Presentato a Nagoya l’indice per calcolare il livello di biodiversità nelle città
City Biodiversity Index (CBI): il nuovo strumento, presentato a Nagoya nell’ambito della COP 10, per calcolare il livello di biodiversità nelle città. A livello internazionale, 15 città hanno già testato il CBI e altre 20 hanno dato la propria disponibilità per far parte del progetto
25 October, 2010
Elisabetta Mutto Accordi
Si chiama City Biodiversity Index (CBI) ed è il nuovo strumento, che è stato presentato il 25 ottobre a Nagoya nell’ambito della COP 10, per calcolare il livello di biodiversità nelle città.
Il progetto è ancora in fase di elaborazione ed è stato avviato a dicembre del 2009 in 15 città tra cui Curitiba in Brasile, Bruxelles, Edmonton in Canada, Tallinn in Estonia, Montpellier, Francoforte, Bandung in Indonesia, Nagoya, Waitakere City in Nuova Zelanda, Singapore, Bangkok e Londra.
Considera in totale 23 parametri utilizzati per monitorare e quindi effettuare un’azione di implementazione, predisponendo piani strategici ad hoc.
“L’aspetto assolutamente positivo – spiega Lena Chan, una delle promotrici dell’iniziativa all’interno della Convenzione sulla Biodiversità in ambito ONU e Direttore del National Biodiversity Centre di Singapore – è che tutti possono usufruire di questo strumento, che stiamo cercando di rendere progressivamente sempre più funzionale.”
Il CBI si compone di due parti, una riservata alla descrizione del profilo delle città e una alla compilazione degli indicatori sulla biodiversità.
“Per quanto concerne le informazioni generali – prosegue Lena Chan – abbiamo considerato la posizione geografica, latitudine e longitudine, il clima, temperato o tropicale, la media delle temperature e la frequenza delle piogge. Ma anche la popolazione, il reddito pro capite, il prodotto interno lordo, le principali attività economiche e quelle con l’impatto maggiore sulla biodiversità.”
I 23 indicatori invece fotografano 3 aspetti diversi: i livelli di biodiversità, la presenza di servizi eco sistemici, ad esempio di piante che permettono l’assorbimento della CO2 e il livello di preparazione delle amministrazioni nella gestione, come il numero di progetti esistenti o il budget reso disponibile.
“Tra i parametri considerati – riprende la Chan – abbiamo incluso le dimensioni delle aree verdi, il cambiamento nella popolazione delle specie, la presenza di specie invasive, di acqua, la stesura di un piano strategico, lo sviluppo di zone di raccordo tra le diverse aree verdi.”
Il CBI del resto oltre ad essere uno strumento di monitoraggio e di programmazione delle politiche, rappresenta in qualche modo un esempio di Clearing House Mechanism, in quanto agevola lo scambio fra gli enti locali.
“Il punteggio che emerge una volta compilato il questionario – conclude Lina Chang – non deve essere per forza comparato con quello di altre aree urbane, a meno che non si tratti di casi con parametri veramente simili. In quel caso allora possiamo mettere a disposizioni le informazioni affinché ci sia uno scambio proficuo di buone pratiche.”
Assieme alle 15 città che hanno già testato il City Biodviersity Index, altre 20 hanno già dato la propria disponibilità per far parte del progetto tra cui Monteral, Parigi, Phnom Penh in Cambogia, Padang in Indonesia, Kuantan in Malesia, Puerto Princesa City nelle Filippine, Hanoi in Vietnam.