A Nagoya le città pronte a contare per la tutela della biodiversità
A Nagoya, 200 sindaci hanno deciso di approvare un documento da presentare ufficialmente alla Conferenza dell’ONU sulla biodiversità (COP 10) per chiedere ai Ministri e ai capi di stato di essere riconosciuti formalmente come parte attiva del processo. Gli interventi delle città per la tutela della biodiversità
26 October, 2010
Elisabetta Mutto Accordi
Singapore sta realizzando dei percorsi all’interno della città per collegare le differenti aree verdi e agevolare l’insediamento delle diverse specie, Curitiba in Brasile sta eliminando le piante invasive per reintrodurre quelle originariamente presenti nel territorio, Malmo in Danimarca sta realizzando tetti verdi come habitat per vegetazione e animali, Barcellona sta monitorando e controllando l’andamento della popolazione degli uccelli che vivono nell’area urbana, Gerusalemme si sta concentrando sulla purificazione delle acque di scarico e Delhi sull’aumento del numero dei parchi.
Sono molti gli esempi di intervento che le città stanno apportando e possono apportare dal momento che parlare di biodiversità significa fare riferimento a tutte le forme di vita presenti, dagli animali alle piante, ai differenti habitat in cui vivono le specie, dal suolo, ai boschi ai corsi d’acqua, alla diversità genetica che tutte le specie presentano e più in generale agli ecosistemi, identificabili con la convivenza di tutti gli esseri viventi che insistono in un determinato ambiente e con le relazioni tra loro e ciò che li circonda.
Per questa ragione, oltre 200 sindaci provenienti da tutto il pianeta, il 26 ottobre a Nagoya, hanno deciso di approvare un documento da presentare ufficialmente alla Conferenza dell’ONU sulla biodiversità (COP 10) per chiedere ai Ministri e ai capi di stato, che si riuniranno in questi giorni, di poter essere riconosciuti formalmente come parte attiva del processo.
“Quello che si sta cercando di ottenere qui a Nagoya, è di indurre gli stati ad adottare un Piano d’azione per gli enti locali sulla biodiversità, che ne riconosca quindi in modo sostanziale e formale l’operato e il fondamentale contributo.” E’ molto chiaro Hans Friederich, referente di IUCN (International Union for Conservation of Nature) per gli enti locali, nel commentare lo stato dell’arte: “Sono gli stati che stanno portando avanti il negoziato qui alla COP 10, eppure saranno le città a dover realizzare concretamente gli obiettivi che i governi stabiliranno”.
Il documento approvato al City Biodiversity Summit include un elenco di azioni che le amministrazioni dovrebbero essere messe nella condizione di poter adottare non solo in forma volontaria. “La biodiversità – si legge nel testo – deve essere gestita come parte integrante delle politiche delle città, dalla pianificazione urbana, alla programmazione finanziaria, ai trasporti, al commercio, nell’ottica di amministrare i territori in forma estesa in collaborazione con le autorità confinanti, attraverso un approccio che valorizzi gli ecosistemi.” “Tutti noi – sottolinea il referente di IUCN - traiamo dei vantaggi quotidianamente da ciò che la biodiversità offre direttamente e indirettamente e tutti noi incidiamo in qualche modo, incentivando o meno determinati cambiamenti. Per questo gli enti locali devono poter contare.”
“Entro la fine del secolo – precisa infatti Robert Cadman, presidente di ICLEI – Local Governments for Sustainability, una delle organizzazioni che hanno promosso il Summit dei sindaci a Nagoya – il 90% della popolazione vivrà nelle città. Gli enti locali quindi hanno un ruolo fondamentale, poiché devono fornire i servizi necessari conciliando le necessità di sviluppo economico con la conservazione delle risorse naturali.”
Sarà il Sindaco di Nagoya, Takasahi Kawamura, a presentare il documento alla plenaria della Conferenza dell’ONU che attualmente è concentrata sulla difficile trattativa per l’adozione da un lato di un protocollo (ABS - Access and Benefit Sharing) che dovrebbe regolare in modo più equo l’accesso alle risorse genetiche e dall’altro di un piano che dovrebbe prevedere la strategia per l’arresto della perdita di biodiversità.