In arrivo obiettivi Ue più ambiziosi per la raccolta Raee. Gli stati membri chiedono più impegno nella lotta ai "free riders"
Si chiude a Roma il Weee Eurosummit, importante incontro europeo sui Raee, in attesa della nuova direttiva. L'Ue chiede ai Paesi più rapidità e armonizzazione amministrativa. Consistente il flusso illegale di rifiuti esportati nei Paesi in via di sviluppo: secondo la Commissione supera il 50%
14 October, 2011
La nuova Direttiva sui Raee (Rifiuti da apparecchiature elettriche e d elettroniche) è stata da poco approvata in Commissione Ambiente del Parlamento europeo, e si attende per i prossimi mesi il sì dell’assemblea in sessione plenaria e l’avvio dei negoziati con il Consiglio europeo. L’Europa chiede obiettivi più ambiziosi e tempi più rapidi per raggiungerli. Gli stati membri, come spesso succede, lottano per mantenere un po’ di autonomia e sottolineano il problema dei “free riders”, cioè coloro che smaltiscono gli e-waste attraverso canali illeciti, di solito esportandoli nei Paesi invia di sviluppo. Le due parti si sono confrontate a Roma, il 13 e 14 ottobre, in occasione del WEEE (Waste Electrical and Electronic Equipment) Eurosummit, il più importante incontro sul tema a livello europeo degli ultimi anni.
Mentre cresce il numero di elettrodomestici, telefonini e apparecchi informatici che riempiono le nostre case, aumentano anche i Raee, rifiuti particolari che non possono essere trattati come gli altri. Essi infatti contengono molto spesso sostanze tossiche per l’uomo e l’ambiente, ma anche risorse preziose come metalli e minerali che sarebbe illogico non recuperare. L’Unione europea ha iniziato a occuparsi del problema del 2000: «Quando abbiamo cominciato – spiega Karl Heinz Florenz, parlamentare europeo e relatore della nuova direttiva sui Raee – non c’era in giro nessun testo, nessuna raccomandazione a livello mondiale su come trattare questi rifiuti. Abbiamo iniziato da zero». L’obiettivo posto dall’Europa è di raccogliere ogni anno 4 chili pro capite di rifiuti elettronici: l’Italia, pur essendosi dotata di un sistema di gestione efficiente, ha raggiunto l’obiettivo solo nel 2010, mentre la Francia ha raccolto 7 chili, il Regno Unito 7,5, la Germania 8,2, l’Irlanda 9, per non parlare di Paesi molto virtuosi come la Svezia (16) e la Danimarca (25). «La Commissione europea non ha strumenti per protestare contro chi ha bassi volumi di raccolta, ma dico agli stati membri: siate più coraggiosi!», ha continuato Florenz.
Nella nuova direttiva saranno quasi sicuramente innalzati i livelli di raccolta (si parla dell’85% dei Raee prodotti o del 65% delle apparecchiature immesse sul mercato) e di riciclo (tra il 50% e l’80% degli e-waste raccolti). Si cercherà di coinvolgere d più i cittadini, cercando anche di facilitare le modalità di conferimento. «Sono tre i punti chiave che abbiamo affrontato e che rimarranno al centro della discussione – spiega il direttore generale per l’Ambiente della Commissione europea Karl Falkenberg –. In primo luogo la tempistica: i Paesi membri hanno chiesto più tempo per raggiungere i nuovi obiettivi, ma si tratta di risorse preziose e dobbiamo fare in fretta. In secondo luogo, la semplificazione normativa: dobbiamo valutare bene gli effetti economici della legge, dopodiché decideremo se ampliarne la portata. Infine, la semplificazione amministrativa: gli stati membri, in materia di rifiuti, vogliono continuare a operare in autonomia, ma anche questa posizione continua a essere dibattuta. Se non si costituisce un unico registro europeo dei produttori di apparecchiature elettriche ed elettroniche, sarebbe necessario almeno un allineamento tra i diversi sistemi nazionali». Altri aspetti su cui il Parlamento europeo discuterà riguardano l’ecodesign (le apparecchiature dovrebbero essere prodotte con materiali sempre più riciclabili), e la lotta ai free riders, cioè quegli operatori che, per abbattere i costi, esportano illegalmente i Raee nei Paesi in via di sviluppo. «Greenpeace nel 2008 ha stimato un flusso nascosto di questi rifiuti pari al 75%. A febbraio 2011, la Commissione europea lo ha quantificato pari al 52%, un dato comunque significativo», spiega Vittoria Polidori, responsabile della campagna Inquinamento di Greenpeace Italia.