa 100 Gwatt. L'obiettivo è ambizioso: soddisfare, entro la metà del secolo, il 15% della domanda elettrica europea, e sarà perseguito con investimenti ingenti, che sfioreranno i 400 miliardi di euro. Proprio il progetto Desertec è stato l’oggetto del memorandum d'intesa firmato lo scorso 13 luglio a Monaco da 12 importanti società (Abb, Abengoa Solar, Cevital, Deutsche Bank, E.On, Hsh NordBank, Man Solar Millennium, Munich Re, M+W Zander, Rwe, Schott Solar, Siemens) con l’obiettivo di sviluppare gli aspetti tecnici, economici, politici, sociali ed ecologici dell’iniziativa.
La tecnologia da usare (il cosiddetto solare termodinamico o a concentrazione) è una particolare evoluzione del solare termico che, attraverso l'impiego di specchi parabolici, permette di produrre calore a medie e alte temperature (fino a 600 gradi), utilizzabile su scala industriale per la produzione di energia (a differenza del termico tradizionale, che produce calore per usi domestici, a temperature inferiori). Si tratta dunque di un sistema che produce energia dai raggi solari in modo indiretto, a differenza del solare fotovoltaico, ma che consente di ottenere un'efficienza paragonabile a quella assicurata dalle celle al silicio. L'energia prodotta dovrebbe essere trasferita in Europa attraverso complesse reti di trasporto. Il progetto ha suscitato l'interesse di molti scienziati, a partire dal premio Nobel per la fisica Carlo Rubbia, pioniere del solare termodinamico e ideatore della centrale a concentrazione “Archimede”, in costruzione in Sicilia. In sole sei ore, infatti, nel deserto africano arriva una quantità di energia solare pari a quella consumata nel mondo in un anno.
Non mancano però, i pareri polemici, soprattutto per quanto riguarda le implicazioni geopolitiche dell'iniziativa. Secondo molti, infatti, l'installazione di centrali termodinamiche nel Sahara finirebbe col diventare una nuova forma di colonialismo nei confronti dei paesi nordafricani coinvolti, vista anche la scarsa partecipazione delle istituzioni locali. Anche dal punto di vista della sicurezza, l'iniziativa non convince alcuni gruppi del settore energetico, secondo i quali le centrali solari e le reti di distribuzione del progetto Desertec potrebbero essere un facile obiettivo per il terrorismo. Per i detrattori del progetto, infine, la costruzione di centrali nel deserto del Sahara presenterebbe anche l'inconveniente di non affrancare l'Europa dalla dipendenza energetica dall'estero.
Abbiamo chiesto un parere al responsabile Energia Legambiente Piemonte
Non vedo la ragione di andare fino nel Sahara per portare energia in Europa - ha commentato Pier Giorgio Godio responsabile Legambiente Piemonte e Valle D'Aosta - Lo stesso risultato si potrebbe avere se ognuno installasse impianti fotovoltaici sui tetti delle proprie case. Non riesco a comprendere per quale motivo si continui in questa cultura del gigantismo. E' un atteggiamento sbagliato. Sebbene il Sahara sia ai nostri occhi immenso, 10 kmq restano 100 milioni di mq!! Oltretutto non si pensa alla continua dipendenza: ci stacchiamo ai giacimenti di petrolio in Arabia Saudita e cominciamo con quella del termodinamico in Africa?- continua Godio - E' necessario cambiare mentalità, puntare sull'autonomia energetica. Se miglioriamo l'isolamento delle nostre case, puntiamo sui prodotti locali, passiamo alle fonti rinnovabili, non c'è necessità di "colonizzare" il Sahara. Anche dal punto di vista della crisi del lavoro, il rendere autonome le abitazioni porterebbe un aumento della manodopera, l'incremento delle aziende produttrici di fotovoltaico e quindi ci sarebbe anche una vantaggio dell'economia nel nostro paese. Costruire elettrodotti per portare l'energia in Europa ha bel costo. Il termodinamico potrebbe essere una riserva energetica più che una soluzione, ma ma a questo punto basterebbero degli impianti più piccoli in Italia. Certo meglio del nucleare, ma se si possono usare forme migliori perchè non farlo.