Letti e corretti per voi. Equivoco sulle stoviglie usa e getta su Venerdì di Repubblica
L'articolo dice che a Torino si riciclano. Ma non è vero. E le stoviglie usa e getta sarebbe comunque sempre meglio evitarle
15 September, 2009
Un caso a parte è quello della plastica, trattata dalle istruzioni per il riuso delle varie città nei modi più disparati. Certo, i barattoli di colle, topicidi, disinfettanti contengono ingredienti potenzialmente nocivi e non possono essere riciclati (in genere sono marchiati con la lettera “T” o con la “F”). Detto questo, non sempre si salva tutto il salvabile: a Torino come a Lamezia Terme, le stoviglie usa e getta possono essere recuperate; nella maggior parte dei centri urbani, al contrario, sono considerate sporcizia e basta perché, dicono, contaminate dagli avanzi di cibo. Addirittura l’azienda capitolina delle nettezza urbana (l’Ama) avverte che mettere nel cassonetto della differenziata “piccole quantità di questi rifiuti potrebbe rendere tutto il resto non riciclabile”. Chi ha ragione?
In realtà piatti e posate di plastica (o anche le custodie di cd e dvd) potrebbero diventare materia prima per un pullover in pile o un cestino della spesa, seguendo lo stesso percorso delle bottiglie fabbricate generalmente a partire dallo stesso polimero (il polietilene o il Pet). Se questo non avviene, non è per motivi tecnici. Gli ostacoli, semmai, sono normativi ed economici. Le leggi comunitarie, infatti, impongono ai produttori di materie plastiche di contribuire alle spese per il corretto smaltimento dei soli imballaggi. Così le aziende pagano ai municipi un contributo per la raccolta differenziata della scatola delle uova o del flacone del bagnoschiuma, senza farsi carico dei costi del recupero di altri oggetti, come le stoviglie o la confezione del cd, che è considerata parte integrante del prodotto e non contenitore. Risultato: per molti Comuni diventa troppo oneroso riciclarli e preferiscono sotterrarli in discarica o impiegarli come Cdr (il combustibile derivato dai rifiuti) negli impianti che bruciano rifiuti per recuperare energia.
Così scrive Alberto Fiorillo su Venerdì di Repubblica n 1121 dell'11 settembre 2009.
Ma sia a Torino che a Lamezia Terme le aziende raccoglitrici dicono di buttare le stoviglie di plastica nell'indifferenziato.
I motivi sono molteplici.
Partiamo da quelli strettamente formali: piatti e bicchieri di plastica non sono considerati imballaggi. O per lo meno non sempre: un piatto di plastica è considerato imballo se ci viene dato ad una sagra con un alimento al suo interno (noi in realtà acquistiamo il cibo, il piatto è il contenitore); non viene considerato imballo quando andiamo al supermarket ad acquistarne una confezione. Ed ovviamente il piatto ed il bicchiere possono essere considerati imballi, le posate no, in nessun caso. Il bicchierino del caffè si, la paletta no!
Insomma si rischia di sprofondare nei cavilli della nostra legislatura sulla gestione dei rifiuti.
Se non bastassero i motivi “formali”, ovviamente ce ne sono anche di tipo sostanziale.
Le stoviglie monouso sono fabbricate in Polistirolo Cristallo, un materiale che ha un utilizzo estremamente limitato. Certo, anche questo materiale è riciclabile, ma la scarsa quantità di immesso sul mercato renderebbe estremamente difficoltosa la selezione, se fosse raccolta congiuntamente all’altra plastica.
E proprio per ovviare a queste difficoltà COREPLA sta verificando, in partnership con alcuni grossi comuni del Nord Italia, la possibilità di attivare una filiera apposita per questo materiale.
Ma le difficoltà non si esauriscono qui: piatti e bicchieri sono spesso “inquinati”, ovvero portano con sé avanzi di cibo (quando non mezze porzioni avanzate). Questo rappresenterebbe un problema non da poco: non solo renderebbe con ogni probabilità il piatto inutilizzabile e non riciclabile, ma andrebbe a inquinare tutto il materiale raccolto.
Da anni le associazioni ambientaliste nel mondo si battono affinchè le stoviglie usa e getta siano sostituite o da quelle biodegradabili o da quelle tradizionali riutilizzabili dopo il lavaggio.