Intervista a Jeremy Rifkin di Guiomar Parada per Eco dalle Città
Guiomar Parada ha intervistato Jeremy Rifkin per Eco dalle Città. All’HiT, il 1° forum mondiale sull’innovazione tecnologica a Barcellona, l’economista ci spiega perché ci troviamo all’alba della Terza rivoluzione industriale
12 December, 2009
Guiomar Parada
Per definire le sfide dell’economia e della globalizzazione lei torna indietro di millenni…
Le grandi rivoluzioni dell'umanità hanno coinciso con nuovi regimi delle comunicazioni e dell’energia. La scrittura consentì alle prime società agricole la gestione del grano e di una forza lavoro schiava - la “fonte di energia” – e le stesse civiltà. La convergenza tra vapore e tipografia sfociò nella Prima rivoluzione industriale, mentre la Seconda risultò dal petrolio abbinato a telegrafo, telefono, calcolatrici, ecc. Oggi le reti energetiche cominciano a essere riconfigurate con gli stessi princìpi delle tecnologie intelligenti che hanno reso possibile internet e in futuro la produzione e la distribuzione dell’energia saranno decentralizzate, p2p.
I governi però devono abbracciare questi cambiamenti…
Vero, guardi l’Europa: la Terza rivoluzione industriale condurrà a una nuova Europa sociale. Così come la comunicazione virale ha generato il concetto di open source e la democratizzazione delle comunicazioni, la produzione diffusa di energia, dove imprese, municipalità e cittadini saranno produttori e consumatori, farà sì che milioni di cittadini deterranno power (in inglese sia energia sia potere, ndr) in senso letterale e figurato, con forti implicazioni per la vita sociale e politica. Per la generazione cresciuta nel mondo retiforme, la democratizzazione dell'energia sarà naturale quanto produrre e condividere l’informazione su Internet.
Come si esce dalle emergenze che lei indica, globalizzazione, clima ed economia, se, per esempio, l'innovazione tecnologica per l’ambiente dipende dall’economia?
Abbiamo bisogno di due strategie: una è quella di costruire l'infrastruttura della Terza rivoluzione industriale - energie rinnovabili, impianti di produzione diffusi, immagazzinamento dell'idrogeno e reti energetiche intelligenti. La seconda è la definizione di una nuova visione che superando la geopolitica sia in grado di accompagnare la rivoluzione economica e tecnologica.
Ma questo processo richiede ingenti risorse per istruzione, ricerca e aiuti a chi non ha neppure l'elettricità, quindi ulteriori debiti…
Esatto, ma ecco un altro approccio: i governi sono già indebitati. Ma quanto denaro pubblico è stato usato per salvare un sistema agonizzante (anche se è chiaro che si deve evitare il collasso). Occorre invece cominciare a investire massicciamene nei nuovi settori produttivi, almeno tanto quanto per il salvataggio di un sistema basato sui combustibili fossili e sull'uranio. Se gli investimenti saranno consistenti creeranno nuove opportunità economiche su larga scala. Ai leader dei governi dico quindi: valutiamo i risultati del salvataggio del vecchio sistema e impegniamo le risorse che restano per costruire l’infrastruttura di quello nuovo.
La UE ha definito negli Obiettivi 2020 le sfide future, ma nei Paesi c’è resistenza: la politica del governo Obama farà da spartiacque?
Negli Stati Uniti la resistenza è ben più forte. Gli Stati agricoli vogliono produrre etanolo, gli Stati carboniferi chiedono esenzioni dai limiti per le emissioni e così via. A Washington, penso, si stanno rendendo conto che il loro piano per il clima non è un edificio ma solo progetti isolati. Il cuore del presidente batte al posto giusto, è verde, ma chi lo circonda ha ancora la mentalità del secolo XX, basti pensare ad esempio al concetto di una gestione centralizzata del solare. Le energie rinnovabili si raccolgono dovunque: questo apre la strada alla rivoluzione del capitalismo diffusivo. La Ue è più avanti, sia nell’orientare il sistema produttivo sia nell’approccio alle energie sostenibili, benché deva ancora reperire il capitale economico, culturale e pubblico.
Se grazie alla comunicazione virale siamo avviati verso la Terza rivoluzione industriale, per cambiare la mentalità...
… chiunque abbia meno di 40 anni, chiunque sia cresciuto con l’open source, Wikipedia, YouTube, i blog, ha già una mentalità nuova.
Quindi, dovendo scegliere un interlocutore...
Guardi, sono consulente della Commissione e del Parlamento Europeo, del premier Zapatero; della cancelliera Merkel, ma loro sono la vecchia generazione. Saranno i giovani architetti e ingegneri a convertire gli edifici e le reti, a immagazzinare l'idrogeno per le nuove vetture, ad applicare i metodi collaborativi di gestire la conoscenza ai modelli produttivi e ai nuovi business model. Non è difficile, ma è una vera rivoluzione che non si farà in un anno. Ci sono voluti 25 anni nella Prima e nella Seconda rivoluzione industriale per avere una prima infrastruttura e altrettanti per avere quella matura. Qui sarà analogo. Entro il 2030 dovremo avere i quattro pilastri ed entro il 2050 dovremo essere riusciti a lasciarci indietro il vecchio regime e a camminare con quello nuovo.