Le altre croci di Milano
Referendum: cittadini chiamati a rispondere anche a cinque quesiti locali - da letterea43.it del 10 giugno 2011
09 June, 2011
di Andrea Garnero
I milanesi chiamati alle urne domenica 12 e lunedì 13 giugno, non devono solo esprimersi su acqua, nucleare e legittimo impedimento, ma anche su come Milano possa cambiare.
Così, sotto la Madonnina, i meneghini (che hanno intenzione di votare) hanno a disposizione cinque quesiti che possono cambiare il futuro della città che si prepara a ospitare l'esposizione universale del 2015: Ecopass, verde, dopo Expo, stop agli impianti a gasolio e riapertura dei Navigli.
QUESITI SULL'AMBIENTE. Cinque referendum consultivi a valore d'indirizzo che “impegnano” la nuova giunta comunale a realizzare gli interventi in difesa dell'ambiente e per una migliore qualità della vita.
Il test è stato promosso da un comitato bipartisan (Milanosìmuove) spinto dall'entusiamo di oltre 24 mila firme.
Urne aperte dalle 8 alle 22 di domenica e dalle 7 alle 15 di lunedì. Così ai milanesi, quasi un milione, saranno consegnate nove schede.
Per essere valida, la consultazione locale deve superare il quorum del 30% e ottenere la maggioranza dei «sì».
I SERVIZI. Per votare sono necessari un documento d'identità valido e la tessera elettorale. Gli uffici dell'anagrafe sono aperti anche sabato 11 e domenica 12 giugno. Le informazioni sono disponibili sul sito del Comune (www.comune.milano.it) o chiamando al centralino 02.02.02.
Lettera43.it vi spiega qui domanda per domanda e scheda per scheda a cosa sono chiamati a rispondere i milanesi.
Scheda marrone: Ecopass, il superticket antismog
«Volete voi che il Comune di Milano adotti e realizzi un piano di interventi per potenziare il trasporto pubblico e la mobilità “pulita” alternativa all’auto, attraverso l’estensione a tutti gli autoveicoli (esclusi quelli ad emissioni zero) e l’allargamento progressivo fino alla 'cerchia ferroviaria' del sistema di accesso a pagamento, con l'obiettivo di dimezzare il traffico e le emissioni inquinanti?».
In sostanza si chiede di ridurre traffico e smog con il «potenziamento dei mezzi pubblici, l'estensione di Ecopass e la pedonalizzazione del centro, ed è previsto l'allargamento progressivo dell'area del ticket.
Per il piano di interventi è prevista una spesa massima aggiuntiva rispetto a quanto già iscritto a bilancio comunale pari a 60 milioni di euro all’anno, che sarà coperta mediante l’incremento delle entrate da accesso, con una tariffa giornaliera di 5 euro per i veicoli per trasporto persone (prevedendo agevolazioni per i residenti) e di 10 euro per i veicoli per trasporto merci, e della sosta, da inserire con apposita variazione di bilancio o comunque nel primo bilancio utile.
LE RAGIONI DEI SÌ. Vota sì chi vuole l'estensione dell'Ecopass e la pedonalilzzazione del centro uniti al potenziamento dei trasporti pubblici, delle piste ciclabili e delle corsie preferenziali per i mezzi pubblici di superficie. Ma anche chi desidera l'estenzione del servizio di bike sharing (bici in Comune) e di car sharing con auto elettriche, il prolungamento sino all'1.30 ogni giorno delle metropolitane, il potenziamento dei servizi taxi, il divieti di circolazione nelle ore critiche dei mezzi commerciali per carico e scarico entro la cerchia dei Bastioni, l'estensione della sosta regolamentata, un buono per chi rottama l'auto senza sostituirla
ECOPASS, CONGESTION CHARGE. Se vince il sì i referendari chiedono la trasformazione di Ecopass da pollution a congestion charge.
Cosa vuol dire? Che il ticket non si pagherà più sulla base delle emissioni inquinanti del veicolo (la classe Euro). La tariffa sarà fissa, uguale per tutti: sono ipotizzate due fasce di prezzo da cinque euro per le auto e da dieci euro per i furgoni. Ma il «potenziamento» passa anche dall’ampliamento dell’area Ecopass: dai Bastioni alla Cerchia filoviaria 90/91.
I due provvedimenti incrociati (la congestion su un territorio molto più vasto) consentirebbero un incasso di 60 milioni di euro l’anno da reinvestire su nuovo isole pedonali, piste ciclabili, corsie protette per i mezzi Atm, bus e metrò notturni, car e bike sharing.
LE RAGIONI DEI NO. Non c'è alcun impegno per il Comune a realizzare le opere oggetto del referendum. Se vince il no l'ex giunta Moratti ha prorogato l’impianto della pollution charge sui Bastioni fino al 30 settembre: in ogni caso, il pedaggio «vivrà» altri tre mesi. Ma come? Ecopass ha di fatto esaurito i suoi effetti: le auto che pagano il ticket erano il 23% nel 2008 e sono meno del 15% oggi.
E dopo anni di costante riduzione del Pm10, il 2011 si segnala come l’anno più inquinato da quando esiste il ticket. Se vincessero i no, dunque, sarebbe la giunta a decidere il futuro di Ecopass: cancellarlo o trasformarlo?
I tecnici dicono che, senza modifiche, i benefici del provvedimento sono destinati ad estinguersi a fine anno: «Il progressivo incremento degli ingressi nei Bastioni tende a ripristinare la situazione pre Ecopass». Un ritorno al 2007.
Scheda celeste: raddoppiare alberi e verde
«Volete voi che il Comune di Milano adotti tutti gli atti ed effettui tutte le azioni necessarie per raddoppiare il verde pubblico e ridurre il consumo di suolo?».
Il quesito si propone di raddoppiare alberi e verde pubblico; ridurre il consumo del suolo; destinare almeno il 50% delle grandi superfici oggetto di riqualificazione urbanistica a verde pubblico.
Per l’intervento è prevista una spesa massima aggiuntiva rispetto a quanto già iscritto a bilancio comunale, pari a 20 milioni di euro all’anno per un triennio da inserire con apposita variazione di bilancio o comunque nel primo bilancio utile, che sarà coperta mediante gli oneri di urbanizzazione relativi alle aree di intervento e mediante la tariffazione progressiva, al di sopra del normale consumo domestico individuale, nei servizi pubblici locali relativi all'uso di risorse ambientali scarse (come il servizio di fornitura idrica e la raccolta di rifiuti indifferenziati), nonché mediante sponsorizzazioni e coinvolgimento dei cittadini, anche seguendo il modello applicato alle aiuole dall’associazione Verde in Comune.
LE RAGIONI DEI SÌ. Vota sì chi vuole il raddoppio degli alberi e delle aree verdi nel territorio comunale e che almeno la metà della superficie degli interventi di riqualificazione venga destinato a verde pubblico e inoltre desidera che ogni residente abbia a non più di 500 metri da casa un giardino pubblico attrezzato per i bambini.
Se vince il sì, il Comune è tenuto a ridurre il consumo di suolo pubblico, saranno preservati gli alberi e le aree verdi esistenti e ne sarà garantito il raddoppio e la loro interconnessione entro il 2015.
Per l’intervento è prevista una spesa massima aggiuntiva rispetto a quanto già iscritto a bilancio comunale pari a 20 milioni di euro all'anno per un triennio. La cifra potrebbe essere coperta mediante gli oneri di urbanizzazione relativi alle aree di intervento e mediante la tariffazione progressiva, al di sopra del normale consumo domestico individuale, nei servizi pubblici locali relativi all'uso di risorse ambientali scarse (come il servizio di fornitura idrica e la raccolta di rifiuti indifferenziati), nonché mediante sponsorizzazioni e coinvolgimento dei cittadini, e seguendo il modello applicato alle aiuole dall’associazione Verde in Comune.
LE RAGIONI DEI NO. Se vince il no per quanto riguarda il consumo del suolo, bisogna fare riferimento al Piano di governo del territorio (Pgt) basato sulla strategia della densificazione. Che, tradotto, significa promuovere la crescita della città nella città, e cioè non consumare green field (letteralmente spazi liberi), ma costruire sul brown field, e cioè sugli scali ferroviari, sulle aree industriali in disuso o comunque sulle aree già edificate.
Difficile sarebbe però proteggere, nonostante il Pgt cerchi di tutelarle, aree verdi importanti come il Parco Sud.
Per quanto riguarda, poi, la manutenzione del verde, sarebbe complicato reperire i fondi, in quanto i soldi già stanziati bastano a fatica. In passato sono stati abbandonati progetti come quello del maestro Claudio Abbado di piantare nuovi alberi in centro per mancanza di soldi. Allora si propose la formula degli sponsor privati, ma la manutenzione del verde dipenderebbe così dalla volontà o meno delle aziende di investire in questo settore.
Inoltre nulla spingerebbe l’amministrazione a imitare le città straniere (come Amsterdam) che cercano di garantire ai cittadini spazi verdi raggiungibili a una distanza massima di 500 metri da casa.
Problematico rimane anche stabilire la tipologia di alberi. Spesso accade che non vengano scelti gli esemplari adatti. Molte piante muoiono poco dopo essere piantumate con conseguente spreco di denaro pubblico.
Scheda lilla: sui terreni Expo 150 mila metri quadrati di parchi
«Volete voi che il Comune di Milano adotti tutti gli atti ed effettui tutte le azioni necessarie a garantire la conservazione integrale del parco agroalimentare che sarà realizzato sul sito Expo 2015 e la sua connessione al sistema delle aree verdi e delle acque?».
Il terzo quesito impegna l'amministrazione a effetturare «tutte le azioni necessarie a garantire la conservazione integrale del parco agroalimentare che sarà realizzato sul sito Expo». L’intervento non comporta costi a carico del bilancio comunale.
LE RAGIONI DEI SÌ. Vota sì chi vuole la garanzia che al termine di Expo 2015 il parco agroalimentare sia conservato e connesso al sistema delle aree verdi. Se vince il Comune sarà tenuto a conservare anche dopo l’Expo il grande parco agroalimentare che caratterizzerà la manifestazione. Come sarà questo parco ancora non è chiaro.
Si parla di una riduzione degli spazi destinati al verde. Ma un piano non è stato ufficialmente presentato.
Per avere un’idea, non resta quindi che fare riferimento al progetto originario, quello presentato al Bie a fine aprile 2010.
L’area Expo doveva contenere circa 130 lotti di terreno da assegnare ai diversi Paesi interessati a partecipare alla manifestazione.
Ciascun lotto con un lato di 20 metri e uno di 80-100. A conti fatti si tratta di 260 mila metri quadrati (circa 24 campi da calcio) che per metà avrebbero dovuto essere destinati a orti con le coltivazioni tipiche di ciascuna nazione del globo.
Una vittoria del sì al referendum di fatto impegnerebbe il Comune a fare sì che questo spazio sia mantenuto anche dopo il termine della grande esposizione. Il tutto in una zona - quella del Nord-Ovest di Milano - già largamente costruita.
LE RAGIONI DEI NO. Non c'è alcun impegno per il Comune a realizzare le opere oggetto del referendum.
Se vince il no l'Agenzia del territorio ha stimato il valore dei terreni Expo in circa 120 milioni di euro, considerando un indice di edificabilità dello 0,52% e quindi accreditando il fatto che alla fine dell’Esposizione 2015 si potrà costruire su una parte della zona. A oggi non è chiaro come saranno distribuiti i volumi da edificare.
Scheda blu: addio agli impianti a gasolio entro il 2012
«Volete voi che il Comune di Milano adotti il piano per l’energia sostenibile ed il clima che lo impegni negli obiettivi europei di riduzione di almeno il 20% delle emissioni di gas responsabili dell’effetto serra nel dimezzamento delle principali emissioni inquinanti connesse al riscaldamento degli edifici?».
Con questo quesito si impegna la giunta ad adottare un piano che riduca di «almeno 20% le emisisoni di gas reposnsabili dell'effetto serra». Tra gli interventi previsti: l'eliminazione di tutte le caldaie a gasolio entro il 2015.
Per l’intervento è prevista una spesa massima aggiuntiva pari a 10 milioni di euro all'anno per un triennio da inserire con apposita variazione di bilancio o comunque nel primo bilancio utile, che sarà coperta mediante la parziale dismissione del patrimonio immobiliare comunale tramite lo strumento dei fondi immobiliari già avviato, escludendo gli immobili di pregio storico-monumentale, nonché mediante il coinvolgimento di società che realizzano interventi di efficienza energetica (Esco) e l’attivazione di strumenti di finanziamento in conto terzi.
LE RAGIONI DEI SÌ. Vota sì chi desidera che il Comune adotti il piano per l'energia sostenibile con gli obiettivi indicati dall'Ue. Inoltre desidera che vengano sostituiti gli impianti di riscaldamento a gasolio degli edifici comunali entro il 2012 e quelli privati entro il 2015, promuovendo il teleriscaldamento e gli incentivi per la ristrutturazione energetica degli edifici ponendo come standard costruttivo la classe energetica di maggiore efficienza.
Se vince il sì, entro il 2012 tutti gli impianti di riscaldamento alimentati a gasolio degli edifici comunali dovranno essere convertiti. Entro il 2015 stessa sorte subiranno, fino alla loro completa eliminazione, anche gli impianti a gasolio domestici.
ATTENZIONE ALLA CLASSE ENERGETICA. Tutte le nuove costruzioni dovranno avere classe energetica di massima efficienza e utilizzare fonti energetiche rinnovabili.
Sarà promosso e diffuso il teleriscaldamento, utilizzando fonti rinnovabili e tecnologie avanzate, al fine di raggiungere almeno 750 mila abitanti entro il 2015 e saranno concessi incentivi per la demolizione degli edifici a maggiore inefficienza energetica e privi di valore storico e architettonico attraverso premi volumetrici.
LE RAGIONI DEI 'NO'. Non c'è alcun impegno per il Comune a realizzare gli obiettivi oggetto del referendum.
Se vince il no i nuovi edifici verranno costruiti seguendo il criterio della classe energetica di massima efficienza e dell'utilizzo di fonti energetiche alternative, nel rispetto delle norme europee.
Nessuna accelerazione, invece, sull'adeguamento degli edifici più vecchi, per i quali viene chiesto da tempo anche dalle associazioni di categoria del settore edile un regolamento e degli incentivi fiscali.
Di conseguenza anche l’abbattimento delle emissioni di C02 dovute agli impianti più inquinanti (quelli dei palazzi costruiti negli anni Sessanta e Settanta) non sarebbe incentivato.
Difficilmente, poi, il Comune sarebbe invogliato a stanziare risorse per convertire gli impianti delle proprie sedi. Probabile quindi, che anche gli edifici pubblici continuino a mantenere gli attuali sprechi di energia.
Per quanto riguarda, infine, il teleriscaldamento, il progetto andrà avanti in ogni caso per alcune zone, ma non sarà stabilito un obiettivo di abitanti da raggiungere andando così a limitarne i benefici ambientali. Stessa sorte per quanto riguarda gli investimenti previsti. Non ci sarà infatti una cifra destinata allo sviluppo del teleriscaldamento e l'avanzamento dei lavori sarà deciso di anno in anno.
Scheda rosa: riaprire Navigli e Darsena
«Volete voi che il Comune di Milano provveda alla risistemazione della Darsena quale porto della città ed area ecologica e proceda gradualmente alla riattivazione idraulica e paesaggistica del sistema dei Navigli milanesi sulla base di uno specifico percorso progettuale di fattibilità?».
Il quinto quesito impegna la giunta nella riqualificazione della Darsena «quale porto della città e area ecologica». Per l’intervento è prevista una spesa massima aggiuntiva pari a 10 milioni di euro all’anno per un triennio da inserire con apposita variazione di bilancio o comunque nel primo bilancio utile, che sarà coperta mediante la parziale dismissione del patrimonio immobiliare comunale tramite lo strumento dei fondi immobiliari già avviato, escludendo gli immobili di pregio storico-monumentale.
LE RAGIONI DEI SÌ. Vota sì chi vuole che il Comune si impegni nel ripristino della Darsena anche come area ecologica e si riattivi gradualmente il sistema dei Navigli sotto il profilo idraulico e paesaggistico.
L’idea, del comitato promotore, è di trasformare la Darsena in un porto turistico per valorizzare l’idrovia Locarno-Milano-Venezia, «tra le più belle del mondo».
I lavori per la tratta sono partiti nel 1998 e stanno per essere ultimati. «In quasi tutti i Paesi europei stanno realizzando canali turistici. È successo a Parigi con il Saint-Martin, a Londra con il Regent’s».
La riapertura dei Navigli è un’operazione più complessa. «Bisogna prima risolvere il problema del traffico. Poi si può pensare di riportare alla luce l’acqua della Cerchia dei Navigli».
Ma un primo passo può essere compiuto col restauro della Conca di Viarenna, la riapertura del bacino antistante e riconnessione della Conca alla Darsena. Un intervento che costa oltre otto milioni di euro.
LE RAGIONI DEI NO. Se vince il no il progetto per la riapertura di una parte del Naviglio, portato avanti dall’Associazione amici dei Navigli, potrebbe essere messo da parte. E la riqualificazione della Darsena, ora in stallo a causa della battaglia legale sul parcheggio, andrebbe avanti.