Come smaltire l’indifferenziato: una proposta di gestione senza inceneritori
Presentiamo la proposta di Margherita Bologna, giornalista scientifica free lance basata su un progetto di smaltimento dell’indifferenziato mediante quattro impianti di trattamento a freddo, senza utilizzare inceneritori, con un risparmio energetico complessivo quattro volte superiore. Progetto scaricabile in allegato
16 February, 2011
Dottoressa Bologna, il suo progetto "Proposte per controllare gli illeciti connessi al ciclo dei rifiuti nella gestione dei materiali post utilizzo senza inceneritori" (scaricabile in allegato a fondo pagina) si fonda su 4 impianti di trattamento a freddo in grado di trattare circa l'80-90% dei rifiuti, più un quinto impianto, il mulino Thor, necessario per il trattamento della frazione residua. E' possibile quantificare il risparmio economico e i vantaggi ambientali che ne deriverebbero?
Dai grafici riportati nella mia proposta di gestione dei rifiuti senza inceneritori a colpo d'occhio si può desumere che i vantaggi economici sono notevoli. Se consideriamo il fatto che il risparmio complessivo di energia derivante dal riciclo dei materiali selezionati è circa quattro volte superiore all'energia prodotta con l'incenerimento e che, con la soluzione che propongo, si produce biogas mediante digestione anaerobica della parte organica dei rifiuti (e volendo elettricità), i vantaggi economici per tutta la comunità nazionale sono indubbi. Una calcolo preciso potrebbe essere oggetto di un successivo approfondimento. Il mio lavoro ha lo scopo di fornire un veloce quadro d'insieme a molti amministratori che molto spesso sono guidati nelle loro scelte da una visione estremamente parziale e riduttiva: quella della eliminazione dei materiali postutilizzo considerati come un problema e non come una risorsa, eliminazione che appare ai più un'ottima scelta soprattutto perché finalizzata alla produzione di energia.
Per quanto riguarda i vantaggi ambientali si stima che dalla riduzione dei rifiuti avviati in discarica,dal recupero della materia organica per produrre compost e dalla sostituzione delle materie prime vergini con materie riutilizzabili, si avrebbe una riduzione delle emissioni di CO2 corrispondente al 30% degli obiettivi fissati dal protocollo di Kyoto al 2020. Per quantificare altri indubbi vantaggi ambientali derivanti dai danni evitati alle persone ed all’ambiente, la Commissione europea ha creato un software apposito Ecosense-Web (Progetto Externee della Commissione Europea) http://scenarios.ew.eea.europa.eu/fol079729/online-model-inventory/ecosense mediante il quale è possibile calcolare i costi provenienti dagli impatti ambientali prodotti da qualsiasi fonte emissiva che produce elettricità. Anche qui occorrerebbe uno studio comparativo e particolareggiato specifico che lascio agli esperti del settore.
A suo parere, il fatto che in Italia la prima scelta ricada sempre sugli inceneritori da cosa dipende?
In parte dal fatto che molti amministratori a cui spettano certe scelte non conoscono le tecnologie di trattamento meccanico-biologico e si affidano alle proposte suggerite dalle multiutility che gestiscono i rifiuti. A loro volta i gestori sono spinti unicamente dalla volontà di intascare gli incentivi che vengono dati sotto forma di Certificati verdi alla (scarsa) produzione di energia ottenuta con l'incenerimento dei rifiuti. Poi una parte di responsabilità è da attribuire all'atteggiamento compiacente verso la politica di certa stampa che nasconde l'informazione sulle tecnologie alternative idonee a gestire i rifiuti senza inceneritori.
Nelle Sue proposte, Lei fa riferimento all'ecodesign e al concetto di simbiosi industriale. Può farci qualche esempio che ritiene riuscito con successo?
Oggi non tutti i materiali sono riciclabili quando giungono a fine vita. La Direttiva europea 2008/98 sollecita i produttori a prendere in considerazione il destino finale di una merce fin dal momento della sua ideazione. L'ecodesign non è altro che la progettazione di merci scegliendo le componenti e i materiali più idonei ad essere riciclati nel momento in cui ce ne disfiamo. In questo modo si riducono i rifiuti arrivando al riciclo totale.
Tuttavia 4/5 dei rifiuti sono di origine industriale. Il sistema migliore per ridurli è la creazione di una rete di scambio tra diverse aziende che utilizzano i sottoprodotti derivanti da un processo produttivo come materia prima da impiegare in un nuovo ciclo, con il duplice beneficio di ridurre i costi e rispettare l'ambiente. Ad esempio a Kalundborg, in Danimarca, un'industria farmaceutica produceva degli enzimi insieme ad una certa quantità di biomasse di scarto risultante dal processo di produzione. In un primo momento la biomassa veniva dispersa nelle acque di scarico dell'impianto, ora invece una parte di questa viene impiegata come fertilizzante organico, mentre quella di maggior pregio costituita dai lieviti, è rivenduta per l'alimentazione dei suini. Faccio un altro esempio di simbiosi industriale realizzata a Kalundborg: la desolforazione dei gas di scarico della centrale elettrica produce gesso che viene venduto ad un'altra ditta la quale non importa più del gesso naturale. Allo stesso modo il calore in eccesso dei processi produttivi può essere riutilizzato per il riscaldamento o per produrre energia e calore in altri impianti vicini. Sono tanti i modi e le forme per realizzare la simbiosi industriale tra imprese. A Kalundborg è nata in modo spontaneo e nel tempo. Ora, per applicare questo modello si stipulano accordi di cooperazione sul nascere che spesso danno origine a dei veri e propri parchi eco-industriali costruiti nell'ottica della produzione di zero scarti e zero rifiuti.
E' evidente che se la stessa società gestisce un inceneritore e la raccolta differenziata si crea un conflitto di interessi, che porta inevitabilmente ad abbassare il livello della raccolta per garantire un afflusso di rifiuti sufficiente all'impianto di termovalorizzazione. Ritiene che questo conflitto di interessi sia molto diffuso sul territorio nazionale?
Partendo dal presupposto contenuto nella sua asserzione direi proprio di sì anche se ho conoscenze dirette solo per la regione in cui abito, L'Emilia Romagna. Nella mia Regione ci sono ben otto inceneritori ed anche là dove si raggiungono alte performance di raccolta differenziata come a Parma se ne vogliono costruire altri col pretesto di bruciare i rifiuti speciali, come se non ci fossero tecnologie in grado di selezionare e avviare al riciclo anche questa tipologia di rifiuti. Ci sono impianti che selezionano i RAEE ed altri che selezionano e recuperano i rifiuti residui che provengono dalla rottamazione dei veicoli, il cosiddetto car fluff. E' ora di dare una svolta alla politica di gestione dei rifiuti nella mia Regione. Sarà quello che chiederò al Presidente Vasco Errani in marzo quando mi riceverà.
Parliamo di certificati verdi: come funziona il sistema e per quale motivo Lei ritiene necessario eliminarli?
E' noto a molti ormai che i certificati verdi sono incentivi dirottati dai finanziamenti previsti per lo sviluppo delle vere energie rinnovabili verso le fonti energetiche "assimilate alle rinnovabili" tra cui gli inceneritori con recupero energetico. Questi incentivi sono pagati dai cittadini nella bolletta elettrica sotto la voce A3. Secondo i dati forniti dal Gse nel 2009 ammontano a 33 miliardi di euro, mentre alle "vere rinnovabili" nello stesso anno vanno 13,5 miliardi. Gli inceneritori sono impianti talmente costosi che diventerebbero automaticamente una soluzione impraticabile nel momento in cui fossero tolti gli incentivi all'energia che producono. A mio parere tutte le tecnologie per trattare i materiali postutilizzo dovrebbero avere pari opportunità economiche. Invece con i certificati verdi ai cosiddetti termovalorizzatori il mercato è drogato.