Gli ippocastani di corso Marconi, il cedro del Libano del parcheggio di Porta Nuova la vegetazione spontanea di lungoPo Antonelli: quando è giusto abbatterli?
Il Comune media "tra la sicurezza che bisogna garantire e la conservazione". L´Ipla: "In città la vegetazione svolge un suo ciclo che spesso è assai breve" - da la Repubblica del 09.12.2010
09 December, 2010
Leonardo Bizzaro
Che succede agli alberi di Torino? Sette ippocastani tagliati in largo Marconi, dopo che un altro si è adagiato sui cofani di due auto. Poche settimane prima, l´enorme cedro del Libano che presidiava il parcheggio di Porta Nuova, simbolo stesso della stazione cittadina, abbattuto prima del crollo (un fratello era stato eliminato qualche anno fa per problemi analoghi): parte delle radici erano state recise durante i lavori della metropolitana e l´inquinamento ha fatto il resto, sfibrando la pianta che si è ammalata. Diverso il caso delle piante spontanee che si è deciso di diradare sulla sponda del fiume in lungoPo Antonelli: sono robinie, pioppi, olmi cresciuti per conto loro, cui gli abitanti della zona si sono abituati e che adesso difendono con veementi lettere ai giornali. È giusto tagliare? Quando occorre farlo, nonostante la difesa dei cittadini, portati di solito a salvare a oltranza il verde di fronte a casa? Dagli archivi esce la vicenda dello scavo del sottopasso di corso Regina, durante il secondo mandato del sindaco Castellani. I verdi di allora si incatenarono metaforicamente ai platani che presidiavano il viale finché la giunta non approvò nel ‘98 la galleria a una sola carreggiata: due avrebbero comportato il taglio delle piante. Una decina d´anni più tardi molti di quei platani sono stati sostituiti perché malati. Sarebbe stato sufficiente rendersi conto che le radici erano state già selvaggiamente tagliate nella costruzione della cosiddetta metropolitana leggera.
Non vuole polemizzare Claudia Bertolotto, dirigente del settore Verde e Ambiente del Comune, ma sottolinea che la loro «è una continua mediazione fra la sicurezza che bisogna garantire e la conservazione che giustamente viene chiesta dai cittadini». Andrea Èbone, tecnico dell´Ipla, l´Istituto per le piante da legno e l´ambiente, è convinto però che «le piante in città svolgono un loro ciclo che è assai breve. Nell´asfalto la loro vulnerabilità è elevata. Quelle che sono sane, stabili, vanno ovviamente salvate, le altre devono essere sostituite e ripiantate. E non sempre ci si rende conto delle loro condizioni senza l´esame approfondito di un esperto». Non che in passato fosse diverso. In un bel volume pubblicato da L´Arciere nel ‘92, «Torino verde», Carlo Grande rileva le stesse cose: «La città è davvero ingrata con il verde, e gli stress cui sono sottoposti le piante sono tantissimi».
L´Ipla ha organizzato lo scorso 2 dicembre un workshop per la presentazione di un «nuovo protocollo condiviso per la valutazione e gestione del rischio di caduta alberi nelle aree verdi estensive». Situazione totalmente diversa da quella delle alberate e dei piccoli giardini di quartiere, o delle aree di pertinenza delle scuole, osserva ancora Èbone, dove i fusti possono essere controllati uno ad uno: «Nei grandi parchi c´è la necessità di creare nuovi metodi di valutazione effettivamente realizzabile in contesti così grandi, dove occorre controllare migliaia o decine di migliaia di piante». È stato il caso della quercia caduta alla Mandria che ha ucciso un golfista, cui ha fatto seguito una ricerca del procuratore Guariniello. «Ci si accorge del pericolo troppo tardi - sottolinea Èbone - Quando un albero è a rischio, spesso le potature per alleggerirlo sono solo un palliativo. Io credo che sia molto meglio, in un parco, avere tre piante con una chioma ampia, stabili, piuttosto di dieci che si crescono addosso».
In lungoPo Antonelli la situazione non è troppo diversa. Dal Comune fanno osservare che da un anno, a causa degli alberi troppo cresciuti sulla riva del fiume, «è stata resa inaccessibile la sponda. Il diradamento serve anche a questo, a riaprire l´area».