"Vogliono ritoccare i confini per dare spazio al cemento"
Di Simine, presidente di Legambiente, interviene sul progetto di legge regionale che prevede la trasformazione degli attuali consorzi di gestione dei parchi in enti di diritto pubblico, la semplificazione delle procedure di pianificazione delle aree protette, la modifica dei confini e la designazione di un componente del Pirellone nei comitati di gestione dei parchi - da La Repubblica del 30 giugno 2011
30 June, 2011
di Laura Fugnoli
Damiano Di Simine, presidente di Legambiente Lombardia non esita a definirli «in ammollo». Sono i 24 parchi della regione, un tesoro che copre il 24 per cento del territorio lombardo e che rischia di andare in malora. Non che la nuova legge, rinviata ieri in commissione, piacesse a Legambiente, ma se entro il 31 dicembre, come prevede il Milleproroghe, non si farà chiarezza, i parchi verranno commissariati.
Una legge brutta sarebbe meglio di niente?
«Sì, ma quella arrivata ieri in aula consiliare è davvero troppo brutta. La paura è che ora torni al voto con gli stessi difetti, solo ancor più ambigui».
Per esempio?
«Un articolo, che potrebbe riaffiorare tale e quale, permette con una semplice delibera assembleare, di modificare i confini dei parchi. Fino a oggi erano istituiti per legge. Il nuovo progetto prevede invece grande flessibilità, con la scusa di renderli più riconoscibili. Così invece di piazzare le linee dentro un prato, la tendenza sarà di far coincidere i confini con le strade più vicine. Basterà poco per costruire redditizie residenze con vista sul parco. Un conto è fare una rettifica cartografica doverosa, perché capita a volte che ci siano errori grossolani trascinati nel tempo, Un conto è spostare i confini per far fronte alle pressioni dei comuni, specie quelli all´interno di parchi di area metropolitana, che non vedono l´ora di edificare in prossimità, se non dentro, il verde protetto».
Residenze private, ma anche autostrade, tangenziali o, comunque, opere pubbliche.
«Sempre che non apportino modifiche sostanziali, useranno la scusa di procedure più snelle per dare il via a opere infrastrutturali imponenti, decise nei programmi regionali. È vero che ci sono parchi, come quello dell´Oglio, che vanno dalle Alpi al Po, un´area vastissima, e mi rendo conto che da qualche parte le strade vanno fatte. Il problema è che, attraverso deroghe fitte, si ampliano le categorie di opere come niente. Nel parco delle Orobie bergamasche ci sono progetti devastanti per mettere in piedi impianti sciistici, che con l´utilità pubblica hanno poco a che fare. Con la legge Calderoli sarà più facile imporre le ruspe nel parco. Per fortuna non ci sono i fondi, almeno per ora. La mancanza di fondi a volte è la salvezza».
Maggior peso della Regione vorrà dire maggior fondi?
«Al contrario. Con la nuova legge, sempre che rimanga così, la Regione conta di più come potere ma in nessun articolo si stabilisce che ci debba mettere dei soldi. Fino a oggi, i parchi erano consorzi di enti locali, Comuni e Province. E tutto sommato funzionavano bene. Se i parchi diventassero enti regionali con propri rappresentanti che vogliono avere voce in capitolo, i Comuni e le Province elargirebbero i fondi con più fatica, non sentendosi più vincolati all´interno di un consorzio. Del resto è comprensibile: se mi togli potere, perché dovrei pagare?».