"Torino insicura per i ciclisti: il bike sharing non è la soluzione"
Senza un adeguato miglioramento delle infrastrutture urbane, l'aumento dei ciclisti per via del bike sharing porterà ad un incremento del rischio di incidenti. Questo il pensiero di Maurizio Coppo della Consulta Nazionale sulla Sicurezza Stradale, che ad Eco dalle Città ha anche dichiarato: "Il bike sharing funziona solo quando le biciclette a disposizione sono migliaia e laddove è strettamente connesso al trasporto pubblico locale". Pubblichiamo il testo completo con alcuni dati sulla sicurezza urbana in Italia a cura della Consulta Nazionale sulla Sicurezza Stradale e della Federazione Ciclistica Italiana
25 May, 2010
"Il bike sharing a Torino potrebbe aumentare i rischi per la sicurezza dei ciclisti, se all'incremento delle biciclette non corrisponderà un adeguato miglioramento della mobilità e delle infrastrutture urbane". Questa la dichiarazione di Maurizio Coppo, responsabile della Segreteria Tecnica della Consulta Nazionale sulla Sicurezza Stradale, che Eco dalle Città ha incontrato lunedì 25 maggio a margine del seminario "Politiche, prospettive e strategie in tema di mobilità sostenibile e sicurezza stradale" organizzato dal Tavolo di Agenda21 della Provincia di Torino presso il Castello del Valentino.
I dati riportati dalla CNSS e dalla FIC nel dossier "Progetto tandem - Programma di azioni" mostrano un'Italia non ai primi posti per la sicurezza in ambito urbano. "L'Italia rientra tra i Paesi dove le politiche di mobilità nazionali, regionali e locali hanno conseguito risultati minimi sia sul versante dell'allargamento della quota degli spostamenti in bicicletta, sia su quello della messa in sicurezza delle piste ciclabili" si legge in un documento della Consulta. Sono i dati a condurre a tale valutazione. Nella Penisola, secondo il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, il numero di spostamenti in bicicletta equivale al 3,8% del totale degli spostamenti effettuati nel nostro Paese. Ancora, secondo la CNESS, le piste ciclabili "non costituiscono quasi mai una rete chiusa e protetta che attraversa tutte le parti della città nè esistono adeguati sistemi di protezione"; mentre "il numero di ciclisti uccici a causa di incidenti stradali è il più alto tra tutti i Paesi europei" (nel 2007 ci sono state 350 vittime italiane contro 150 in Olanda, 140 in Francia, 130 nel Regno Unito, 90 in Belgio e Spagna, poco più di 50 in Danimarca, circa 30 in Belgio e Austria). Questi dati sulla mortalità dei ciclisti "appaiono ancora più gravi laddove si consideri che l'Italia, nel suo complesso, ancorchè vanti una larga diffusione del ciclismo nelle sue diverse declinazioni, non rientra tra i Paesi con le maggiori quote di spostamenti in bicicletta".
Altri dati significativi riguardano la mortalità di tutti gli utenti della strada nelle grandi aree urbane. "Le città italiane sono caratterizzate da tassi di mortalità che sono da 2 a 5 volte più elevati di quelle delle maggiori aree urbane della UE15". A titolo di esempio, nel 2007, Roma - che ha una popolazione di 2,7 milioni di abitanti - contava 201 morti con un tasso di 7,4 morti per 100 mila abitanti, mentre Parigi - con 6,5 milioni di abitanti (più del doppio dei romani) - ne contava 127, con un tasso di 1,9 morti per 100 mila abitanti.
Dal canto suo, Torino non fa eccezione. I livelli di mortalità degli utenti della strada sono appena inferiori a quelli di Roma. E per quel che riguarda la mortalità tra i ciclisti, il dato potrebbe essere collegato alla non capillarità della rete delle piste ciclabili (troppo spesso scambiate per parcheggi dalle auto) e alla presenza ancora occasionale di aree a velocità ridotta (la città ha un'unica "zona 30" a Mirafiori). In questo contesto, il bike sharing come si inserisce? Sulle bici condivise, l'architetto Coppo ha le idee chiare: "Il bike sharing funziona solo quando le biciclette a disposizione sono migliaia e laddove è strettamente connesso al trasporto pubblico locale. Altrimenti, è utile solo alle municipalità per gloriarsi dell'ennesima iniziativa ecologica, nella realtà poco efficace". E sul fronte della sicurezza? "Se mancano le infrastrutture, così come aumenteranno i ciclisti s'innalzerà anche il numero dei rischi connessi".