Eco-ludobus in Palestina
Un veicolo ad energia solare realizzato con materiali riciclati, che porterà nei campi profughi della Cisgiordania attrezzature e materiali ludici per promuovere il diritto al gioco, trasformando oggetti d'uso quotidiano in nuovi giocattoli per i bambini palestinesi
03 January, 2011
Betlemme – EducAid, ONG (Organizzazione Non Governativa )italiana di Rimini giovedì 16 Dicembre ha inaugurato, nel Campo profughi di Aida (Betlemme) all’interno di un progetto di promozione sociale intitolato “Places & Spaces”, il primo Eco-ludobus della Palestina.
Con il progetto “Places & Spaces” EducAid insieme con il Teatro Nazionale Palestinese, ha formato quattro team di Ludobus ed Eco-ludobus, che operano a Gerusalemme Est e nei Campi Profughi al di là del Muro che divide la città dalla Cisgiordania. Il Ludobus è un mezzo mobile che porta in ogni luogo giochi, attrezzature e materiali ludici per promuovere il diritto al gioco, trasformando materiali d'uso quotidiano in strumenti ludici. Si rivolge a bambine e bambini, ragazze e ragazzi dai 2 ai 99 anni.
L’Eco-ludobus, presentato in anteprima durante l’evento, è un veicolo a energia solare e ciclica costruito da un gruppo di ingegneri palestinesi. Verrà utilizzato per trasportare portare il gioco all’interno dei campi profughi palestinesi. E’ stato principalmente costruito con l’utilizzo di materiali riciclati e materiali poveri, ed è, probabilmente, il primo ludobus a energia solare al mondo. L’Eco-ludobus rappresenta da una parte un’alternativa rispetto all’utilizzo delle risorse energetiche tradizionali in un paese dove tutte le risorse (come acqua ed elettricità) sono gestite e fornite dall’occupante, dall’altra cerca di aprire una discussione e una riflessione sulla ricerca di nuove risorse energetiche.
L’obiettivo di EducAid è quello, tramite il linguaggio universale del gioco, di provare a riunire diverse realtà della Palestina, mettendole così in condizioni di parlare, di conoscersi, di riscoprirsi come frammenti di una stessa cultura, di uno stesso popolo. E’ per questo che il progetto coinvolge tre organizzazioni situate in tre diversi campi profughi: Al Rowwad Center del campo di Aida, Handala center del Campo di Al ‘Azza, e Khalandia Child center del Campo di Khalandia.
“Gerusalemme è isolata non solo dalla Palestina, ma anche dal resto del mondo”, racconta Jamal Gosheh, direttore del Teatro Nazionale Palestinese, “gli abitanti di Gerusalemme hanno un grosso problema di identità: non sono cittadini palestinesi, non nono cittadini israeliani, non sono cittadini giordani. Il loro documento di identità è semplicemente un lasse passe, un documenti di viaggio. Gerusalemme, accerchiata dal muro, si sta frammentando in cantoni, che vivono solo della propria realtà. Le maggiori vittime di questa segregazione e frammentazione sono i bambini, che non hanno più le possibilità dei propri padri, e sarà sempre più difficile per loro immaginare un futuro diverso da quello che vivono.”
La strada è normalmente dominata da auto e la vita viene dettata dalle esigenze degli adulti, ma allo stesso tempo viene vissuta per gran parte del giorno dai bambini che sono costretti a subire passivamente scelte fatte da altri.
Nel contesto dei campi profughi palestinesi, l'idea è quella di creare, attraverso il gioco, dei luoghi aperti, attraversabili da tutti, in cui poter sovvertire la quotidianità caratterizzata da frustrazioni, rapporti aggressivi e relazioni fortemente asimmetriche tra adulti e bambini. L'intento è quello di trasformare angoli di campi in un luoghi dove i bambini possano assumere un ruolo attivo sperimentando la responsabilità di condurre il gioco.
“Nel ’98 abbiamo iniziato quella che chiamiamo la Resistenza Non Violenta della Bellezza” spiega Abdel Fatah, direttore del Centro Al-Rowwad, “una resistenza contro l’orrore dell’occupazione. Una maniera per difendere la nostra umanità, e mostrare la nostra bellezza. Un modo per rompere gli stereotipi, perché nessuno possa essere etichettato come una minaccia, o come un violento”.
Con gli interventi di Ludobus si cerca di mostrare come con strumenti semplici si possa reinventare il luogo che si abita creando nuove possibilità d'incontro e di scambio per l'intera comunità. Il gioco diventa qui uno strumento non solo di resistenza, ma di resilienza dei giovani palestinesi, un modo per poter giocare a immaginare il proprio futuro.