Decreto Romani: pareri diversi dal mondo delle rinnovabili termiche
Tre associazioni che rappresentano diverse categorie di imprenditori delle rinnovabili termiche commentano il decreto Romani. Le opinioni non sempre coincidono, ma su una cosa sembrano tutti d'accordo: chiedono una maggiore valorizzazione del proprio settore rispetto all'elettrico, che non esitano ad accusare di “speculazione economica”
24 March, 2011
Le associazioni delle rinnovabili termiche tornano a farsi sentire a proposito del decreto Romani. Dopo l'appello lanciato qualche settimana fa da Amici della Terra e Italia Nostra, stavolta tocca ad Assotermica, Coaer e Italcogen protestare per le novità introdotte dal provvedimento e, soprattutto per prendere le distanze dal mondo delle rinnovabili elettriche.
«Quando si parla di solare si pensa che ci sia solo il fotovoltaico, la nostra associazione, invece, rappresenta anche il solare termico, che è una tecnologia italiana, efficiente e ben adattabile a tutte le realtà costruttive», afferma Paola Ferroli, presidente di Assotermica (Associazione produttori apparecchi e componenti per impianti termici). Secondo l'associazione, il decreto rischia di favorire le rinnovabili elettriche, giudicate appannaggio di imprenditori stranieri, a danno del "made in Italy" termico. «Gli obblighi sulle rinnovabili di cui si parla nello schema di decreto e i relativi tempi e modalità di adozione - lamenta Ferroli – metterebbero in seria difficoltà l’industria italiana del riscaldamento e dell’acqua calda sanitaria, a favore di tecnologie da fonti energetiche rinnovabili, per le quali la leadership è in mano a realtà extra-europee». Termico contro fotovoltaico ed eolico, dunque? Così sembrerebbe: «Dal punto di vista economico, le attuali soluzioni utilizzanti fonti rinnovabili (elettriche, ndr) in grado di garantire le coperture proposte dal decreto risulterebbero un impegno eccessivo per l’utente finale». Per questo Assotermica propone di «spalmare l'obiettivo nazionale su una base più ampia di edifici, con interventi più facilmente realizzabili, proposta che assicurerebbe una crescita armoniosa del mercato per le aziende nazionali». Gli interventi più facili da realizzare, evidentemente, sono quelli legati all'installazione di impianti per la produzione di calore da fonti rinnovabili.
Giudica invece positivamente il decreto Romani, e non risparmia bordate contro i colleghi delle rinnovabili elettriche, l'Associazione costruttori apparecchiature ed impianti aeraulici (Coaer), secondo la quale il provvedimento era un «atto dovuto» e potrà «incrementare l'uso delle fonti rinnovabili termiche ed evitare le speculazioni economiche legate all’impiego di alcune tecnologie di rinnovabili elettriche». In controtendenza rispetto alle altre associazioni di categoria, Coaer saluta dunque con soddisfazione il decreto, pur sottolineando che bisognerà attendere i decreti attuativi per una valutazione complessiva, e lo definisce uno «strumento legislativo che sancisce il criterio d'integrazione fra le politiche a sostegno delle fonti rinnovabili e quelle per l'efficienza energetica».
Diverso, infine, il parere di Italcogen (Associazione dei costruttori e distributori di impianti di cogenerazione), che lamenta “l'invasione” da parte del decreto Romani nel «campo dell'efficienza energetica e della cogenerazione, creando volutamente sovrapposizioni con le “rinnovabili” e quindi peggiorando ulteriormente lo scenario e la chiarezza». Secondo Silvio Rudy Stella, presidente dell'associazione, in questo modo si rischia «una ulteriore confusione nel sistema degli incentivi e si impone una forte, tecnicamente improponibile e poco chiara, estensione della applicazione delle rinnovabili negli interventi di ristrutturazione immobiliare che difficilmente potranno essere realizzati».