Le reazioni alla bozza di decreto legislativo sulle rinnovabili
Lo schema di decreto che recepisce la direttiva europea sulle rinnovabili ha suscitato, com'era prevedibile, reazioni contrastanti. Ecco i commenti delle principali associazioni del settore, oltre a una rassegna stampa sull'argomento
01 December, 2010
L'approvazione, da parte del Consiglio dei ministri, dello schema di decreto che recepisce la direttiva comunitaria in materia di rinnovabili e di efficienza energetica ha suscitato reazioni contrastanti tra gli addetti ai lavori e le associazioni di categoria. Legambiente è stata la prima a commentare, chiedendo al governo, per bocca del suo presidente Vittorio Cogliati Dezza, «una discussione chiara e trasparente, che permetta di valorizzare quelle proposte utili a spingere le rinnovabili termiche e il risparmio energetico, e a mitigare quegli aspetti che invece preoccupano perché potrebbero ridurre le potenzialità dell'eolico e del fotovoltaico in Italia». Secondo l'associazione del cigno, il decreto contiene alcuni spunti positivi, come i riferimenti agli investimenti nelle reti e alle agevolazioni per l'edilizia tolte dalla fiscalità generale, ma non mancano «alcune ombre sulle quali sarebbe bene fare luce senza farsi prendere dalla fretta».
Molto più critico, invece, il commento di Assosolare (Associazione nazionale dell'industria solare fotovoltaica), che si giudica molto grave «la grave limitazione posta per gli impianti fotovoltaici a terra realizzati su aree agricole, prevista dall’articolo 8 dello schema di decreto legislativo». La bozza del provvedimento, infatti, avranno diritto agli incentivi solo gli impianti con moduli collocati a terra in aree diverse da quelle classificate come agricole. Una norma chiesta direttamente dal ministro delle Politiche agricole, alimentari e forestali, Giancarlo Galan, che ha dichiarato: «Ho fortemente voluto e ottenuto che nel provvedimento venisse inserita la norma che non consente di costruire su terreni agricoli impianti fotovoltaici a terra superiori a 1 megawatt. In questo modo intendiamo proteggere il terreno agricolo dalle speculazioni industriali, stabilendo che esso deve essere utilizzato in primo luogo per l'agricoltura». Lo schema di decreto prevede inoltre che la grandezza degli impianti sia direttamente proporzionale alla superficie agricola posseduta, in modo che non si possa utilizzare più del 10% del terreno a disposizione per sviluppare impianti a terra. Limitazioni che non sono piaciute al presidente di Assosolare, Gianni Chianetta, secondo il quale si tratta di «una scelta in contrasto con i recenti provvedimenti come le linee guida ed il terzo Conto Energia, e che innalzerà nuovamente la valutazione "rischio Paese" per tutti gli investitori e rischia di pregiudicare il raggiungimento degli obiettivi previsti dalla direttiva europea sull'energia da fonti rinnovabili (che per l'Italia prevede l’utilizzo del 17% di energia verde entro il 2020, ndr)».
La scelta di limitare la quota di terreni agricoli utilizzabili per la produzione di energia è invece condivisa dalla Cia (Confederazione italiana agricoltori) che però sottolineato la necessità di introdurre «parametri che non complichino in alcun modo la vita degli agricoltori e delle imprese agricole e che, ad esempio, prevedano il rilascio dell'autorizzazione all'installazione di pannelli fotovoltaici nei limiti delle dimensioni adottate per definire fiscalmente il criterio di connessione all'attività agricola». Secondo l'associazione, inoltre, il governo dovrebbe sostenere maggiormente la microgenerazione diffusa di biomasse agroforestali e di biogas, «un'opportunità per molte imprese agricole e molte filiere territoriali e un contributo concreto dell'agricoltura al contrasto al cambiamento climatico e al raggiungimento dei grandi obiettivi di qualità ambientale fissati dalla Ue».
Sostanzialmente positivo, pur se con qualche riserva, il parere di Aper (Associazione produttori energia da fonti rinnovabili), che ha espresso «apprezzamento» per l’impostazione scelta dal legislatore nello schema del decreto. Secondo l'Associazione, infatti, «il provvedimento sembra finalmente dare un respiro di medio e lungo termine traguardato al 2020 al settore, in coerenza con gli obiettivi del Piano di azione nazionale approvati nel giugno scorso». Aper approva la modifica principale riguardante il superamento graduale del regime di sostegno dei Certificati verdi a partire dal 2013 e l’introduzione di un incentivo sulla produzione definito in via amministrata, provvedimenti giudicati utili per «introdurre maggiori elementi di stabilità, certezza e di efficienza nel settore, nonché per ridurre i possibili elementi di speculazione». Positiva, per Aper, la nuova disciplina dei procedimenti autorizzativi basata su un procedimento unico semplificato specifico per gli impianti a fonti rinnovabili. In ogni caso, i produttori ritengono che «nei successivi passaggi parlamentari occorrerà apportare idonei provvedimenti correttivi ad alcune parti del decreto in modo da rendere realmente efficace il provvedimento, a cominciare dal termine (12 mesi, ndr) fissato per l'emanazione dei decreti attuativi» che andrebbe accorciato per evitare di «prolungare il periodo di sostanziale stasi dei nuovi sviluppi dei progetti imprenditoriali». Sindacati e imprese hanno proposto al ministero dello Sviluppo economico un emendamento da inserire nel provvedimento Milleproroghe per incentivi per la produzione di energia elettrica da biomasse solide. Il governo ha accolto favorevolmente la richiesta.
Una sonora bocciatura arriva invece da Anev (Associazione nazionale energia del vento), per cui la bozza di decreto «non consente di raggiungere l’obiettivo vincolante dell’Italia, bloccherà i nuovi investimenti e mette a rischio quelli esistenti». Secondo l'associazione, il provvedimento, se non modificato rispetto allo schema attuale, potrebbe dunque causare anche gravi danni economici legati alle penali che l'Italia dovrebbe pagare in caso di mancato raggiungimento degli obiettivi al 2020. In particolare, per Anev, «la previsione inconcepibile di voler tagliare retroattivamente le remunerazioni per gli impianti a fonti rinnovabili, oltre che ledere diritti acquisiti e mettere in crisi investimenti effettuati, comporterà il fallimento di molte società». La richiesta dell'associazione dell'eolico è dunque quella di modificare il testo, «almeno per scongiurare la catastrofica conseguenza certa di bloccare le nuove iniziative e di far fallire parte di quelle esistenti».
Ises Italia (sezione italiana dell'International solar energy society), infine, rinvia il giudizio definitivo a quando sarà avvenuta un'analisi più approfondita, ma intanto definisce la bozza «un documento importante, che oltre ai meccanismi di incentivazione, fornisce il quadro di riferimento in merito agli iter autorizzativi e alle procedure amministrative, alle regolamentazioni tecniche, all’informazione e formazione, alla modernizzazione delle reti elettriche e del gas». L'associazione plaude in particolare alla maggiore attenzione concessa «alla generazione termica da fonti rinnovabili, per troppo tempo confinata nel ruolo di parente povera, e alla biomassa nelle sue diverse declinazioni (uso energetico diretto, trasformazione in biogas, biometano, biocarburanti)». Positivo anche il giudizio sulla riforma del sistema di incentivi, che «prefigura un percorso che potrebbe accelerare il perseguimento della competitività», ma la riduzione del 30%(nella fase transitoria) del valore dei Certificati verdi viene giudicata anche da Ises «in molti casi insufficiente a rimunerare gli investimenti già in essere, ponendo a repentaglio più di un progetto». Infine, l'associazione sottolinea l'importanza dell’inserimento del teleriscaldamento e del teleraffrescamento tra le opere di urbanizzazione primarie, dell’istituzione presso la Cassa conguaglio per il settore elettrico di un fondo di garanzia a sostegno della realizzazione di reti di teleriscaldamento e dell'obbligo di utilizzare le fonti rinnovabili per il riscaldamento, l'elettricità e la climatizzazione negli edifici di nuova costruzione e in quelli che devono subire ristrutturazioni rilevanti.
Nuove regole sulle rinnovabili, addio ai certificati verdi dal 2013 - Da Il Sole 24 Ore del 01.12.2010
Dl fonti rinnovabili: fissato l'obiettivo del 17% entro il 2020 - dal Corriere della Sera del 01.12.2010
Così la truffa continua - da Terra del 01.12.2012
Bozza di decreto per il recepimento della direttiva rinnovabili - da QualEnergia del 30.11.2010