Milano: Rapanelli sul terrazzo di casa
Sempre più spesso i vasi di fiori lasciano spazio a pomodori e carote sui terrazzi di città: nell'articolo che segue, un divertente resoconto di un'esperienza in piena Milano, fra i consigli dei "green warriors" e gli intrugli anti parassita - da La Repubblica del 06/10/2010
06 October, 2010
Basta gelsomini, gerani e petunie – mi ero detta a primavera – D´ora in avanti sul mio terrazzino milanese ci saranno solo broccoli e carote, rucola e piante aromatiche, rapanelli e cipollotti. Basta pontificare su biologico e chilometro zero, lamentarmi di colesterolo e crisi economica: ce l´hanno fatta Michelle alla Casa Bianca, Elisabeth a Buckingham Palace e il Papa in Vaticano, perché non provarci anch´io a Città Studi?
«MA PERCHÉ FARLO? - mi ha chiesto basita la mia amica americana Kate, per la quale la zucchina surgelata e il minestrone precotto rappresentano il massimo livello di ciò che lei definisce "good for you" - Perché devi complicarti così la vita? Non ti bastano un lavoro, due figli, un cane, una casa e un marito italiano?». Ovviamente ha ragione, ma - ho pensato - Siamo o non siamo la città che ha vinto l´Expo col tema dello sviluppo sostenibile? E poi vuoi mettere la soddisfazione di mangiare un pomodoro del mio orto? Così, rastrello in mano - ma soprattutto internet a portata di mouse - sono entrata a far parte della vasta comunità di cittadini s-piantati che vivono all´ombra della Madunina. Che ci vorrà mai? - mi sono detta - I miei avi erano contadini: nel sangue che mi scorre nelle vene sarà rimasta qualche traccia di quell´antica sapienza? Purtroppo no. Da subito è stato evidente che o il processo evolutivo aveva azzerato nel dna qualsiasi traccia riconducibile alla campagna, o nel mio albero genealogico c´é stato qualche incrocio non dichiarato. I miei avi si sono spaccati la schiena a raccogliere patate, io non ho alcuna dimestichezza con la lattuga. Per fortuna esiste il web ed è lì che, nascosta dietro l´esplicito pseudonimo sos64, ho capito che senza l´aiuto della green community non ce l´avrei potuta fare. Meglio usare i semi o interrare piantine? Semi biologici o conciati? Luna calante o luna crescente? Vasi di plastica, terracotta oppure orti verticali salvaspazio come suggeriscono i detenuti di Cascina Bollate? Dopo qualche mese l´orticello ha iniziato a dare i primi segni di vita e - con gran disperazione dei miei figli, carnivori convinti - sono comparsi pomodori, carote e fragole. Peccato che con loro si siano pure palesati i parassiti che ho scoperto essere numerosi, agguerriti e profondamente malvagi. Secondo Kate il napalm sarebbe stata la soluzione migliore, ma sommato alle polveri sottili che Milano offre in abbondanza, avrebbe reso vani tutti i miei sforzi bio. Attivato un forum sull´argomento, mi è venuto in aiuto Marcus - bioingeniere nella vita, green warrior nel tempo libero - suggerendomi il macerato d´aglio, un complicatissimo intruglio dall´odore nauseabondo che per tutta l´estate ha attirato zanzaroni e tafani. Oggi - finalmente - mi sento a pieno titolo parte della comunità di braccia rubate all´agricoltura che popola la città e che con micro-orti, community garden e vasetti di maggiorana combatte agguerrita carovita e ogm. Il prossimo obiettivo? La risaia-fa-da-te. La location? Ça va sans dire: la zona Niguarda-Zara. L´esondazione - a quanto pare - ce la continuerà a garantire LaLetizia.
di Sandra Bonzi, La Repubblica