Fotovoltaico: la locomotiva italiana va veloce, ma serve una strategia nazionale
In occasione dell'apertura di Zero Emission Rome, osservatori e operatori del settore accolgono con favore i dati positivi sulla potenza installata (10,5 Gw), ma chiedono più dialogo con le istituzioni e un Piano energetico nazionale
14 September, 2011
Il fotovoltaico italiano è una locomotiva che va veloce. Ma dove va? Nel giorno in cui si apre la settima edizione di Zero Emission Rome, la fiera dedicata alle energie rinnovabili con sede nella Capitale, è questa la domanda che più ricorre nei discorsi di operatori, osservatori e semplici cittadini interessati alla materia. Perché se è vero che i numeri relativi alla potenza installata lasciano ben sperare per il futuro, a fare paura è «la mancanza di una strategia a livello nazionale per il medio e lungo periodo».
Ma partiamo dai dati. In questi giorni, spiega Vittorio Chiesa del Politecnico di Milano, la potenza installata di fotovoltaico ha superato i 10,5 Gw, con 3,5 solo nel 2011. «Alla fine dell’anno, arriveremo probabilmente a 4 o 5 GW installati, diventando così il secondo Paese dopo la Germania per potenza fotovoltaica», sottolinea Chiesa. In questo scenario, un ruolo importante lo stanno giocando sempre più i piccoli impianti, e dunque le famiglie: «Se le banche sono diffidenti verso i grandi impianti, continuano a crescere quelli più piccoli, installati sugli edifici. La potenza media è infatti pari a 78 Kw», spiega Gianni Silvestrini, direttore scientifico del Kyoto Club e uno dei massimi esperti italiani in materia.
Sono positive anche le prospettive di medio e lungo periodo: «L’anno prossimo – continua Silvestrini – il fotovoltaico in Italia fornirà il 5% del fabbisogno energetico, la metà dell’energia prodotta con il carbone». E secondo Agostino Re Rebaudengo, presidente di Aper (Associazione produttori energia da fonti rinnovabili), nel 2020 il 40% di fabbisogno energetico potrebbe essere soddisfatto con energie verdi. Anche la grid parity, cioè la parità di costi tra un Kwh da fonti tradizionali e uno fotovoltaico, non è più un miraggio: «Secondo uno studio dell’Epia (European Photovoltaic Industry Association, ndr), in Italia la raggiungeremo nel 2013 per le utenze commerciali e nel 2015 per quelle residenziali. Non so se sia possibile stabilire così precisamente una data, ma siamo comunque vicini alla parità», spiega Roberto Vigotti, consigliere di Ises Italia.
Ma se la situazione non è negativa come si era temuto quando il governo annunciò di voler cambiare il Terzo Conto Energia, le sfide in campo sono tante e decisive, a partire da una strategia nazionale che supporti e governi la crescita del settore. «La cosa di cui ora c’è più bisogno è un Piano energetico nazionale che sia organico. Nel 2016 il fotovoltaico coprirà il 10% del consumi energetici nazionali, ed è una mancanza pesante che questo avvenga senza una strategia nazionale precisa», dice Chiesa. Anche il Pan, Piano di azione nazionale per le energie rinnovabili, sollecitano le associazioni del settore, andrebbe rivisto. Il presidente di Assosolare Gianni Chianetta lancia un invito al governo «perché avvii consultazioni più strutturate con gli operatori, in modo da mettere a punto una strategia di più ampio respiro su tutti gli obiettivi a medio e lungo termine, compreso il rinnovamento della rete elettrica». E per raggiungere la tanto agognata grid parity, sottolinea Giovanni Simoni, presidente di Grid Parity Project, «sarà necessario lavorare sulla gestione, il controllo e la programmazione degli impianti fotovoltaici», caratterizzati oggi dall’impossibilità di immagazzinare energia e di programmarne la produzione.
Anche le imprese dovranno fare la loro parte. Per Silvestrini «la reale sfida dell’industria fotovoltaica è arrivare a punto – in Italia si dice che sarà nel 2017 – in cui non ci sarà più bisogno di incentivi». Massimo Beccarello di Confindustria spera in un rafforzamento della filiera italiana del fotovoltaico, che sappia far fronte alla competitività sempre crescente delle aziende straniere, soprattutto cinesi. Ma le carte in regola, sottolinea Valerio Natalizia, presidente di Anie-Gifi (Gruppo imprese fotovoltaiche italiane), la nostra industria già ce le ha: «Ovviamente, occorre anche un nuovo approccio, non focalizzato solo sulla produzione dei moduli in senso stretto, ma che sappia guardare anche ad tutti gli altri componenti di un impianto e ai servizi legati alla sua gestione».
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