Trattamenti meccanico-biologici e CO2: qual è la verità?
Riprendiamo la questione aperta al convegno di martedì 30 novembre organizzato da ATO-R per presentare lo studio sull’applicabililità del TMB nel ciclo integrato dei rifiuti urbani nella provincia di Torino. Con questa tipologia di trattamento si riduce o no l’impatto ambientale?
06 December, 2010
Riprendiamo la questione aperta al convegno di martedì 30 novembre organizzato da ATO-R per presentare lo studio sull’applicabililità del TMB nel ciclo integrato dei rifiuti urbani nella provincia di Torino. Il Trattamento meccanico biologico conviene o no in termini di emissioni di CO2?
Nell’analisi esposta dal Prof. Giuseppe Genon (Politecnico di Torino) si sottolineava come questa tipologia di trattamento non presentasse alcun vantaggio dal punto di vista del bilancio del carbonio – anzi, le tabelle proposte indicavano questa soluzione come quella meno favorevole al risparmio di CO2, con valori di produzione leggermente più alti rispetto a quelli degli altri scenari ipotizzati. A questo proposito ricordiamo che lo studio confrontava quattro possibili scenari per il ciclo integrato dei rifiuti: a) inceneritore del Gerbido (attualmente in costruzione) + un nuovo inceneritore; b)inceneritore + uno o due gassificatori; c) ampliamento dell’inceneritore; d) inceneritore + TMB.
La valutazione complessiva dell’impatto ambientale dello scenario d (dove per impatto ambientale chi ha realizzato lo studio ha scelto di considerare esclusivamente il bilancio della CO2) era stata però contestata al convegno da Michele Bertolino - responsabile del settore rifiuti di Legambiente Piemonte e Valle d’Aosta - che aveva proiettato sullo schermo una slide tratta da un precedente studio dello stesso Prof. Genon in cui le conclusioni sul bilancio del carbonio apparivano ben diverse e in questo caso favorevoli al TMB, come sostenuto anche nel report “Waste Management Options on Climate Change” della Commissione Europea.
Abbiamo chiesto un confronto più puntuale ai diretti interessati, che hanno risposto come segue:
Michele Bertolino (Legambiente Piemonte – Valle d’Aosta)
“Nel novembre 2008 il Politecnico di Torino, su incarico della Provincia e nell'ambito di un tavolo di confronto tra Legambiente e la Provincia stessa (nato a seguito della nostra posizione che reputava inutile il secondo inceneritore a Settimo) produsse lo studio “LCA del sistema integrato dei RSU nella Provincia di Torino” (in allegato, NdR). Come si può facilmente vedere le conclusioni del rapporto 2008 sono diametralmente opposte a quelle a cui perviene lo studio dell'ATO-R discusso il 30 novembre 2010. In particolare lo studio attuale arriva alla conclusione che l'impatto della CO2 (quello che il professor Genon stesso definisce come il vero inquinamento, affermazione che contesto pesantemente) è simile (pagina 102) mentre lo studio del 2008 evidenziava proprio i notevoli vantaggi che si avrebbero in termini di impatti legati alla CO2 nei trattamenti a freddo (pagina 34).
La clamorosa differenza sta nel fatto che lo studio attuale nega tra le sue ipotesi l'azione di sequestro della CO2 delle matrici organiche mentre lo studio del 2008 la riconosceva, come quasi tutta la letteratura scientifica in merito. Nulla di strano ma resta il fatto che gli studi sono firmati dallo stesso professore.
Il cambiamento di rotta viene giustificato con differenti premesse, ossia il sequestro appunto della CO2. Provo a spiegarlo in modo comprensibile: un vegetale, attraverso la fotosintesi clorofilliana produce ossigeno ed immagazzina CO2. Per questo motivo il protocollo di Kyoto e la successiva conferenza di Copenhagen hanno sancito la semplificazione che dice: “L'utilizzo di biomasse per la produzione di energia è neutro ai fini della emissioni di CO2, ossia quando le brucio emettono la stessa CO2 che hanno assorbito nell'arco del loro accrescimento quindi non ne aggiungono al bilancio complessivo dell'atmosfera del pianeta”.
Semplificazione che io non ho mai condiviso in quanto è banale capire che nel taglio e nel trasporto delle biomasse si utilizza del combustibile fossile, e inoltre, qualora si utilizzino dei concimi come avviene per gran parte delle biomasse alimentari, questi richiedono energia fossile per essere prodotti. Insomma, le biomasse hanno un costo in termini di energia fossile che è valutabile nel 30% circa dell'energia che si ricava dalla combustione o biodigestione delle medesime e la semplificazione degli accordi internazionali trascura un 30% circa dell'energia complessiva.
Tuttavia, è ovvio che ci si debba confrontare sulla base degli accordi e quindi assumo che il bilancio di CO2 delle biomasse sia neutro ossia che quando le brucio emettono altrettanta CO2 di quanta ne hanno immagazzinata.
Cosa cambia tra compostarle (o stabilizzarle) e bruciarle è semplice: in un caso le emissioni di CO2 saranno diluite nel tempo (la letteratura scientifica dimostra circa 100 anni), mentre nell'altro caso le emissioni sono rilasciate tutte e subito. Lo studio sui TMB presentato dal Prof. Genon non considera la variabile tempo.
Giuseppe Genon (DITAG, Politecnico di Torino)
Si tratta di due risultati non metodologicamente comparabili tra loro:quello mostrato da Bertolino riguardava una procedura di analisi di ciclo di vita relativa all'intero sistema di gestione del rifiuto torinese, l'altro dello studio attuale è invece un bilancio relativo al carbonio e riguardante il solo rifiuto eccedente la quota del Gerbido. Si tratta quindi di due procedure di calcolo diverse, ed applicate a scenari i cui confini sono diversi.
Questo brevemente, con più calma si potrebbe scrivere di più.
(Seguirà a breve un'intervista di approfondimento sulla questione).