Oggi pedala con noi...Eugenio Galli
L'intervento del presidente di Ciclobby sul bike-sharing milanese dal sito di Bikemi
15 July, 2010
Con Eugenio Galli parlavamo da oltre due ore quando ci siamo resi conto che saremmo potuti andare avanti all’infinito, ovviamente a parlare di due ruote e ciclabilità. Il rischio è questo quando il tema in questione è un qualcosa in cui si crede, con passione e competenza ma per scongiurare una “seduta notturna” ci basta inforcare i nostri mezzi e riprendere, ognuno, la via di casa.
In Porta Venezia, alla stazione 27 del Bikemi, lì ho incontrato Eugenio che, staccando dal lavoro, vi è arrivato in bicicletta, la sua, che usa quotidianamente.
Eugenio Galli è il Presidente di Ciclobby, l’associazione ciclo ambientalista di Milano aderente alla Fiab ma oggi sarà bike sharer d’eccezione anche se è comunque un abbonato della prima ora che ha pure rinnovato il suo abbonamento, per rimarcare la fiducia che nutre nel servizio.
“Lo utilizzo poco a dire il vero perché solitamente prendo la mia, questioni di comodità visto che dove abito non vi sono ancora stazioni del Bikemi. Aspetto che il servizio cresca, lo aspetto da un po’ troppo forse, troppi rimandi, anche se a settembre dovrebbe essere la volta buona. Non si può ancora dare una valutazione globale di un progetto che prevedeva 5000 biciclette su 260 stazioni ma facendo una forzatura, diciamo pure che quelle attive hanno coinvolto gli utenti a pedalare e le cifre, quattordicimila abbonati, sottolineano la voglia di pedalare, ovunque e comunque”.
In assenza di una rastrelliera per la sua bici, Eugenio la lega al palo per montare sulle “gialle”, siamo in Porta Venezia e abbiamo davanti Corso Buenos Aires, arteria focale della circolazione milanese, attualmente in fase di restyling e nodo centrale della petizione pubblica indirizzata all’amministrazione comunale, per promuovere appunto ciclabilità e mobilità dolce. “Non è possibile che nei progetti di rinnovo di questa via, non sia contemplata la creazione, almeno di corsie segnaletiche privilegiate per le bici. Ad oggi Corso Buenos Aires è off limits per le bici, comunque rischiosa e ci viene spesso risposto dagli amministratori che abbiamo una valida alternativa in via Spallanzani, chiusa al traffico e che conduce sino alla ciclabile di via Morgagni.”
Io e il presidente di Ciclobby siamo in bici e siamo lì, in sella, vediamola quest’alternativa! Già al semaforo posto fra i bastioni occorre avere mille occhi per imboccare via Spallanzani, le macchine arrivano da destra a velocità anche sostenuta mentre noi dobbiamo fare i conti con i binari del tram, sconnessi più che mai.
Immessici “nell’anticamera dell’alternativa” inizia il nostro miniviaggio nella condivisione, già, perché mentre condividiamo una bicicletta ci viene chiesto da due ragazzi di rispondere ad una breve intervista sul car sharing. Ovviamente Eugenio è anche un car sharer e ne cita pregi, difetti (pochi), utilità, consigli per le società che lo gestiscono e che nella lotta alla mobilità urbana procedono nella nostra stessa direzione. Non lo si può fare in macchina il tratto di pista ciclabile di via Morgagni che è però vittima di un’ubicazione forzata, quasi casuale e che evidentemente non ha previsto nessuno studio urbanistico per renderlo sicuro e ancora prima per raggiungerlo. Fermi all’incrocio di via Spallanzani con viale Regina Giovanna Eugenio mi fa notare le tante, piccole e meno piccole, mancanze: “L’attraversamento che il senso di marcia naturale che una bici dovrebbe seguire non è segnalato, non sarebbe segnalato neppure quello pedonale. A questo si aggiunge anche una scivola sul marciapiede insufficiente qualora pedoni e ciclisti decidano di attraversare, tolgo pure il qualora perché gli attraversamenti sono ripetuti e gli incroci fra i due protagonisti della mobilità dolce, creano difficoltà all’uno e all’altro. Pericolosi anche i rallentamenti in mezzo ad una carreggiata molto trafficata (auto) e gli onnipresenti binari del tram complicano ancora le cose. Fra le alternative che Eugenio snocciola visto che abita in zona, c’è quella di seguire le strisce pedonali, che si trovano cinquanta metri più a destra e che in un senso ti costringono a percorrerli sul marciapiede, nell’altro a procedere in controsenso sulla carreggiata. Il tutto è frutto del necessario adattamento del ciclista che cerca di sopravvivere ma che è costretto a manovre contro il codice.
Superiamo questo primo ostacolo e penetriamo nella tanto agognata pista ciclabile, completando la rotonda che molti ciclisti tagliano in maniera ancora una volta scorretta.
Ecco che finalmente vedo una corretta segnaletica orizzontale che da piazzale Lavater sancisce l’inizio di una pedalata in tutta serenità. Finalmente un po’ di fresco, pedaliamo quasi serenamente in mezzo agli alberi e fatta eccezione per qualche pedone intruso con cane al guinzaglio oppure mamme col passeggino o podisti, si procede bene.
Sui quattro attraversamenti occorre comunque tenere gli occhi bene aperti perché l’automobilista tende a non vedere il ciclista, un po’ a causa del parcheggio selvaggio che limita la visuale e molto, secondo per mancanza di abitudine alla presenza delle due ruote in città. Faccio appena a tempo a mostrare la mia sorpresa ad Eugenio, nel vedere una pista ciclabile milanese che un inclemente segnale di divieto blu taglia di rosso una bici perché la pista termina. Da piazzale Lavater a piazzale Bacone, esattamente cinquecento metri, che ti abbandonano nel pieno del traffico senza lasciarti alternative serie. “ Un segmento nel deserto” questa è l’azzeccatissima definizione di Eugenio che di opere analoghe ne ha viste e combattute tante. Eugenio è il presidente di Ciclobby ormai da cinque anni e le lotte a favore della ciclabilità non si contano ormai più in oltre 25 anni di attivismo. “Purtroppo l’associazione ha perso l’anno scorso quella figura di riferimento che era Luigi Riccardi, ha vissuto con passione smodata fino all’ultimo con una competenza fuori dal comune ed infatti non era soltanto il nostro presidente storico ma anche uomo della Fiab e ti dirò che era apprezzatissimo anche all’estero. Ce ne siamo accorti proprio la settimana scorsa quando eravamo a Copenaghen per Velocity, fra i pochi italiani presenti, c’è ancora quel senso di smarrimento, quasi come se avessimo perso una guida. Ovviamente Ciclobby va avanti, sempre e comunque, ed io come presidente ho il dovere di spingermi anche all’estero, Copenaghen appunto, per informarmi, aggiornarmi e vedere come ci si muove in altre realtà. Devo dire che salta subito all’occhio, quando si va in città del genere, l’attenzione dell’urbanista nel concepire un progetto di strada che abbia incluso una corsia o la pista ciclabile. Lì è dato per scontato che se si costruisce una strada non si può realizzarla senza tenere conto dei ciclisti. La stessa cosa dicasi dei percorsi per disabili che all’estero vanno in giro in totale autonomia, in Italia, ove anche trovino gli scivoli al marciapiede è possibile che lo trovino ostruito da qualche mezzo.”
Ve l’avevo detto, con Eugenio avremmo potuto parlare ancora per ore e temo che non riuscirò mai a trasmettere la passione con cui lui mi raccontava delle battaglie, passatemi il termine, è il più corretto, di questi anni. Poi purtroppo, ed è lui stesso ha farmelo notare, le conquiste effettive sono poche e datate: Risale agli anni 90 la modifica del regolamento sul verde pubblico che permise ai ciclisti di riappropriarsi dei parchi.
Le difficoltà nel comunicare con l’amministrazione non mancano, spesso ci rispondono in maniera vaga o addirittura non rispondono alle nostre sollecitazioni e dunque non ci resta che continuare a condurre, quotidianamente la nostra silenziosa guerriglia urbana, condotta con un numero di biciclette sempre in aumento che sono segno di una crescita avvenuta anche in assenza di interventi. Questo dato che è evidente a chiunque si guardi intorno l’abbiamo verificato noi di Ciclobby sulla base dei censimenti che annualmente dal 2002 conduciamo appostandoci sulla cerchia delle mura e contando i ciclisti in transito. Il nostro impegno continuerà sempre ma abbiamo trovato un alleato nel bike sharing, che ha messo subito in sella altri ciclisti vogliosi e anche se non è stato il volano di un effetto dirompente perché ancora deve crescere come programmato, i quattordicimila abbonati si aggiungono ai mille soci di Ciclobby e ai tanti pedalatori milanesi. La voglia di pedalare c’è eccome, sono ancora tantissimi coloro che decidono di non pedalare per la mancanza di sicurezza ma questo è sempre il solito discorso, c’è poco da fare se non c’è volontà politica. Tante parole, pochi fatti e soprattutto mi piace riprendere una frase che ho sentito al vertice di Copenaghen: “ E’ da pazzi ripetere le stesse cose ed attendersi risultati diversi”. Nel mondo hanno il coraggio di stravolgere anche una città perché si capisce che con la mobilità dolce si viaggia verso il futuro”.
Dopo la nostra passeggiata facciamo il “pieno al serbatoio” con acqua e un te freddo e dopo che Eugenio consegna la bottiglietta di plastica al barista, semplice gesto di attenzione alla differenziata ma che completa in un attimo la mia visione su Eugenio. Dopo aver pedalato insieme per l’intervista sarebbe stata una delusione se magari uno dei due avesse preso la macchina, magari una sportiva da una barca di soldi. Beh questo ovviamente non è successo e non poteva succedere, Eugenio stacca dal palo la sua bici ed io riprendo il bikemi per andare in stazione e prendere il treno. E’ così facile e oserei dire naturale muoversi “dolcemente” d'altronde, e cito una frase dell’amico Eugenio “Non nasciamo mica con un motore sotto il culo” l’espressione non sarà dolce ma è terribilmente efficace.
(Dal sito www. bikemi.com)