Epro, il riciclo della plastica come opportunità economica oltre che scelta di sostenibilità. Da Napoli un messaggio di speranza
Si è tenuto a Napoli il congresso semestrale dell'associazione europea delle organizzazioni per il riciclo e il recupero delle plastiche. Confortante la crescita del settore, sia dal punto di vista ambientale che finanziario e occupazionale. L'Italia non sfigura rispetto agli altri paesi europei, ma il mezzogiorno è in ritardo. Con qualche eccezione di altissimo livello, anche nella Campania dell'emergenza
26 November, 2010
Il riciclo della plastica non è solo un'attività utile per l'ambiente, ma è prima di tutto un settore industriale in forte crescita, in grado di resistere alla crisi e di fornire preziose materie seconde agli altri comparti. È uno dei messaggi più forti emersi dal congresso semestrale dell'Epro, l'associazione europea delle organizzazioni per il riciclo e il recupero delle plastiche, che si è tenuto a Napoli. Una scelta di grande valenza simbolica: «Quando abbiamo organizzato l'evento, non era ancora scoppiata quest'ultima fase dell'emergenza rifiuti – spiega Giuseppe Rossi, direttore del Corepla (il Consorzio nazionale per la raccolta, il riciclaggio ed il recupero dei rifiuti di imballaggi in plastica, che di Epro è socio e che ha collaborato all'organizzazione del congresso) – ma quando il problema si è ripresentato, piuttosto che cambiare la sede dell'incontro abbiamo scelto di restare a Napoli, non solo perché è una splendida città con una grande tradizione di accoglienza, ma anche per dare un segnale di speranza». E la speranza arriva soprattutto dai numeri presentati dal Corepla: «Nel 2009 in Italia sono state avviate a riciclo oltre 690mila tonnellate di imballaggi in plastica, e altrettante sono state destinate al recupero energetico», ha spiegato Cesare Spreafico, direttore generale del consorzio ai propri “omologhi” europei (erano presenti rappresentanti di Austria, Belgio, Francia, Finlandia, Germania, Gran Bretagna, Islanda, Norvegia, Spagna, Svezia e Svizzera, ndr). In pratica, il 66% degli imballaggi in materiali plastici immessi sul mercato nazionale è stato recuperato, ancora meglio di quanto accade in Europa, dove il dato arriva al 63%.
Eccellenze made in Campania
Su questo fronte, il contributo delle regioni del sud non è ancora all'altezza di quello dell'Italia settentrionale, ma qualche segnale positivo, anche nella Campania devastata dall'emergenza infinita, non manca. È il caso, ad esempio, delle aziende Sri ed Erreplast, realtà industriali consolidate del casertano (Gricignano di Aversa) che si occupano rispettivamente di selezionamento e di riciclo dei rifiuti da imballaggio in plastica. «I flussi di materiale trattato sono in costante aumento dal 2006 – spiega Gabriele Di Dino, intervenuto al workshop “Dalla progettazione del packaging alla raccolta differenziata: azioni per un riciclo di qualità”, organizzato nell'ambito del congresso Epro – e soprattutto sta aumentando la quantità di materiale da avviare a riciclo proveniente dalla Campania». Nell'ultimo anno, infatti, la quota di rifiuti in plastica derivante dalla raccolta campana è aumentata del 114%, passando dal 40% del 2008 a più dell'80% nel 2009. Grazie ai continui progressi, l'impianto della Erreplast è arrivato a riciclare 2.500 chilogrammi all'ora di materiale, raggiungendo quasi il 90% della propria capacità produttiva. «Nel 2009 – continua Di Dino, grazie all'attività dei nostri due impianti è stata evitata l'emissione in atmosfera di oltre 20mila tonnellate di CO2 equivalenti». Anche dal punto di vista economico, il vantaggio del riciclo delle plastiche è notevole, tanto che solo in Campania, come riferisce Antonio Diana, amministratore delegato di Erreplast (anch'egli ospite del workshop di Epro), si potrebbero risparmiare 3 milioni di euro all'anno aumentando del 15% la raccolta differenziata di questo materiale.
Prima di tutto, la prevenzione
Il riciclo, però, non è l'unica strategia da seguire per rendere più sostenibile la gestione del ciclo del packaging. Il Corepla e gli altri membri dell'Epro promuovono anche, in collaborazione con le aziende, politiche di riduzione a monte della quantità di rifiuti da imballaggio. In questo senso, è significativa l'esperienza del gruppo Barilla, che, proprio di concerto con i consorzi per il recupero dei vari materiali, sta portando avanti politiche aziendali per la riduzione dell'impronta ecologica del confezionamento dei suoi prodotti. «Il packaging perfetto non esiste – dichiara Michele Amigoni, responsabile dell'unità imballaggi del colosso alimentare – ma possiamo cercare un compromesso tra tutte le caratteristiche che una confezione di prodotti per il consumo alimentare deve avere: convenienza, facilità di trasporto, sicurezza per il consumatore e sostenibilità ambientale». Per questo l'azienda sta lavorando fin dal 1997 alla riduzione della quantità di materiale utilizzato nelle sue confezioni e all'eliminazione di inchiostri, additivi e altre sostanze tossiche. «L'altro elemento decisivo – prosegue Amigoni – è quello della omogeneità chimica delle sostanze usate negli imballaggi compositi». La contemporanea presenza di diversi tipi di plastiche, infatti, riduce la riciclabilità delle confezioni, oltre a confondere il consumatore sul modo corretto di smaltirle. E proprio l'informazione ai cittadini rappresenta l'altro fronte su cui la Barilla sta cercando di intervenire, applicando su ogni imballaggio dei pittogrammi che spiegano come raccogliere le varie parti della confezione (sacchetto esterno, singoli involucri, parti in carta o cartone, etc). «Da questo punto di vista – conclude l'esperto di packaging – sarebbe però necessaria una maggiore uniformità dei regolamenti e delle modalità di raccolta differenziata, sia a livello nazionale che europeo , in modo da poter dare ai consumatori indicazioni chiare e univoche». Non mancano, infatti, le differenze nei sistemi di conferimento degli imballaggi da uno stato all'altro e addirittura tra comune e comune.
Politiche illuminate
Prevenzione, raccolta differenziata e riciclo, dunque. Una filiera sostenibile degli imballaggi in plastica (e non solo) non può prescindere da questi tre elementi, che richiedono imprenditori illuminati e cittadini consapevoli, ma anche politici lungimiranti, come ha sottolineato Roberto Caggiano, dirigente del servizio tecnico di Federambiente (l'associazione che riunisce le aziende che trasportano e trattano i rifiuti). «Vanno assolutamente evitati slogan e messaggi strumentali che creano nella popolazione solo confusione – dichiara – così come bisogna guardarsi dalle promesse illusorie che minano la credibilità delle istituzioni, come quella di costruire inceneritori in Campania in appena due anni». Un invito accolto da Paolo Russo, presidente della Commissione agricoltura della Camera e già presidente della Commissione bicamerale d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti, anch'egli intervenuto alla tavola rotonda. «I consorzi europei per la raccolta e il riciclo delle plastiche – afferma – rappresentano un sistema di eccellenza al quale la politica deve guardare per prendere le sue decisioni». Il messaggio da Napoli del gotha europeo dei rifiuti in plastica, in definitiva, è semplice: trattare correttamente questi materiali rappresenta un obbligo sul piano ambientale ma anche una grossa opportunità dal punto di vista finanziario, energetico ed occupazionale. «Al punto che – è la provocazione finale di un addetto ai lavori norvegese – trasportare la plastica dalla Gran Bretagna alla Cina per mandarla a riciclo sarebbe comunque più utile e conveniente che lasciarla in Inghilterra per portarla in discarica».