Smog record, il porto di Napoli sotto accusa. Intervista al tossicologo Antonio Marfella
Riprende l'inchiesta di Eco dalle Città sullo smog a Napoli. A mesi di distanza dalla nostra denuncia sull'impatto inquinante del porto è crescente lo scetticismo nei confronti di politiche portuali discutibili. Abbiamo intervistato in proposito il dottor Antonio Marfella, tossicologo e oncologo dell'Ospedale Pascale. Tanti i dubbi emersi, ma anche due possibili soluzioni: un cappuccio per le navi e l'elettrificazione delle banchine
26 September, 2010
A distanza di una settimana dal flash mob organizzato a Napoli da alcune associazioni ambientaliste al fine di sensibilizzare cittadini e istituzioni sul tema dell’inquinamento dell’aria, l’attenzione si è spostata sul Porto di Napoli, finito sotto accusa negli ultimi mesi in seguito alla pubblicazione dello studio del dottor Francesco Varriale “Attività del porto di Napoli e inquinamento da Pm10” e, soprattutto, dopo il VI Rapporto ISPRA sulla qualità dell’ambiente. Il Rapporto del Ministero infatti ha stabilito che Napoli, tra tutte le città portuali italiane, è quella che subisce di più in termini di emissioni inquinanti la presenza delle navi ormeggiate. Abbiamo intervistato, in proposito, il dottor Antonio Marfella, tossicologo del Pascale, per cercare di approfondire la questione “porto”. (Intervista pubblicata, in versione ridotta, sul Corriere del Mezzogiorno del 26 settembre)
Dottore, lei nella breve intervista che abbiamo fatto durante la manifestazione “Respiro civico” ha affermato che l’aumento delle polveri sottili è dovuto all’apertura del porto alle navi tra il 2007 e il 2008. Periodo che coincide con il raddoppio dei giorni di superamento delle centraline Arpac relativamente al Pm10. Inoltre, in una recente intervista concessa da lei all’associazione Napoli punto a capo lei afferma che “tutte le maxinavi da crociera, che Napoli dal 2007 accoglie senza più barriere al centro della città, in piazza Municipio, sono tutte “a fumaioli accesi”. Se facessimo le “analisi genetiche” sulle pmlO a Napoli, almeno ed oltre il 40%, specie ad agosto, sono “figlie” delle maxinavi nel Porto.
Le riporto un estratto di una ricerca svolta sulle emissioni portuali inviatami qualche mese fa dall’ammiraglio Picone:
negli ultimi 4 anni il traffico delle navi da crociera, quello delle altre navi commerciali nonché quello delle unità che effettuano i collegamenti marittimi con le isole del Golfo, non ha fatto registrare significativi incrementi, tali da giustificare i superamenti del limite massimo del valore di concentrazione del PM10, accertato nel territorio della citta di Napoli;
con riferimento alla tabella indicante i superamenti registrati nel mese di agosto 2008 del limite massimo del valore del PM10, è stato rilevato che non sussiste un nesso causale tra le date di avvenuto superamento e la presenza di navi da crociera nel porto di Napoli. Infatti è stato rilevato, ad esempio, che in data 02.08.2008, a fronte di un valore critico di 117 della concentrazione del PM10, in porto vi era una sola nave da crociera, mentre in data 10.08.2008, in presenza di 5 navi da crociera ormeggiate contemporaneamente in porto, non sono stati registrati superamenti del suddetto valore.
Come interpreta queste affermazioni dell’Autorità portuale, anche a fronte delle sue accuse?
Dottor Marfella: “Partiamo dai dati oggettivi. In base ai dati ISTAT 2008, riportati in UE, Napoli mostra un andamento medio della qualità dell’aria inteso come sintesi dei dati complessivi molto particolare, e in controtendenza con il comportamento di tutte le altre città metropolitane italiane (grafico allegato).
A partire dal 2005 assistiamo ad un incremento apparentemente inspiegabile ma percentualmente notevole di peggioramento della qualità media dell’aria, che è continuato anche nel 2009, laddove abbiamo raggiunto i 35 sforamenti ammessi entro il 15 marzo 2009.
Abbiamo registrato sforamenti in eccesso per circa 26 su 31 giorni ad agosto 2009, ferragosto incluso in assenza di auto. Nel 2010, abbiamo poi raggiunto i 35 sforamenti ammessi entro il 4 marzo del 2010, con una concentrazione media delle polveri rilevata pari, nella peggiore centralina, a circa il doppio della concentrazione rilevata da Legambiente a Milano nel 2007.
Le pm10 provengono certamente da più fonti (auto, porto, riscaldamenti, roghi, aeroporti cittadini, cantieri cittadini, industrie), ma nessuna di queste è sconosciuta o oggetto di ricerca genetica.
Se non ci sono auto (agosto) e non possono essere ovviamente accesi i riscaldamenti (in grado anche di partecipare al record europeo di Biossido di azoto), rimangono ben poche alternative in una città portuale.
Tutti possono liberamente osservare il folkloristico ma tossico pennacchio di fumo di tutte le navi, da crociera o meno, attraccate alle banchine del porto non adeguatamente elettrificate.
E’ anche ovvio che le navi, da crociera e non, quindi anche da trasporto merci, per le quali ci stiamo attivando, credo sempre senza elettrificare adeguatamente le banchine, ad approfondire i fondali di attracco, hanno una stazza che, a partire dal 2005, è notevolmente aumentata. I posti ormeggio non possono sostanzialmente aumentati e quindi non è il numero delle navi ad essere significativamente aumentato, ma la loro stazza in termini di centinaia di migliaia di tonnellate. Se è ormeggiata una nave da centomila tonnellate di stazza rispetto a 5 traghetti da 20mila, è chiaro che il carico di inquinanti non è eguale, a motori accesi.
Qual è la soluzione, secondo lei, per mettere sotto controllo le emissioni portuali?
Dottor Marfella: "I mezzi per ridurre l’inquinamento ci sono e son utilizzati negli altri porti. Ad esempio, un supertecnologico “cappuccio” per navi è stato presentato a Napoli alla Biennale del Mare. Ricordo anche il costo , 8 milioni di euro, e che viene già utilizzato a Genova".
Come risulta anche dal VI Rapporto Ispra sull’ambiente il porto di Napoli influisce per il 40% sul totale delle emissioni inquinanti della città. Il porto però smentisce che vi sia stato un incremento di traffico tale da giustificare l’aumento dei livelli d’inquinamento cittadini. Come mai, secondo lei, nelle altre città portuali italiane con caratteristiche geografiche e climatiche simili alla città di Napoli (Genova, Palermo, Ancona e Bari per esempio), non vi sono gli stessi dati allarmanti di Pm10 e biossido?
Dottor Marfella: "In relazione allo studio del Comitato Scientifico GB Vico, è interessante fare rilevare che lo stesso, nel cercare di identificare la qualità delle polveri sottili, indirizza anche una quota di responsabilità alla centrale turbogas di Vigliena, la quale è certamente anch’essa inquinante ma soprattutto molto pericolosamente adiacente ai depositi di benzina non delocalizzati della Q8. Nessuno ha osato praticare una VIA sul tale impianto, ma esistono e sono state riportate dai tecnici allucinanti ipotesi di conseguenze disastrose in caso di incidente. Ancora, l’ammiraglio Dassatti ha ammesso che solo i TIR destinati al trasporto merci in transito per il Porto di Napoli sono non meno di 450 al giorno e sostano in attesa a motori accesi. Considerando una cilindrata media di circa 18000cc/TIR, possiamo rendere l’idea di non meno di 20mila citycars euro zero a motore acceso nelle stesse zone, gravate inoltre dal peso degli automezzi ben diverso da quello delle citycars e di cui via Marina è purtroppo fedele testimone con il suo manto stradale distrutto. Dobbiamo poi aggiungere la quota TIR trasporto benzina e dovremmo aggiungere almeno altri 100 TIR (quindi altre 5mila citycars equivalenti) nel caso venga costruito sempre nelle stesso raggio di max 1 km di diametro anche un maxi inceneritore da 1000 tonn/die di rifiuti indifferenziati, e senza volere considerare il tossico inquinamento proprio di tale industria insalubre di classe I. Mi sembra che il quadro, nel suo insieme di sviluppo selvaggio e senza regole di attività industriali pesantemente inquinanti a Napoli est, Porto incluso, sia abbastanza chiaro, anche per il record europeo di biossido di azoto.
L’assessore Nasti e ISPRA confermano (40% pm10 provengono da attività portuale in senso lato), ma nulla succede come conseguente intervento a tutela della salute pubblica".
Non crede che il primo passo per comprendere meglio la situazione debba essere l’installazione di una centralina Arpac, nuova e correttamente funzionante, all’interno del Molo Beverello?
Dottor Marfella: "Certamente, ma in una rete integrata anche con i comuni dell’hinterland, come ha giustamente ricordato l’assessore Nasti. Noi siamo una delle poche città metropolitane ad avere l’aeroporto cittadini praticamente nel centro storico. Spesso, in certe condizioni di vento, gli aerei atterrano con i carrelli aperti quasi sulle terrazze della Reggia di Capodimonte, e la centralina di Capodimonte, ad agosto 2009, è quella che ha segnalato il maggior numero di sforamenti".
Come dovrebbero intervenire, secondo lei, autorità competenti sul porto? L’elettrificazione delle banchine può essere una soluzione, grazie anche ai 10 milioni di euro messi a disposizione dal Ministero dell’Ambiente con il decreto del 16 ottobre 2006 per le azioni a tutela del territorio e del mare?
Dottor Marfella: "Sono possibili diverse ed efficaci soluzioni. Occorre però ammettere che senza una spinta fortissima della opinione pubblica non si muove mai nulla. Il Corriere del Mezzogiorno ha parlato in questi giorni di “città immobile”. A mio parere, a Napoli esiste una classe politica sin troppo scaltra e trasformista, una classe imprenditoriale altrettanto scaltra e trasformista, una camorra efficientissima ed ormai parte integrante del sistema politico.
Quello che ormai manca del tutto a Napoli è la classe dei professionisti operanti in autonomia a tutela del bene comune.
Senza l’avallo tecnico di medici, legali, ingegneri conniventi, certe cose come il “mistero delle pm10” o “l’emergenza rifiuti” a Napoli non sarebbero mai potute accadere".