Il compostaggio collettivo tra discussione normativa ed esperienze già avviate
Sabato 9 aprile 2011 si è svolto a Torino, nell'ambito di Energethica 2011, il convegno “Compostaggio locale: risparmiare soldi e ridurre le emissioni. Esperienze e soluzioni innovative da tutta Europa”. Il compostaggio collettivo e il suo inquadramento normativo. Esperienze di compostaggio collettivo a Nantes (Francia) e Zurigo (Svizzera)
11 April, 2011
Sabato 9 aprile 2011 si è svolto a Torino, nell'ambito di Energethica 2011, il convegno “Compostaggio locale: risparmiare soldi e ridurre le emissioni. Esperienze e soluzioni innovative da tutta Europa”. L'incontro è stato introdotto da Roberto Cavallo, presidente di Erica ed Aica. “Come afferma il titolo del convegno – ha esordito Roberto Cavallo - presentiamo esperienze da tutta Europa per dimostrare come si possa governare parte del ciclo integrato dei rifiuti, in particolare, quello più importante in peso: la frazione biodegradabile. Si tratta di esperienze che partono dalle pattumiere del Nord Europa dove l'umido di cucina è circa il 22-23% ma dove lo scarto vegetale la fa da padrona arrivando fino a 100 kg/ab anno. L'Italia è un po' a parti inverse. Il Piemonte, per esempio, laddove è partito il sistema di raccolta domiciliare porta a porta, viaggia intorno ai 80-85 kg/ab anno (25% della pattumiera) con un 45-50 kg di scarti vegetali”.
La normativa sulla gestione dei rifiuti organici
Enrico Accotto, del settore programmazione gestione rifiuti della Regione Piemonte, ha tracciato il quadro normativo della gestione dei rifiuti organici: “Le competenze regionali sulla gestione della parte organica – ha spiegato Accotto - non sono puntuali se non per le competenze che vengono attribuite dallo Stato. Le normative statali ci mettono in prima battuta a considerarci competenti sulle normative che riguardano le autorizzazioni degli impianti. Sulle procedure semplificate di autorizzazione le Regioni contano molto meno perché la disciplina va direttamente alle Province competenti”.
“Il ruolo della Regione sta nella programmazione, e quindi, nel tentativo anche di ridurre i rifiuti e la loro pericolosità. Nel campo dell'organico non vuol dire produrre meno organico, perché l'organico si produce lo stesso, bensì non farlo diventare rifiuto e nel caso lo diventi, tentare di recuperarlo. Questo è il primo salto logico che vi chiedo di fare: se riesco da solo a compostarmi il materiale, con il cosiddetto compostaggio domestico, produco lo scarto ma non il rifiuto e agisco così sulla riduzione dei rifiuti perché in questo caso non cedo questo scarto e lo recupero come materia da me: lo metto in compostiera, lo trasformo da scarto da alimentazione umano a “mangime per piante” sottoforma di ammendante cioè sostanza fertilizzante che attribuisce sostanza organica al terreno e ne migliora la fertilità. Ricordo che i fertilizzanti sono stati divisi in concimi ammendanti e correttivi. In realtà il compost ha una duplice funzione: il suo ruolo non è solo quello di ammendante ma anche di concime ed è sostitutivo in parte dei concimi di sintesi. La sua produzione come compost a livello industriale o domestico non agisce quindi solo alla riduzione di Co2 o metano in discarica, agisce sotto molti tipi di programmazione e obiettivi della Unione europea e dello Stato”.
Enrico Accotto, iniziando a parlare di compostaggio collettivo, ha affrontato il tema normativo: “Tra il compost industriale e quello domestico esiste anche una via di mezzo: immaginiamo che il compostatore sia un punto di fronte a voi, questo punto riceve da un unico produttore e cede ad un unico utilizzatore. In questo caso è il cittadino che produce, mette nella compostiera e riutilizza. In questo caso non ha bisogno di autorizzazioni di nessun genere. Se invece noi produciamo da diverse utenze ed andiamo ad utilizzare questi materiali al di fuori di terreni di queste utenze abbiamo la produzione di un ammendante che dovrà essere poi ceduto secondo la normativa sui fertilizzanti. Se noi invece abbiamo tanti produttori che vanno a portare ad un terzo, cioé la compostiera non è di proprietà o di collettività, ma è un compostaggio industriale tramite una amministrazione pubblica, abbiamo bisogno di un'autorizzazione per questo impianto di compostaggio che dovrà produrre ai sensi della normativa sui fertilizzanti, adeguarsi alla normativa, dando un nome al compost prodotto, ed iscrivendo il tipo di compost e l'impianto ai registri sui fertlizzanti”.
Il compostaggio collettivo e il suo inquadramento normativo
Come funziona una compostiera collettiva? “La compostiera collettiva – ha spiegato Accotto - normalmente è mossa con sistemi elettronici, che utilizzano elettricità per movimentare questo materiale all'interno di un cilindro. In Francia vengono detti compostatori elettromeccanici e probabilmente li chiameremo così anche in Italia. Questi compostatori servono a dare la possibilità alla collettività oppure ad un grande ristorante di lavorare su questo materiale per poi utilizzarsi questo compost prodotto oppure cederlo ad altri. Stiamo lavorando come Regione Piemonte non solo per attirare queste realtà ma per inquadrarle da un punto di vista normativo. Nei confronti di cittadini ed operatori della ristorazione, con l'attuale situazione economica, quando non sappiamo amministrativamente se per una piccola deviazione sul tema rischiamo una sanzione, correremmo il rischio di far chiudere o limitare fortemente l'attività mandando a monte i piccoli bilanci di cittadini o ristoratori. Stiamo cercando quindi di inquadrare l'argomento per cercare di semplificarne la produzione di compost da compostiere collettive: fare in modo che abbia una definizione nella normativa e che all'interno di linee guida o criteri ne sia semplificata la gestione e l'utilizzo”.
“Noi ci crediamo nel compostaggio collettivo – conclude Accotto - l'abbiamo scritto in una delibera del marzo 2010 e oggi stiamo cercando di renderla operativa. Siamo sulla buona strada, bisogna solo inquadrarlo a livello normativo per evitare che i responsabili della compostiere possano correre rischi che potrebbero essere parificati ad un reato ambientale anche se si tratta di piccole quantità”.
Sugli aspetti normativi è intervenuto anche Roberto Cavallo: “In questi anni di esplorazione, come Cooperativa Erica, abbiamo scoperto che esistono principalmente due mondi. Il primo è il mondo del compostaggio di comunità fatto con grandi casse di compostaggio (Svizzera, Francia ma anche Nord Africa). In altre aree del mondo (nel Nord Europa, in particolare in Svezia, nel Nord America, negli Stati Uniti e in Canada) hanno invece dato vita a tecnologie definiti compostatori elettromeccanici, in qualche modo strutture semiautomatiche in cui il rivoltamento, l'aerazione e l'aggiunta di strutturante è resa grossomodo automatizzata. In questo quadro questo convegno si innesta in una discussione che sta facendo la Regione Piemonte e stanno facendo altre Regioni e Province. Il 28 marzo a Bruxelles (al convegno europeo sulla prevenzione dei rifiuti, ndr) discutevamo ancora una volta sulla definizione di rifiuti, e specificatamente, su compostaggio domestico e di comunità: una della posizioni più sostenute era che non c'è la volontà del cittadino di disfarsi del suo scarto, c'è la volontà di trasformarlo in una sostanza da utilizzare nel suo orto. Molti sostengono che non si deve applicare la legge sui rifiuti perché non arrivo a far sì che questo sia un rifiuto. Per me c'è il chiaro intento di ritrattare in modo indipendente quello che al limite può essere un sottoprodotto. Credo che su questo aspetto borderline faccia bene la Regione Piemonte a vederci chiaro. E' altrettanto evidente un altro aspetto: nell'attuale definizione di rifiuto organico contenuta nel recepimento italiano della direttiva europea sui rifiuti, l'Italia ha aggiunto una frase che ritengo dirimente su questo aspetto: rifiuti biodegradabili (…) raccolti in modo differenziato. Se dice raccolti in modo differenziato lascia presagire, nella mia interpretazione, che se io non li raccolgo ma li mando al compostaggio non sono rifiuti biodegradabili organici”.
Esperienza di compostaggio collettivo a Nantes (Francia)
Un'esperienza di compostaggio collettivo arriva dai condomini della città di Nantes (400 mila abitanti). Il compostaggio rappresenta uno degli assi portanti del piano di gestione dei rifiuti della città francese. A Nantes il 75% delle case servite dal consorzio di raccolto Nantes Metropol sono dotate di uno spazio verde. Il 25% vive invece in condominio. Sulla parte di popolazione che vive in una casa con spazio verde è stato promosso il compostaggio individuale. Rimaneva l'altra parte da coprire. Nei grandi condomini, simili a quelli delle periferie urbane italiane, è stato avviato un programma di compostaggio collettivo gestito dall'associazione Compostri:
Videointervento di Jean-Marie Savino, consulente per la prevenzione dei rifiuti e il compostaggio domestico (traduzione di Roberto Cavallo)
Compostaggio decentralizzato a Zurigo
A Zurigo i rifiuti da giardino ed orto e i rifiuti organici domestici sono destinati al “compostaggio decentralizzato” (collettivo o comunitario) che la Città sta cercando di promuovere ed incrementare. In città esistono gruppi di compostaggio con più di tre utenze domestiche collegate ad un singolo luogo di compostaggio che si trova su suolo privato. Il centro di compostaggio è gestito dagli abitanti delle case interessate ed il lavoro di gestione del centro è fatto da volontari. In base ai numeri forniti dalla Città di Zurigo si registrano 900 centri di compostaggio con 1.200 volontari che gestiscono i centri di compostaggio nella città. Si calcola che siano 30.000 i cittadini (su 380 mila abitanti) che afferiscono ai centri di compostaggio 3.000 tonnellate di rifiuti riciclati.
Ulteriori informazioni su Zurigo e su altri aspetti del convegno nelle presentazioni in allegato all'articolo.