Rinnovabili, Silvestrini: «Obiettivo al 2020 è già molto ambizioso, ma serve strategia a lungo termine»
Torniamo a parlare di obiettivi nella lotta al cambiamento climatico con il direttore scientifico del Kyoto Club, Gianni Silvestrini. Se il target del 20% di energia ottenuta da fonti rinnovabili entro il 2020 è già abbastanza ambizioso, molto si può ancora fare sul fronte dell'efficienza energetica. In entrambi i casi, servono strategie pluridecennali e chiarezza nelle misure adottate. Decisivo il ruolo degli enti locali
06 October, 2010
Continua la serie di interviste di Eco dalle Città sul tema degli obiettivi europei al 2020 per il contrasto del cambiamento climatico. Stavolta si parla di fonti rinnovabili ed efficienza energetica con Gianni Silvestrini, direttore scientifico del Kyoto Club ed esperto internazionale di energia e climate change.
Abbiamo già detto della necessità di aumentare la soglia di riduzione dei gas serra al 2020, sia a livello europeo che nazionale. Vale lo stesso discorso per la quota di energia prodotta da fonti rinnovabili, o da questo punto di vista gli obiettivi sono già adeguati?
Il target relativo alla quota di energia da produrre con fonti rinnovabili entro dieci anni (il 20% per l'Europa e il 17% per l'Italia) è già molto ambizioso, perché si riferisce non solo all'energia elettrica, ma a quella finale complessiva (inclusa ad esempio anche quella termica). Direi di mantenere queste soglie per il 2020, pensando però a una strategia a lungo temine che consenta di innalzarle nei prossimi decenni. Per quanto riguarda in particolare l'Italia, con il Piano nazionale varato dal governo sono stati fatti dei passi avanti rispetto al position paper presentato nel 2007, con il raddoppio della potenza ottenuta da biomasse e l'aumento dell'eolico e del termico. Sicuramente ci sono ancora margini ampi nel fotovoltaico.
E dopo il 2020?
Sulla strategia a lungo termine si può lavorare ancora molto, soprattutto nel nostro Paese. Credo sia indispensabile tracciare una road map per i prossimi 40-50 anni, che indichi anche diversi obiettivi intermedi. Lo ha già fatto, ad esempio, la Danimarca, oppure la Germania, che si è impegnata a produrre l'80% di energia da fonti rinnovabili entro il 2050. Con una strategia di questo tipo, a lungo termine, si potrebbe anche lanciare un segnare forte alle imprese del settore energetico.
Dal punto di vista dell'efficienza energetica, invece, qual è la situazione attuale e quali sono gli obiettivi realistici?
Quello della riduzione dei consumi è un fronte su cui si potrebbero ottenere risultati importanti, ma prima bisognerebbe rendere legalmente vincolante l'obiettivo del meno 20% entro il 2020 (che ora è solo indicativo, ndr). Detto questo, il settore richiederebbe, soprattutto in Italia, una regia forte con una maggiore chiarezza sia negli obiettivi che ad esempio nelle politiche di incentivi. Si potrebbero ottenere risultati significativi in diversi comparti, dall'edilizia ai trasporti, alle industrie, e il recente studio della Confindustria sull'efficienza energetica rappresenta un segnale importante in questo senso. A queste condizioni, il target del meno 20% potrebbe e dovrebbe essere anche innalzato.
Che ruolo possono avere le amministrazioni locali, e in particolari quelle cittadine, nel raggiungimento di questi obiettivi?
Sicuramente gli enti locali possono fare molto. Credo che un'amministrazione intelligente debba prima di tutto attivare delle Esco (Energy service company) che consentano di promuovere l'uso delle rinnovabili, sfruttando al meglio gli incentivi già esistenti per il fotovoltaico, la cogenerazione, etc, e che siano attive nel mercato dei certificati bianchi per l'efficienza energetica. Le Regioni, poi, potrebbero sfruttare i sistemi incentivanti per migliorare le prestazioni energetiche di ospedali e altri edifici pubblici. Anche sul fronte del trasporto si può fare molto, visto che nelle medie e grandi città italiane la mobilità è tutt'altro che sostenibile.
Cosa si potrebbe fare da questo punto di vista?
Gli interventi necessari non richiedono grandi investimenti economici, ma coraggio politico e lungimiranza, e vanno dalla chiusura al traffico di certe aree della città, all'aumento delle corsie preferenziali. Sono scelte che possono rivelarsi inizialmente impopolari, per cui richiedono forza politica e costanza nell'applicazione.
La gestione dei rifiuti è un altro tassello importante nella lotta agli effetti del cambiamento climatico.
Nelle discariche si produce metano, che è un gas a effetto serra molto più potente della CO2. È evidente, pertanto, che una strategia che preveda la raccolta differenziata spinta e il riciclo, eliminando il ricorso alle discariche, sia estremamente utile per la difesa del clima. Credo, in generale, che con l'introduzione del burden sharing (la suddivisione tra le singole regioni degli oneri per il raggiungimento degli obiettivi nazionali, ndr), le Regioni vedranno aumentate le proprie responsabilità e dunque il proprio ruolo nella lotta al cambiamento climatico.