Decreto legislativo sulle rinnovabili, gli ambientalisti chiedono più chiarezza sugli incentivi
Associazioni ecologiste e organizzazioni per l'energia pulita presentano sei proposte di emendamento al D. lgs. che recepisce l'ultima direttiva Ue. Sviluppo del fotovoltaico a terra e regole più precise per i finanziamenti sono i nodi principali
14 January, 2011
No ad altri stop and go, messaggi che generano confusione, tagli agli incentivi. Sì a maggiore coerenza e a una politica che dà certezze sui finanziamenti. Potrebbe essere riassunta così la posizione di alcune delle principali associazioni ambientaliste e organizzazioni a favore delle energie rinnovabili (Greenpeace, Legambiente e Wwf da una parte, Fondazione sviluppo sostenibile, Kyoto club e Ises Italia dall’altra) sul recepimento in Italia della Direttiva Ue che promuove l’uso dell’energia da fonti rinnovabili.
A metà dicembre il governo ha presentato lo schema di decreto legislativo che attua la direttiva CE 28/2009, l’ultimo passo dell’Unione europea per applicare il Pacchetto clima 20-20-20. Per esprimere le proprie richieste, le associazioni hanno presentato, in un documento condiviso, sei proposte di emendamento al decreto legislativo, che attualmente è all’esame del Parlamento. “La Proposta di Decreto legislativo – si legge nel documento congiunto – anche se presenta indubbi meriti di chiarezza e di sistematicità della materia e contiene notevoli passi in avanti per quanto concerne l’incentivazione della generazione termica e della biomassa, include alcune soluzioni potenzialmente in grado di ‘inceppare’ la macchina messa in moto negli ultimi tempi e di ostacolare lo sviluppo di settori chiave per il raggiungimento degli obiettivi al 2020”. Il rischio, scrivono le organizzazioni, è quello di “bloccare alcune delle tecnologie più promettenti e in rapido sviluppo come l’eolico e il solare fotovoltaico”.
Incentivi statali
La principale proposta di emendamento, spiega Edo Ronchi, presidente della Fondazione sviluppo sostenibile, è quella che riguarda l’ultimo comma dell’articolo 8. Qui, il governo introduce due limiti forti per l’erogazione di incentivi a favore di impianti solari fotovoltaici a terra in aree agricole: potenza dell’impianto non superiore a 1 megawatt e rapporto tra potenza e superficie di terreno nella disponibilità del proponente non superiore a 50 kilowatt per ettaro. “Proponiamo la cancellazione di queste limitazioni, che non possono valere per ogni tipo di area agricola. I limiti dovrebbero essere deliberati dalle Regioni, sentite le Province interessate”, continua Ronchi. La legge, così com’è formulata, rischierebbe cioè di bloccare lo sviluppo del fotovoltaico a terra, mentre nella penisola ci sono molte aree adatte allo scopo. “Il 2% del territorio italiano – spiega il presidente del Wwf Stefano Leoni – è composto da aree da bonificare. Si tratta di un’estensione pari a una volta e mezzo la Liguria, zone abbandonate per le quali gli impianti fotovoltaici a terra potrebbero essere un buon investimento”.
Certificati verdi
L’articolo 23, al comma 5, prevede un deprezzamento del 30% dei certificati verdi. La proposta del documento è di applicare una riduzione solo del 15%, “che favorisca l’innovazione tecnologica senza comportare una svalutazione troppo consistente, visto che il prezzi dei titoli verdi erano stati fissati tre anni fa”, dice Ronchi. Si chiede anche che il Gse (Gestore servizi energetici, società pubblica che in Italia gestisce lo sviluppo di fonti rinnovabili) ritiri semestralmente (piuttosto che una volta all’anno), quando richiesto dal produttore di energia, i certificati in eccesso.
Limitare le aste al ribasso
L’articolo 22 (commi 3 e 4) prevede aste al ribasso per la produzione di energia elettrica da impianti di potenza uguale o superiore a 5 megawatt. “Le aste al ribasso sono strumenti che possono dar luogo a pesanti distorsioni del mercato e consentire l’ingresso di capitali finanziari dalla dubbia provenienza”, spiega il documento delle associazioni. “Si creerebbe – chiarisce Ronchi – un eccesso di offerta, a fronte di uno spazio ridotto per i compratori, con prezzi che possono anche non garantire la remunerabilità dell’investimento”.
Lunga vita agli impianti
L’articolo 22, al secondo comma, stabilisce che gli incentivi saranno concessi alle produzioni energetiche “da nuovi impianti, ivi inclusi quelli realizzati a seguito di integrale ricostruzione”. Una formulazione che per le associazioni ambientaliste e le organizzazioni a favore delle fonti rinnovabili va contro il rispetto dell’ambiente: “È contrario alla logica ecologica incentivare lo spreco e non incoraggiare il riutilizzo prolungato di beni e servizi. Si pensi ad esempio alle opere civili delle centrali idroelettriche: la formulazione attuale spinge a demolire cose riutilizzabili per poter prendere gli incentivi”. Servono anche indicazioni più puntuali per stabilire quando, come recita l’articolo 4, comma 3, impianti diversi vicini tra loro possano considerarsi un unico impianto.
Più attenzione per solare ed eolico
“È singolare che il decreto, mentre cerca di potenziare energia termica e da biomasse, tolga terreno al solare e all’eolico. Basti pensare che in Germania si punta a raggiungere nel 2020 52.000 megawatt di energia solare, mentre in Italia l’obiettivo è di 8.000 megawatt”, sottolinea Giovanni Battista Zorzoli, presidente di Ises Italia (International Solar Energy Society). E maggiore attenzione serve, come sottolinea Edoardo Zanchini, responsabile energia di Legambiente, anche per l’eolico, un settore che in Italia avrebbe buone possibilità di sviluppo, ma che attualmente è fermo.
I cugini spagnoli
La Spagna, soprattutto grazie all’eolico, ha di molto superato l’Italia. “In Spagna la quota di energia elettrica da fonti rinnovabili è pari al 35% del totale, mentre da noi è pari al 21%. L’energia eolica rappresenta nello stato iberico il 16% del totale, con record giornalieri che superano il 43%. Da noi, per arrivare all’obiettivo del 17% di energia rinnovabile sul totale dei consumi finali nel 2020, nel settore elettrico si dovrà superare il 30% di produzione da fonti rinnovabili”, dice Giuseppe Onufrio, direttore esecutivo di Greenpeace Italia.
L’importanza degli enti locali
Regioni e Province, spiega Zanchini di Legambiente, sono i veri attori del cambiamento, le entità che possono maggiormente favorire lo sviluppo di energia da fonti rinnovabili. “Serve più dialogo tra stato e Regioni, un dialogo che negli ultimi anni è stato addirittura inesistente”, sottolinea Mario Gamberale, coordinatore del gruppo di lavoro sulle fonti rinnovabili del Kyoto club.