Camera di Commercio di Bari, decreto rinnovabili: gli operatori chiedono maggiore chiarezza
Durante il convegno organizzato presso la Camera di Commercio giovedì 10 marzo 2011, si è discusso degli effetti del "nuovo decreto Romani" ancora in fase di recepimento. Gli operatori del settore lamentano la poca chiarezza della politica energetica nazionale, l’incertezza sugli incentivi, il pericolo delle speculazioni dall’estero
11 March, 2011
Si sono incontrati giovedì 10 marzo 2011 presso la Camera di Commercio di Bari, gli operatori delle energie rinnovabili, nel convegno “Nuove linee guida regionali: snellimento delle procedure e attenzione al territorio. La Puglia pioniera delle energie rinnovabili”. Oggetto del dibattito le novità introdotte dal decreto Romani (non ancora approvato) e le nuove linee guida regionali, entrate in vigore il 1 gennaio 2011. Tema centrale è l’incertezza degli investimenti, poiché, sostengono alcuni degli operatori intervenuti, il nuovo decreto, se verrà approvato e senza alcuna modifica, provocherà la caduta verticale di un settore trainante per l’economia italiana, quello delle rinnovabili (come ultimamente è accaduto in Spagna, con il taglio netto agli incentivi).
Riduzione degli incentivi. Massimo Leone, Amministratore delegato della Promem Sud Est, è contrario al taglio degli incentivi, ma apre sulla loro riduzione, data l'effettiva mancanza di liquidità da parte dello Stato e delle banche. Ha dichiarato Leone: “Quest’ultime fanno già fatica a coprire finanziariamente gli incentivi disposti su 8.000 MW, (tetto stabilito nel decreto e poi stralciato). Facendo un rapido calcolo, poiché 1 MW di energia prodotta corrisponde ad una redditività di 3 milioni di euro, i soldi messi a disposizione dal GSE dovrebbero essere 24 miliardi di euro, cioè 4 finanziarie di governo”. “Ciononostante - ha rassicurato Leone illustrando uno studio sull'ipotesi di riduzione delle tariffe e la “bancabilità” di progetti imprenditoriali nel fotovoltaico e nell’eolico - “anche con la diminuzione del 6% delle tariffe di incentivazione, e la conseguenziale riduzione di costi e prezzi nel mercato, è probabile che il tasso di redditività rimanga simile a quello del 2010. Non accadrebbe lo stesso, invece, nel caso di riduzioni pari al 15%”.
Il pericolo viene dall’estero. “Un rischio sottovalutato e che in realtà sta preoccupando non poco gli operatori - ha continuato Leone - è quello che riguarda l’estero, i paesi balcanici in particolare”. Il decreto Romani, secondo Leone, ha previsto gli stessi incentivi anche per quegli operatori che costruiscono centrali o parchi eolici all’estero, e che esportano in Italia, mediante elettrodotti, l’energia prodotta dalle rinnovabili”. Infatti i bassi costi di manodopera e di impiantistica in paesi come Albania, Macedonia e Montenegro, insieme a una normativa meno restrittiva di quella italiana, giocherebbero a sfavore degli operatori italiani (e pugliesi in particolare) che scelgono di investire sul nostro territorio.
Rimane ferma l'opposizione dell’Assessore allo Sviluppo economico Loredana Capone nei confronti del decreto e della politica energetica italiana. Ciò che la Capone soprattutto deplora,infatti, al di là del decreto, è la mancanza di una “chiara strategia industriale ed energetica”, che non fa altro che alimentare l’incertezza tra gli operatori del settore. “L’inerzia del Governo - ha dichiarato la Capone – ha fatto male e continua a fare male agli investitori del Paese”. Il riferimento è ai sette lunghi anni che si sono impiegati per adottare le linee guida nazionali e che invece immediatamente la Puglia ha recepito il primo gennaio del 2011, proprio per dare certezza e un saldo indirizzo politico agli operatori che stanno investendo nella regione pugliese. “Ecco perché la Regione Puglia - ha continuato la Capone - “sin da subito ha cercato di consegnare agli operatori del settore un quadro di norme preciso, rischiando anche, da un punto di vista legislativo, delle situazioni di incostituzionalità, poiché legiferava in ambito di competenza statale”. Il riferimento è alla legge regionale n. 31 del 2008, dichiarata incostituzionale nella parte relativa alla dichiarazione di inizio attività (DIA), anche per gli impianti di produzione superiore a 1 MW. Oggi, invece, per effetto della sentenza della Consulta, la DIA si notifica per impianti di produzione fino a 1 MW, e, superata questa soglia limite, occorre richiedere l’Autorizzazione Unica, che viene rilasciata dalla Regione Puglia.
La Puglia alla fine del 2010 ha prodotto il 10% del totale della propria energia, da eolico, fotovoltaico, e biomasse. Con questo decreto l’unica cosa certa, per la Capone, “è il naufragio dei risultati della Puglia e il taglio degli incentivi alle rinnovabili per favorire la lobby del nucleare. Eppure - ha spiegato la Capone - questa posizione del governo non è ben definita, in quanto gli operatori economici non hanno chiari i costi di produzione e gli eventuali incentivi messi a disposizione sul nucleare. In questo modo tutto il mercato è in fase di stallo. Secondo il Gestore Servizi Energetici, in Puglia - ha continuato la Capone - sono stati autorizzati 104 impianti per una potenza pari a 855 MW. L’ultimo dato più aggiornato sulla produzione di energia elettrica da fotovoltaico, indica 787 MW di potenza elettrica, la Puglia prima in Italia. Gli impianti che invece aspettano l’autorizzazione sono 550, per una potenza pari a 5100 MW”. Una vera e propria corsa contro il tempo. Il rischio è che non tutti gli impianti riescano ad entrare in funzione entro il 30 giugno di quest’anno, perdendo così gli incentivi del secondo conto energia (stabiliti con una proroga dal decreto Alcoa per tutti quegli impianti che hanno inviato la comunicazione di fine lavori al GSE entro la fine del 2010, a patto che riescano ad allacciarsi all’ENEL entro il 30 giugno prossimo).
Riguardo al fatto che i costi delle rinnovabili pesano sulla bolletta Enel, la Capone ha spiegato che esse ricevono, per ogni bolletta pagata, un contributo di 1,5€. Mentre il “decommissioning” (l’attività di smantellamento) del nucleare, ancora mai entrato in funzione in Italia – ha detto la vicepresidente – “pesa sulla bolletta degli italiani per quasi 5 euro al mese da più di 20 anni, e continuerà a pesare per i prossimi 10”. Per la Capone, e per la regione Puglia, resta prioritario il solare strutturale, ossia il fotovoltaico montato sui tetti delle abitazioni e dei capannoni industriali, “in modo da incidere più sulla riduzione dei costi che sulla produzione di ricavi”. Ciononostante, la solarizzazione e l’installazione del minieolico sui tetti, attraverso i benefici del conto energia, possono essere ammortizzati nell’arco di pochi anni (5 o 6), nonché generare una redditività minima nei restanti anni di contratto.
A cena con la Merkel. La Capone ha riferito la propria conversazione con il Presidente del consiglio tedesco Angela Merkel, tenutasi a cena durante l’incontro italo tedesco “I dialoghi di Villa Vigoni”. “A differenza dell’Italia, - ha spiegato la Capone - la Germania ha una posizione chiara sulla propria politica energetica”. Angela Merkel ha riferito alla Capone che l’obiettivo del 50% di risorse rinnovabili entro il 2020 è una scelta strategica che lo Stato tedesco supporterà con ogni mezzo. Il secondo obiettivo, l’80% entro il 2050, di lunghissimo termine, dovrà essere raggiunto in seguito dal mercato tedesco, in modo da confermare la leadership mondiale nel settore delle rinnovabili”. Analogamente sia l’Italia che la Regione Puglia - ha incalzato la Capone – "per vincere la scommessa sull’energia, dovranno seguire la politica tedesca, non solo perché l’Italia è dipendente dalle fonti straniere per l’85% (in quanto carente strutturalmente di combustibili fossili), ma anche perché bisogna investire nelle uniche risorse di cui disponiamo in abbondanza, cioè il sole e il vento”.