Legambiente: «Ma la crisi non può essere la soluzione al problema rifiuti»
Intervista di Eco dalle Città a Stefano Ciafani, responsabile scientifico dell'associazione, sui dati emersi dall'ultimo Rapporto Ispra sui rifiuti. Non sono la recessione e i flussi demografici a ridurre stabilmente la produzione di spazzatura, ma l'elaborazione di una strategia nazionale a lungo termine
29 April, 2010
Secondo l'ultimo Rapporto nazionale rifiuti, presentato nei giorni scorsi dall'Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale), nel 2008 c'è stato un calo, lieve ma diffuso, della produzione complessiva di rifiuti urbani nel nostro paese. Un dato che può essere in parte spiegato con la recessione economica, ma che presenta delle evidenti disomogeneità (non tutte le regioni del nord, ad esempio, confermano il trend in diminuzione). Ne parliamo con Stefano Ciafani, responsabile scientifico di Legambiente.
È stata soltanto la crisi economica a consentirci finalmente di arrestare la crescita della produzione dei rifiuti?
Quella che vede la crisi economica come il fattore che può incidere in maniera decisiva sulla produzione dei rifiuti in Italia rappresenta una lettura parziale dei dati emersi dal Rapporto Ispra. Non possiamo affidarci a questo elemento per sperare nella definitiva inversione di tendenza, anche perché la maggior parte dei cittadini italiani, che si augura la fine della recessione, non sarebbe d'accordo.
Quali sono gli altri fattori che hanno influenzato la produzione di spazzatura negli ultimi anni?
Sono state soprattutto le politiche locali in materia di prevenzione, a partire dalla sostituzione della tassa sui rifiuti con la tariffa puntuale, che rappresenta un forte disincentivo a produrre rifiuti. Accanto a questo, negli ultimi anni si sono diffuse altre buone pratiche a livello comunale e locale, come la promozione dell'acqua di rubinetto, le iniziative contro gli shopper usa e getta e l'introduzione di prodotti alla spina. Tutti elementi che possono aver contribuito alla riduzione dei rifiuti registrata dal Rapporto per alcune regioni.
E poi c'è l'influenza dei flussi demografici...
Certo. La densità di popolazione, ma anche la presenza più o meno diffusa di migranti stranieri, che tendono in genere a consumare meno dei nostri connazionali e quindi, dove sono particolarmente numerosi, a far calare la produzione di rifiuti.
Tutti fattori che secondo lei non sono sufficienti. Cosa occorrerebbe fare, allora?
Le iniziative locali, per quanto virtuose, da sole non bastano. Il problema va affrontato in modo strutturale e duraturo, come è già stato fatto in altri paesi a partire dalla Germania. Dobbiamo attuare una politica seria sul fronte nazionale, come prevede la normativa europea di settore.
Ovvero?
L'Italia deve elaborare un programma nazionale di prevenzione, condiviso con tutti i soggetti coinvolti (dalle industrie agli Enti locali, dal mondo della distribuzione a quello dell'agricoltura), che stabilisca una volta per tutte i meccanismi sanzionatori e premianti, come sgravi e incentivi, in materia di produzione di rifiuti. E poi, ovviamente, questo programma dovrebbe essere attuato, e non restare lettera morta al pari di altre riforme importantissime come il passaggio da tassa a tariffa rifiuti, che è previsto da 13 anni ma continua ad essere oggetto di proroghe.