Che aria tira nei cassonetti di Torino? Intervista ad Amiat sulla qualità della raccolta
E Barbie finì nell’inceneritore. Assieme a tutti gli altri giocattoli di plastica che non erano imballaggi. Eco dalle Città entra nella scatola nera della raccolta differenziata e intervista Marco Rossi, Dirigente Servizi Territoriali di Amiat. Si parla di multe, errori da non fare e del viaggio dei rifiuti
30 May, 2011
Ing. Rossi, cosa succede al piatto usa e getta andato a finire nella raccolta della plastica, pur non essendo un imballaggio?
Viene eliminato, ma sostanzialmente perché è sporco. Nel caso della plastica e della carta la sporcizia danneggia moltissimo la raccolta, mentre vetro e metalli patiscono molto meno.
Il fatto che il piatto venga tolto dalla raccolta della plastica valorizzabile non vuol dire però che non abbia una sua vita utile: essendo un oggetto ad alto potere calorico viene infatti portato a un termovalorizzatore, ed è senz’altro meglio che restare in discarica.
Ma chi paga per l’errore?
Qui entriamo in una problematica molto complessa, che è quella delle fasce di impurità accettate. In qualsiasi tipo di raccolta differenziata viene riconosciuto un corrispettivo in base al tonnellaggio raccolto e questo corrispettivo dipende dalle impurità presenti nel materiale. Alla fine a pagare è la comunità, perché se il materiale è sporco prendiamo meno soldi.
Chi valuta il livello di qualità che viene raggiunto dalla città di Torino?
I recuperatori, cioè i Consorzi, in contradditorio con noi di Amiat. Se vogliamo dare qualche numero, per quanto riguarda carta e cartone, le percentuali di impurità minime accettate dai Consorzi sono davvero basse, inferiori al 3% - noi siamo in media sull’1,5- 1,6%; per la raccolta selettiva del cartone il limite è 1,5% e noi di solito stiamo entro lo 0.3%; per la plastica il sistema lavora per fasce ed è più complesso: la fascia di eccellenza è sotto il 6%, poi c’è una fascia intermedia (16%) sotto la quale non si percepisce più alcun compenso. Sulla plastica è facile uscire da questi valori, perché la plastica è leggera, e bastano pochi elementi inquinanti con un alto peso specifico per inquinare tutto un carico, dunque facciamo una selezione prima di consegnare il materiale ai consorzi. In questo modo passiamo da una media del 25% di scarto al 12-13%.
Carta, plastica, vetro e lattine: cosa sbagliamo e cosa ci costa più caro?
Per quanto riguarda la plastica gli “intrusi” più frequenti sono i giocattoli, le custodie dei cd, le bacinelle, i tappetini di ingresso, i passacavi, il materiale elettrico ed idraulico. Tutti oggetti che alla fine vengono termovalorizzati (fuori Torino ndr), ovviamente se non contengono materiali pericolosi.
Il concetto di imballaggio è molto difficile da spiegare, sicuramente se il risultato è che in pochi l’hanno capito bene e bisogna investire ancora. Non tanto le aziende quanto gli enti territoriali e il Ministero stesso.
Ma se comunque questi oggetti possono essere recuperati – non come materiale da incenerimento ma come plastica dura - non è che in realtà conviene continuare a raccoglierli assieme alla plastica da imballaggio? Anche perché altrimenti finirebbero in discarica, come il resto dell’indifferenziato.
Questo è un punto interessante: alcuni consorzi sono più avanti: Comieco e Coreve per esempio accettano anche degli oggetti che imballaggi non sono. La plastica continua ad avere un sistema più rigido, che spero verrà smontato prima o poi, anche perché dipende esclusivamente da una questione contributiva: paga chi produce l’imballaggio. Questo meccanismo dovrà essere modificato.
Torniamo agli errori.
Sì, per quanto riguarda la carta gli errori più frequenti e fastidiosi sono le carte oleate, le riviste racchiuse nell’involucro di polietilene, i faldoni e i dossier con anelli in metallo. Nel caso di vetro e lattine invece gli errori più frequenti sono anche quelli decisamente più problematici, per ragioni chimiche: gli specchi e le ceramiche. Sembra incredibile, ma molta gente li confonde.
Molte lattine ormai sono realizzate in acciaio. Complica la raccolta?
A Torino è stata fatta la scelta di raccogliere vetro e lattine insieme, indipendentemente dal materiale. La selezione avviene presso le vetrerie, ma in questo caso è semplice, perché viene fatta con le calamite, sfruttando il principio del magnetismo.
La scelta di effettuare una raccolta di tipo multi materiale ha danneggiato la qualità della raccolta a Torino?
Direi di no. E’ evidente, quasi lapalissiano, che se si raccogliesse il vetro per colore avremmo un risultato più puro, ma c’è un problema di spazi e costi. Consideriamo che l’alluminio raccolto nei nostri contenitori ammonta a circa due punti percentuali: se noi pensassimo di raccoglierlo da solo – dunque con cassonetti, mezzi e addetti alla raccolta specifici – i costi sarebbero insostenibili.
Nelle vasche di stoccaggio di via Germagnano i camion della raccolta stradale e del porta a porta scaricano tutti insieme e non resta traccia della provenienza dei rifiuti. Fate dei test periodici per valutare la qualità in un sistema e nell’altro?
Vengono eseguiti campionamenti periodici dai quali a dire il vero non si riscontra una differenza così marcata fra stradale e porta a porta, soprattutto da quando il porta a porta è entrato a regime. Nella fase di avviamento della raccolta domiciliare ci sono sempre delle cose che non vanno ma quando il sistema si assesta direi che le percentuali di scarto sono sostanzialmente analoghe, pur considerando che nel porta a porta ci sono singole specificità che creano problemi, come il singolo caseggiato in cui c’è resistenza e ritrosia alla differenziata.
E’ un dato che si spiega secondo me in maniera molto semplice: mentre la differenziata a livello stradale la faccio solo se voglio farla - quindi non ho nessun motivo di prendere un rifiuto indifferenziato e metterlo nella raccolta del vetro, per esempio - nel porta a porta se io sono refrattario posso avere un comportamento menefreghista e mettere il mio rifiuto in uno dei contenitori della differenziata.
Ma in quel caso sarei riconoscibile. Ci sono le sanzioni, no?
E vero, ci sono gli accertatori abilitati a fare multe ma non fanno solo questo per mestiere: la multa arriva, ma di solito a fronte di reiterate violazioni.
Chi intasca i soldi delle multe?
La Città. Le multe vengono fatte ai sensi di violazione del regolamento di gestione dei rifiuti urbani della città di Torino. I nostri venti accertatori ambientali operano per il Comune.
E perché non aumenta il numero dei controlli?
L’approccio della città è sempre stato quello di non avere un atteggiamento punitivo. Prima si cerca di convincere e se non funziona si applica la sanzione. Noi non vogliamo vedere la multa come un’opportunità economica.
Per migliorare il livello della qualità cosa bisogna fare?
Comunicazione. Fatta dalle aziende e dagli organi come Provincia, Regione e Ministero. Poi attività di sensibilizzazione e controlli sul territorio. La multa solo se non restano altre strade.
Quartiere per quartiere avete notato differenze nel livello di impurità?
No, sostanzialmente no.
Quindi la percentuale di raccolta non è proporzionale alla qualità?
No, mediamente direi che non è così.
E questi dati, per quanto riguarda la qualità, sono pubblici?
I dati sulla percentuale di qualità sono pubblici e molto approfonditi sulle diverse frazioni, e sono consultabili sul sito della Regione Piemonte. Non scendono però a livello di circoscrizione, perché diventerebbe troppo complesso e costoso. I dati quantitativi invece sono disponibili quartiere per quartiere.
Un’indagine nazionale di CoReVe denunciava una minor disponibilità a fare la raccolta differenziata tra le fasce più giovani della popolazione. Risulta anche a voi?
No, francamente per quanto riguarda Torino non ci risulta. La differenziata è una questione di sensibilità e anche di tempo: noi riscontriamo infatti che i bambini sono i più sensibili a questo argomento, perché sono nati in anni in cui di raccolta differenziata si parla molto, così come in modo speculare gli anziani sono quelli che hanno più tempo a disposizione. La raccolta differenziata può diventare anche un’occasione per concentrare la propria attenzione e passare un po’ di tempo.
Chiudiamo con una serie di "Dove lo butto". Lo scontrino fiscale?
E’ una bella domanda. A voler essere “fiscale” appunto, nell’indifferenziato, perché è carta chimica. Ma gettarlo nella carta è un peccato davvero veniale.
Il sacchetto di pla biodegradabile ma non compostabile?
Nella plastica.
La confezione di tetrapak con interno in alluminio e tappo di plastica?
A Torino il tetrapak si butta nella carta. Se poi sono molto bravo tolgo il tappo.
Il guanto monouso dei supermercati?
Direi nell’indifferenziato. In conclusione, ricordiamoci che va bene essere precisi e attenti, ma la cosa importante è centrare gli obiettivi grossi. Io dico sempre, pensiamo prima a raccogliere tutti i giornali. Se poi sbagliamo sullo scontrino fiscale... Ci sono problemi più gravi.